Generazione X 2.0 – puntata 1: street.@rt

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Arte e Mercato: i metodi omogeneizzano la scelta, la semplificano in riproducibilità. L’Era Tecnologica ha sostituito i tecnici ai creatori, così l’Industria ha elaborato l’idea in standard. Ma la tecnologia può essere applicazione e la forma divenire digitale. Così lo spazio diviene funzione, restituisce identità e «Non c’è arte senza spazio»: esordisce così Oliver D’Auria, 27 anni, Oliver e Abbominevole. Double player fra Arte e musica techno.

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Lo incontro nel suo l@b, lo Studio Tecniflex – ex laboratorio usato per la produzione di plexiglass, «Ho lasciato l’hinterland milanese a 21 anni per venire a studiare Architettura a Milano (…), una città che ha cambiato la mia stessa modalità di percepire/percepirmi. Lavoravo in una serigrafia artistica, e quando non avevo laboratori andavo a disegnare». Epoca di anni freak, «Poi ho lasciato Architettura e mi sono iscritto al corso di Disegno Industriale del Politecnico». Da lì il writing. Flood, Clam, Gabriel. Elenca nomi, tag di writers che hanno fatto la new wave della strada. Ma lo spazio vero e proprio O/A lo ha conosciuto al Bulk (CSO di Milano ndr) «dove l’Arte non era solo anarchia ma possibilità di sperimentare».

Oliver quando era Abbominevole, si è confrontato con molte forme: dall’adesivo 10 metri x 7 ai fumetti «dove contano le storie». La street art invece «è possibilità», anche se «il mio media preferito rimane sempre la penna Bic»: sintesi a portata di tutti basata su un assunto, Più sei semplice Più sei riconoscibile.

Molte le esperienze, le facce e gli anni che scorrono nei file di memoria «Come Abbominevole (lo pseudonimo con cui Oliver faceva stickeraggio ndr) attaccavo poster adesivi, fino a blocchi di 2,60 metri x 2: era un atto importante, una (ri)presa dello spazio»: Roma, Milano, Berlino, Amsterdam, Barcellona… «Fino a 4 anni fa eravamo una crew internazionale». Ora qualcosa è cambiato «La street art è diventata bizness, così ho deciso di tirarmi fuori». Il Tempo, secondo Oliver, ha scolpito la parola “Mercato” al posto di “Movimento”.

Abbominevole era un progetto singolo, nel tempo divenuto concetto collettivo «Non ho capito il significato di Abbominevole fino a che non ho avuto un volto». Un recupero non esente da problemi «Io volevo solo disegnare in modo lineare, pulito. Per molti invece la mia versione Abbominevole era in conflitto con il Sistema». Dopo un suo fumetto uscito nel 2001 (Valigia 92 Vuota Empty – ndr), infatti, Oliver D’Auria diveniva per tutti Abbominevole. Dal gioco urbano senza volto, dallo sticker riproducibile ovunque, si visualizzava il file.artista. Molti, su blog e online, cominciarono a contestargli l’identità anarchica presunta. Poi la Nike gli chiese un progetto grafico «Lo feci. E per gli amici fu un tradimento, divenni un venduto delle Corporation. Ma era lavoro…».

Perdita ed errore, che compiono upgrade sui fenomeni, innescano cambiamenti negli ingranaggi dell’Uomo, ne tracciano le linee dello sviluppo creativo «Ora lavoro alla direzione artistica di eventi». Passando dalla strada ai Centri Sociali «la fine del viaggio è vendere il gusto di questi anni: lavoriamo con la techno minimale, quasi ai livelli di Richie Hawtin…».

La Creatività si manifesta nella Tecnologia «per costruire i video parto sempre da un disegno, fotogramma per fotogramma»: un melting pot continuo che viene da convinzioni personali, e da un recente passato (fino a qualche anno fa portato avanti con un altro street artist, Ozmo ndr). Un’idea di contaminazione, «una sorta di morphing visivo per un’arte pubblica…». Espressionismo visivo mixato, di semplicità e identificazione (basta vedere gli stickers del Pendolare ndr).

Cos’è un artista? Chiedo prima di andare. «Uno che vede la Realtà, sviluppa concetti, e trasforma le cose». La sensibilità non è facile trasformarla in Mercato, ma «oltre la professione c’è sempre la capacità». Senza bisogno di attribuzione di valore.

Esco dal laboratorio. Il discorso sul Valore lo vedo, mi basta uscire per strada. Qui vicino, la discoteca Magazzini Generali. Ripamonti, periferia popolare, è un quartiere che l’Amministrazione, con l’espansione del Centro, sta recuperando: aree industriali, ex complessi occupati, che ora si vanno trasformando. In loft per nuovi designer.

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