Il libro delle metamorfosi è l’ibrido che non capiamo


Streghe, cerve bianche, maiali n.163, un bisonte Paleolitico e lupi mannari, orsi bianchi ancora non estinti e tutte le trasformazioni del drago cinese. E’ una natura ibridata quella che racconta Il libro delle metamorfosi di Jean-Baptiste de Panafieu e Camille Renversade (24,00 euro Moscabianca edizioni, trad.it.Lucreziz Pei) è un coacervo di sostanze magiche e arti infuse, un caleidoscopico pertugio nella narrativa attraverso la quale mettere a fuoco le inorridenti storie che si raccontavano quando al mondo non c’era ancora Netflix e allora il buio, le ombre e le fiamme dei falò di notte facevano dello zolfo l’inferno e apparire il diavolo pure sui ponti.

La metamorfosi regina d’oltreumano scorre sotto i nostro occhi come un weird strambo, legato però ci dicono gli autori a fatti e territori, sono le dicerie popolari che passavano di bocca in bocca un tempo, a cui credevano mica solo i creduloni, il segno della croce prima di passare sotto un arco e l’attraversamento di un gatto nero.
Superstizioni permaste altro che Medioevo, malocchi e maledizioni, orrendi feti e antri oscuri: Panafieu e Renversade metto in pagina – e sarebbe davvero interessante veder “trasformato” questo stesso libro in pièce teatrale – l’orrido del subconscio diremmo oggi, dopo Freud e Jung.

Le metamorfosi di cui tratta invece questa “panoramica sulle trasformazioni dei viventi, un’agile ricerca antropologica” è un compendio di Storia e antropologia alchemica, libro dei morti e Resurrezione della carne riesuma dunque alla memoria i resurrezionisti e il furto – vera e propria sottrazione a scopi scientifici fino all’Ottocento – dei cadaveri sottratti nei cimiteri per la “rivendita” alle università così che i medici potessero far pratica sui corpi, e ancora il XVI secolo e il Museo degli orrori che in fondo ci portiamo dentro, tutti, è inutile nasconderlo, meglio mostrare; lo sapeva bene Edgar Allan Poe, con i suoi gatti neri e il misterico, il tempo delle teorie occulte e il mesmerismo.

Le pagine raccontano (con tanto di tavole “ispirate alle didattiche del Deyrolle, ex istituzione parigina di scienze naturali e pedagogia, oggi unica wunderkammer aperta al pubblico” e 5 le sezioni: 1.Metamorfosi magiche; 2.semplici; 3. temporanee; 4.complete; 5.lente – tavole su gentile concessione dell’editore ndr) il fantastico della tradizione – i maiali sono più maiali da maiali o da uomini?, ci chiederebbe la Circe di Omero o La fattoria degli animali di George Orwell, così le streghe che nelle notti di sabba, si raccontava, s’accoppiavano con la terra per generare mostri e ridanciani, sofisticati, rituali di sconcezza, e poi ci sono i lupi mannari che nei paesini dell’entroterra maremmano da cui provengo, grattavano di notte alle porte per chiedere acqua che li chetasse nell’infocato spirto -.

Attraversando le 128 pagine de Il libro delle metamorfosi si sta, a metà fra l’orrido e l’attraente, scocciati dal senso di stupore e contemporaneo mal di stomaco, in preda a convulsioni estetiche per questa vita ibrida, ammuffita, questo nostro quotidiano intriso di spore, e funghi che nascono in mezzo al metallo, creature ibride che attraversano gli stagni del nostro presente solo per restituirci la nostra immagine, asseverata al contemporaneo, licheni e vegetali, di noi cosa rimane mentre ci trasformiamo?, ci chiede questo libro speculum dove l’altro, il diverso, il perturbante ingoia e restituisce metafore (come la donna-serpente che inghiottisce l’uomo in baffetti e livrea).

Un cartonato pregiato di rara magnifica bruttezza, avrebbero detto un tempo, quando le donne barbute e gli uomini-lupo erano fenomeni circensi, l’intuizione di Barnum al cinema, qui su carta stampata diviene più elegante e raffinata, ecco allora che ci ritroveremo a sfogliare le pagine di questa Cabinet of curiosities, e così di stranezza in stranezza cercheremo, fatui, l’identificazione in una crisalide possibile di “noi”: quel corpo semantico e costretto entro il quale le regole del qui e ora ci costringono,  e il salto nell’ibridazione che il corso fluido degli eventi ci costringe a fare: alcune volte saremo farfalla, l’uomo-donna del postumanesimo visionario. In poche parole, gli esseri umani che non solo potremmo essere, ma vorremo essere.