The last interview by Mahatmos


Una cover che richiama l’ombra dello scatto di Iain Mcmillan che immortalò i Beatles mentre attraversavano le strisce pedonali di Abbey Road.
E’ uscito The last interview il nuovo disco dei Mahatmos – Maurizio Loffredo (a sinistra nella foto sotto, e Gianluca Meloni, a dx) – si può ascoltare su varie piattaforme qui (realizzato con il contributo di NUOVOIMAIE): “Lavorando nell’ambito dell’elettronica e dell’ambient, abbiamo tratto ispirazione da (…) Brian Eno, Aphex Twin e Nils Frahm per creare un’esperienza sonora unica e coinvolgente. I paesaggi sonori si intrecciano con le voci dei nostri protagonisti, dando vita a una narrazione sonora che attraversa il tempo e lo spazio. Attraverso l’uso innovativo della tecnologia audio, abbiamo trasformato le parole di Orwell, Tesla, Freud, Melies e Gandhi in elementi musicali che si fondono armoniosamente con la nostra composizione. È un tributo alla loro genialità e visione, e un modo per far risuonare le loro idee in un contesto contemporaneo.”
Un lavoro che per certi versi richiama le sonorità dei Dead Can Dance, un concept album che delinea un percorso musicale e filosofico attraverso visioni immesse in subtrack, sotterranee, nell’underland che scolpisce il mood dei giorni, così ascoltando le tracce di questo disco si ha la sensazione della volontà di un innesco, da parte dei musicisti, un tempo di riflessione del nostro contemporaneo intriso di guerre, populismi, rigurgiti di razzismo e fascismo eterno, così come lo definì Umberto Eco.
Ma a emergere in superficie non è tanto, o non solo, l’idea sonora di un impegno politico quanto ad affiorare sono, prepotenti, le isole nella corrente musicale. The last interview dei Mahatmos è un inno alla diversità, ai suoni del “mondo esteso”, in viaggio, ad assimilare ciò che è altro da noi e per questo arricchente. La musica come veicolo, sintesi, passaporto di un’umanità colorata, per questo ricca di sfumature e differenti culture, luoghi d’incontro, si spera, di qui i pensieri dei visionari che diventano paesaggio: paysage-visage, idee-suono.


Dall’elettro-indie alle colonne sonore, dalle serie televisive ai documentari, spot pubblicitari e programmi tv. La musica dei Mahatmos raccoglie i suoni del mondo (le tracce che compongono l’album lavorano sull’emblema: “Adventure”, “Tuvan” – gruppo nativo etnico della Turchia, “Africa” ndr): echi morriconiani, passati al setaccio del presente, con vaghi cenni all’emotivo che sconta qui i momenti topos della vita, luoghi dove avveniamo, ci costruiamo – nei rapporti con gli altri, con noi stessi, nel mondo – il più delle volte cadendo. E, lo stesso, però, infine provando a rialzarci.