Il “tifone” dei ROYAL BLOOD: un’intervista

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Garage, blues, post-grunge, hard rock: suonano in due, sembrano un uragano.
Sono i Royal Blood, duo rock britannico costituitosi a Brighton nel 2011, composto dal bassista e cantante Mike Kerr – che ha modificato il basso e lo suona come una chitarra elettrica – e il batterista australiano Matt Swan.
Geniali, irriverenti, i Royal Blood si erano già fatti conoscere nel 2013 quando avevano aperto i live degli Arctic Monkeys. Iggy Pop, Foo Fighters, Queens Of the Stone Age. Molte le collaborazioni negli anni. Di loro, l’icona del rock Jimmy Page dei Led Zeppelin ha detto: «Sono andato a sentirli a New York. Sono fantastici. Il loro album – l’omonimo album di debutto Royal Blood del 2014 – ha portato il (…) rock in un nuovo regno».
Li abbiamo intervistati in occasione di “Typhoons” (Black Mammooth, Warner), terzo album in studio, uscito il 30 aprile 2021.
In “Typhoons” primo omonimo singolo estratto, un tifone è in arrivo, tempeste all’orizzonte. Il genere umano trema.

Siamo noi oggi, in strada, nei supermercati. L’era dell’Antropocene, la scossa tellurica muove e gira attorno alle nostre esistenze. Ci sono crisi ambientali e migrazioni, il clima che cambia. Una crisi economica e un mondo nuovo da inventare, come una rinnovata socialità post-covid. Un giro di vite e una rivoluzione annunciata forse troppe volte, rimandata. La musica però scuote e riesce là dove altre narrazioni non possono. Alla fine del video, il tifone sono i Royal Blood e la migrazione in atto, più che climatica, è musicale: la gente accorre e va a vederli suonare. Speriamo accadrà davvero, tra non molto.
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Per la popolare rivista mensile britannica di musica MOJO, Typhoons: “Rasenta la genialità” **** e molte sembrano le influenze disco in questo album, che anni sono questi dal punto di vista musicale?
“La risposta è semplice, amiamo ascoltare musica da discoteca. È probabilmente il nostro genere di musica preferito per ballare e fare festa. Spesso viene trasmessa nel tour bus dopo i nostri spettacoli e si è radicata in noi e quando la mettiamo su ci fa sentire davvero bene”. Sulle influenze specifice, raccontano i Royal Blood definendo il loro ultimo album: “Qualsiasi cosa tra gli ABBA e i Bee Gees ai Daft Punk e Nile Rogers”. E ancora: “Siamo incappati in queste sonorità, è stato divertente suonarle. È strano, però, se ripensi al singolo “Figure It Out”, in un certo senso, già contiene l’embrione di questo disco. Ci siamo resi conto che non dovevamo distruggere completamente ciò che avevamo creato finora; dovevamo solo spostarlo”.
Li avevamo visti a Milano al Fabrique nel 2017, quando ancora non erano esplosi. Ora, a causa della pandemia, dopo un anno e mezzo nessuna band è ancora riuscita a tornare su un palco live. Quanto manca il contatto con il pubblico?
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“Abbiamo costituito questa band proprio per poter salire su un palco, alzare gli amplificatori e suonare di fronte alla gente, quindi non essere in grado di farlo ora è difficile e in realtà piuttosto deprimente. Un concerto mandato in streaming e visto sul tuo computer non sarà mai in grado di darti (tutte le emozioni che riesce a darti) la vera esperienza dal vivo”.
Una domanda a progressione geometrica: siete in 2, questo è il vostro 3° album, cosa prevede il numero 4 nella vostra evoluzione artistica?
“Il terzo album mostra davvero quanta strada abbia fatto questa band, e quanto sia divertente evolversi e provare nuove cose. In questo momento, ci stiamo concentrando sull’eseguire tutti i pezzi dal vivo e godercele prima di tornare in studio per il numero 4. Quando arriverà quel momento, avremo grandi idee su dove andare”. Dopo. La pandemia e il tifone.
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