blogdiary reportage Ucraina 3


Giornata di interviste quest’ultima a Odessa. Cammino da un lato all’altro della città in attesa del suono della sirena, non suona nemmeno stamattina. Lunedì mattina e Odessa si sveglia. Una donna ubriaca per strada, l’ho incontrata anche ieri, un gatto sotto la bandiera ucraina, pezzi di città disabitati, pochi, sacchi di plastica ai muri perimetrali dei condòmini.
La prima intervista della giornata è con Vladyslav Balinska, di Green Leaf, biologo chimico, con Vlad parliamo degli effetti immediati della guerra sul territorio. Mi rammenta il disastro della diga di Kakhovka, nei pressi di Kherson, con 150 tonnellate di olio idraulico riversato nelle acque, anfibi e pesci tutti morti, materiale inerte sulle spiagge, la vita bruciata ovunque, dopo le foreste di alcuni parchi ridotti in cenere del 70%, l’acqua contaminata del Dnepr che scarica a mare, di qui un altro disastro, le conseguenze a catena dei biosistemi per cui se diverse tonnellate d’acqua dolce si riversano all’improvviso nel mare gli animali presenti subiranno uno shock fisico e organico.

Con questo biologo chimico posato, dagli occhi tranquilli, la barba lunga, il piglio posato del realista, parliamo poi degli sforzi inutili di cercare di fare la conta dei danni, i numeri ci sono e sono spaventosi, uno su tutti i delfini morti nell’area del Mar Nero che si estende dall’Ucraina alla Russia: 15.000 esemplari, un quinto della popolazione totale. Sono questi i numeri che fanno male del mio lavoro. E l’impotenza nel non poter fare altro che riportare, oggettivamente, il dato.
Con Ekaterina Anatolyevna Vasyutynska, Direttrice del Dipartimento Sicurezza Ambientale dell’Odesa Polytechnic, parliamo invece della visione strategica e della correlazione fra l’impatto umano e il suolo, non solo i componenti chimici come stamattina con Vlad – che fine farà il piombo riversato sulla superficie, che ne sarà dei residui bellici una volta che saranno assorbiti? – Vasyutynska racconta l’analisi dei dati (impossibile o molto difficile in questo momento) e lo sforzo della comunità scientifica ucraina nel tentare di mappare non solo gli effetti primari ma anche i secondari.

E poi, il carsismo e lo sgretolamento del terreno, il Politecnico si occupa così di sviluppare modelli probabilistici su quanto accadrà nel prossimo futuro, la relazione “transgenerazionale” la definisce la Direttrice del Dipartimento, come a dire che una volta ancora, il computo e il peso economico e ambientale di questa guerra la sconteranno (e ci dovranno fare i conti) le prossime generazioni che, intanto, a 14 apprendo durante il corso della giornata, in molti stanno abbandonando la carriera scolastica “perché tanto entro 2-3 anni verranno mandati al fronte, e moriranno”. La mancanza di futuro di un’intera generazione come la curi? Come la previeni? “Con programmi specifici di educazione ambientale”, chiosa Vasyutynska, e con la comunicazione di un mondo possibile appena dietro l’angolo.

L’ultimo incontro è con Tetyana Semikop fondatrice di Faith Hope Love una ONG specializzata nel supporto a donne abusate, non solo in casi di guerra ma anche vittime di violenza domestica, FHL prende queste vite interrotte e le affida a programmi specifici, racconta Semikop ex colonnello, in alcuni casi si tratta anche di prevenire il traffico d’organi o anche delle cosiddette tratte delle schiave (sessuali) persone che vengono prelevate in zone di conflitto e rivendute al mercato nero. Sì siamo nel 2024. E sì questi reati esistono,”Anche per gli uomini” vittime di abusi, così come bambine e bambini. Uno dei nuovi programmi in via di sviluppo della ONG è quello sull’ecofemminismo, una visione – racconta ancora Smikop – che vuole essere un obiettivo, una volta che la guerra sarà finita. Da uno dei confini delle guerre fra umani che nascondono il lato oscuro dell’umanità, per oggi, è tutto. Tra poco vado a prendere il treno di notte. Prossime tappe: Kiev, Bucha, Irpin’.