blade runner, 30 anni, un’intervista con rutger hauer

Settimana scorsa è uscito su VitaNòva, ora in versione integrale. Qui il .pdf , sotto la video-intervista.

Rutger_hauer

Quando la fantascienza mutò di nuovo la prospettiva del futuro era il 1982. Blade Runner, film di Ridley Scott, invertì l’ordine dei fattori con cui le navi ammiraglie di Guerre Stellari avevano invaso il mondo appena cinque anni prima (nel 1977 un anno non durava ancora trenta secondi come nel Ventunesimo secolo).
Eppure, se è vero che cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia, come accadde alla saga di George Lucas, Blade Runner varcò i confini del tempo, consegnandosi – eternato – alla storia della cinematografia e anticipando, come spesso accade con la fantascienza (e, altrettanto oracolarmente, con i fumetti) tutto ciò che era, ancora, di là da venire: la globalizzazione, il degrado urbano delle metropoli, la genetica, il surriscaldamento del pianeta.
Anche per questo il film è diventato un cult movie, perchè il regista vide tutto…prima! E Rutger Hauer era lì. Il colosso olandese, nella pellicola di Ridley Scott, interpretava Roy Batty il replicante dai capelli bianchi, il cyborg così umano da voler vivere la sua vita, e non più soggiogato al ruolo di (nuovo) schiavo nelle futuristiche colonie extra-mondo.
Hauer rimarrà per sempre il volto dell’essere cibernetico che, nella sua lotta contro l’agente speciale Harrison Ford-Rick Deckard, in nome della conquista della libertà – sua, e della sua “razza” – riesce a scalfire tutto, nell’uomo e nello spettatore: certezze, convinzioni, idee, la visione stessa delle cose (quando Roy muore, il poliziotto della squadra speciale “Blade Runner” rimane fermo, stupito, della perfezione di un essere che ha combattuto per l’intero film e che invece alla fine, si rende conto, è come lui…ndr).
Il replicante a cui Hauer ha prestato corpo e occhi glaciali domanda all’uomo (Ford-Deckard) quale sia la sua vera umanità. Quale il confine tra vita e speranza. Fu lo stesso Hauer a ridurre a poche battute le oltre due pagine che componevano, nel copione originale, quello che poi è diventato uno dei più famosi monologhi del Cinema: «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire». Inquadratura del replicante che si “spegne” sotto una pioggia scrosciante. Colomba bianca che vola nel cielo azzurro di una distopica Los Angeles. Groppo alla gola, e via.
Un monologo che, nella versione lunga scontava troppi concetti, e che invece proprio l’attore sintetizzò al massimo: «Le pagine del copione erano piene di frasi a effetto. Ma, dissi a Ridley – nonostante sapessi che non era un regista né troppo democratico, né accondiscendente – che quel monologo così com’era non andava bene; era troppo cerebrale, troppo “umano”: il mio personaggio era un androide, e quindi quello che avrebbe dovuto dire doveva essere essenziale. Roy stava per morire, era un robot con dei sentimenti umani, allora cercai di togliere tutto quello che, secondo me, era in più (…) E poi volli fortemente la colomba bianca (simbolo-chiave dell’ultima scena, che poco prima di girare volò via, racconta Hauer sorridendo al ricordo ndr). A distanza di anni, devo dire, che furono tutte scelte azzeccate …».
 
