Undrowned. Lezioni di femminismo Nero dai mammiferi marini


Undrowned. Lezioni di femminismo Nero dai mammiferi marini
di Alexis Pauline Gumbs (qui il suo sito) da poco uscita per le edizioni Timeo.
Gumbs è poeta, attivista, studiosa, vincitrice del Whiting Award per la nonfiction e la National Endowment for the Arts Creative Writing Fellowship. E Undrowned – letteralmente, potrebbe essere traducibile come “inannegato” – potrebbe essere inteso come guida sulla co-evoluzione e analisi scientifica della relazione uomo-Natura, piuttosto come saggio ecologico e, allo stesso tempo, riflessione profonda sulla diversità, e ancora come un attacco al capitalismo dei sentimenti, un inno all’empatia, canto e struggente alba primordiale: «Di te amo le parti che nessuno ritiene così speciali. Amo la te più semplice, non mercificabile e quotidiana. Ti amo più di quanto qualsiasi conferenza stampa possa dire. Infrangi ciò che vuoi, quando vuoi.», Gumbs non affonda, non attacca, non irride né sottomette. La sua è una promessa sussurrata, un testo d’evocazione a un atteggiamento rinnovato, ecco, Undrowned è questo, anche, forse, parzialmente: una teoria dell’umanità, un’edda antica, manifesto e punto di vista autentico sulla condizione femmina del mondo. Non sarà la Gaia Scienza né la Madre Tecnologica, se una “via” alla nostra sopravvivenza come specie c’è, risiede nell’aurora. E Undrowned è un testo aurorale, alla maniera dei pochi, pochissimi, libri sottili che indagano l’invisibile miracolo mai religioso ma sacro che percepiamo solo a volte, in un’intera vita: un tursiope che fenda le onde del mare, l’alba sull’oceano, il mistico inflessibile istante in cui ci siamo resi conto d’esser vivi, rituali d’accoppiamento lungo le rotte dei narvali, Respira dice Gumbs, respira ogni istante che sei, beluga, leone marino, orcinus orca.
Qualsiasi forma sia, scrive la poeta attivista, qualsiasi ferita, e tuffo del cuore, qualsiasi middle passage noi si sia fatto su questo pianeta; la nostra impronta lieve, o dittatoriale, ogni persona, uomo donna bambino, a ciascun istante che ci ha legati, anche solo per un attimo alla catena del Vivente, scrive Gumbs è il nostro sfiorare gli oggetti, undrowned, inannegata circumnavigazione rispetto alle “cose”, l’intorno. E solo così, una volta abbandonati gli stereotipi, le difficoltà linguistiche, le incomprensioni che generano violenza, verbale e fisica, respingimenti sulle frontiere inutili, ché i confini cosa sono nel mare?


Ma veniamo al testo, tradotto da un collettivo composto da Marie Moïse, Mariam Camilla Rechchad e Mackda Ghebremariam Tesfaù. Prefazione di Adrienne Maree Brown (‘maree’ proprio come quelle del mare ndr). La metrica e lo stile. C’è una qualche sorta di incanto a leggere questo saggio ancestrale,questo libro-sconfinato, rituale di tolleranza, bagno d’umiltà, affusolato disinganno privato e collettivo (in fondo al libro si trova una sorta di riassunto dei punti di snodo principali trattati dal testo, in versione solista – consigli per l’uso del singolo – e in versione collettiva – gli stessi temi ma declinati per una comunità, alla stregua dei giganti del mare).
Gumbs si muove per suoni siderali, profondità marine, bolle di emersione di un pensiero che non fa sconti poiché poetico, imo, selvaggio. La verità profonda. Questo solo interessa a Gumbs che in un testo a metà fra il filosofico e il resistenziale (piccoli capitoli asciutti, zero indulgenza, il tu specifico che ingaggia il lettore alla riflessione più che solo all’azione derivata dal causa-effetto).
In tempi di neo-eterno fascismo disperante, la voce di Gumbs si leva empatica, immalinconita, battagliera. Come non meravigliarsi di fronte a pagine che indagano il mistero, balene al largo della Groenlandia, delfini, foche sullo stretto di Bering, l’autrice – sui social la si può trovare come, @alexispauline – ha il merito ulteriore di pronunciare lingue di adattamento, Inuit, argentate; e a ogni animale, comportamento, mammifero, associa una libertà, un atteggiamento.
Undrowned è una lezione a-specifica di vite, al plurale, come multipli sono i tempi che ci indicano, punti incandescenti – avrebbe detto Nietzsche – punti incandescenti nel magma dei giorni. “Respira”, “ricorda”, “collabora”, fin dai primi albori del mondo. Quando essere umano era solo uno dei tanti viventi sul pianeta Terra.

Le lezioni di questa attivista sono carezze piene e feroci, la pancia che riflette di un narvalo alle prime luci lunari, stelle disperse alle onde, nel viaggio ignoto che chiamiamo, vyta, somma di tutte le vite, nessuna minore, tutte allo stesso modo eguali e diversi, identitarie.
Il testo di Gumbs è un saggio di prospettiva e sedimenti, quelli dell’Atlantico ‘cumulo d’ossa’, una lezione d’amore per le creature del mare, che ci ha emerso. Popolo di superficie. Tutti i co-abitanti che popolano, ora, in questo stesso istante, dice la poeta, lo senti? Sembra suggerire la trama spessa di questo saggio, non romanzo, memorie e ricordi che muovono il mare interiore che ‘ci ha nati’ così, imperfetti, dissimili, infinite solitudini alla deriva, è inutile attaccare, basterebbe rendersi conto d’essere nati su un pianeta ostile che vivrà, si evolverà, morirà, anche senza di noi, proprio come questo termine inclusivo, questo lemma senza direzione, seconda persona plurale del mondo. Noi.