 
In effetti Blade Runner per Rutger Hauer è stata una prova d’attore che gli è valsa la carriera: «Quando venni scelto per il ruolo non potevo sapere ciò che sarebbe accaduto, è certo che non capita tutti i giorni di partecipare a un film così importante, da lì ovviamente tutto è stato più facile».
Quelle scelte hanno garantito ad Hauer un grosso credito, soprattutto in certa parte della cinematografia, che l’attore si è guadagnato sul campo e che lo ha portato negli anni a partecipare ad altri film cult come The Hitcher, Furia Cieca, fino agli ultimi Sin City e Cavaliere Oscuro o all’amata Leggenda del Santo bevitore dell’italiano Ermanno Olmi, che trasse tutta la parte più delicata allo spigoloso attore olandes
Parte della storia di Blade Runner è ambientata nel 2019 (ormai manca veramente poco, sempre che non finisca prima il mondo ndr) per Rutger Hauer il senso del film è racchiudibile nella frase: «Il futuro è già passato. Una prospettiva che richiama alla mente un vecchio proverbio degli indiani americani, che trovo molto romantico e che, più o meno, dice che quando stai camminando verso il futuro, in realtà stai attraversando il passato».
Fu così anche per la pellicola di Scott che, semplicemente, fu in grado di vedere il prossimo futuro del pianeta partendo da quello che aveva a disposizione. Con, in più, la visione del mondo del cyberpunk – androidi, giacche di pelle, realtà cibernetica – che in quegli anni era molto presente (Moebius, William Gibson, Bruce Sterling) e che così tanto ha poi inciso nell’iimaginario collettivo e nel successivo corso degli eventi (vedi alla voce « Zone temporaneamente autonome» di Hakim Bey e Matrix, tanto per citarne due).
La trama base del film è tratta dal romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick (autore da cui il cinema ha spesso attinto per descrivere il tempo avvenire: Minority Report; Paycheck; Un oscuro scrutare; I guardiani del destino; e il recente remake di Total Recall
Letteratura e Cinema sono da sempre legati. Un binomio identico e allo stesso tempo basato su un punto-chiave diverso: «La scrittura ha un immaginario personale, specifico che viene direttamente dalla mente, dal background del lettore che si identifica nei personaggi, e che fondamentalmente si crea la “sua” storia (quante volte ci troviamo a vedere un film tratto da un libro e non trovarlo corrispondente a come ce lo eravamo immaginato ndr)». E continua Hauer: «Il Cinema, invece, è mediato dagli occhi del regista, e però ha il vantaggio di un corredo di immagini condivise, del lavoro di tanta gente che collabora per (ri)creare quel mondo che si vuole descrivere. E poi, c’è la tecnologia che sempre di più ormai permette di abbattere i linguaggi diversi e che, inoltre, permette di avere a disposizione oggi delle versioni del film a più alta definizione dell’originale».
Il successo di Blade Runner però, secondo «l’Olandese replicante», è merito di un altro valore aggiunto: «E tutto merito del pubblico, se ne parliamo ancora è per gli spettatori che hanno continuato a vederlo: una storia rimane viva se ci sono persone che continuano ad alimentarne l’immaginario, è per questo che abbiamo l’impressione che il film sia ancora attuale dopo così tanti anni», una realtà oggettiva per Hauer secondo il quale poi «in questi ultimi anni, un grosso contributo è venuto dalla Rete. Alcune scene tagliate, o inedite, di Blade Runner girano su YouTube, grazie allo streaming, un prodotto riesce ad avere un’eco così ampia anche a distanza di anni ; Internet magari ha una qualità inferiore ai prodotti dedicati e però permette di approfondire contenuti».
In occasione del trentennale di Blade Runner, Warner Bros ha immesso sul mercato il cofanetto Blu-ray con le cinque versioni del film (Final cut; Originale; Internazionale; Director’s Cut; e la rarissima Copia Lavoro; più il booklet The art of… con immagini e foto inedite; e la riproduzione in scala dell’astromacchina).
Chiamato a scegliere una su tutte le versioni, l’attore però non ha dubbi: «Continuo a preferire la Final Cut, che è quella che è stata scelta per essere consegnata alla storia, oltre a essere la preferita dallo stesso Ridley Scott (nonostante i tagli a cui la produzione lo aveva costretto ndr)».
La pellicola di Ridley Scott è considerata oggi uno dei caposaldi di genere più importanti di sempre : 1° film di fantascienza di tutti i tempi secondo il Guardian; 3° per Entertainment Weekly nella classifica dei “migliori film di fantascienza e spettacoli televisivi degli ultimi 25 anni”; 3° per SFX Magazine.
Alla fine dell’intervista, ci rendiamo conto che è rimasta fuori una sola domanda all’eroe del futuro: «Quale è il suo "eroe/supereroe" preferito di oggi?»
Ma, per fortuna, non tutte le domande hanno una risposta.