Islanda – blogdiary 2


Ho macinato chilometri, in macchina e a piedi oggi. Al risveglio Eyrarbakki era ricoperta dalla nebbia, di lì a poco però verso Selfoss la cappa plumbea si è diradata. La mattina è iniziata con gentilezza, con Guðjón Arngrímsson giornalista per molti anni che, da qualche tempo, si occupa di sviluppare il nuovo centro di Selfoss, un’area pensata per gli abitanti e per attrarne di nuovi, per una cittadina fondata alla fine dell’800 che negli ultimi 50 anni ha visto passare la popolazione da poco più di un migliaio a oltre 10.000 persone. Merito anche di questi luoghi, lo SkyrLand come lo chiamano qui, insieme a Guðjón visito l’Old Dairy il bell’edificio nuovo di legno e vetro, scale e persino un’exhibition interattiva che fa vedere come dalla “Grande Madre Mucca” che ha generato il cosmo, il latte sia arrivato a noi – attraverso 70 generazioni di donne – sulle tavole di tutto il mondo. Lo stile islandico è certificato eco-label, anche una sala concerti che dovrebbe essere pronta a breve, e almeno altri 10 edifici nuovi da costruire: lo skyr che assaggio è con il gelato al mango, arricchito di lamponi neri e fragole, caffè americano in tazze di cartone islandese rigorosamente riciclato.

La visita successiva prevedeva alcune soste in una delle aree più protette del centro-sud dell’Islanda, siamo nel Golden Circle, prima sosta al Þingvellir National Park: camminamenti tra rocce e polle d’acqua immerse nel verde, per poi proseguire verso la zona dei geyser naturali, dove la la terra sputa fuori fontane d’acqua (sulfurea) incandescenti, con temperature che si aggirano fra gli 80-100°C. Il getto è imponente, e regolare. Le cascate di Gullfoss sono un plateau di rapide sotto un arcobaleno tra i canyon, spuma che rinfresca l’aria, anche se questa è la stagione che precede l’autunno.


Più tardi faccio un salto al FlúðasveppirFarmers Bistro con la titolare, figlia dell’ideatore di questa unica fattoria di funghi, ma anche di carote, carote, patate, carote, pomodori, cavolfiori, carote, e carote come sorride ‘Ragga’ (diminutivo di Ragnheidur Georgsdottir), con lei prima due chiacchiere al tavolo sul perché i funghi, un’idea geniale di suo padre che nel 1984 da insegnante aveva molto tempo libero durante l’estate così pensò bene di aprire un’attività che oggi è una delle aziende più importanti del paese, che rifornisce scuole, ristoranti con i suoi prodotti a base di funghi, e non solo: un assaggio per pranzo (alle 16 ora locale, le 18 in Italia): zuppa di funghi, speziata, pane all’aglio con burro, composta/marmellata di paprika e per dessert gelato vaniglia con carote, lemongrass, semi di sesamo e zucca.

Per ‘Ragga’ essere all’interno del Golden Circle, godere della posizione di passaggio ma anche di un micro clima incredibile è un valore aggiunto che si riconosce anche dal claim del ristorante: “We serve what we grow”, solo prodotti locali, produttori scelti, un’economia di prossimità che fa bene al territorio.

Nel pomeriggio, tra due direzioni scelgo la seconda. E si rivela una delle esperienze più belle della mia vita in viaggio: l’Haifoss Waterfall, dopo un lungo tratto di strada sterrata – ce ne sono molte qui – si arriva in cima a un pianoro, valli e orizzonte a perdita d’occhio, ma ciò che ci aspetta ripaga la vista, e il cuore, e la forza interiore, che il professor Vittorio Lingiardi chiama mindscapes: le due cascate di Haifoss sono potenza allo stato puro, ruggiscono nella gola di roccia, scendono a schianto sul fiume che sotto porta verso i campi a valle, il cielo blu, il segnavia porta fino al tuffo della cascata, pecore al pascolo, scale posizionate per il passaggio sul sentiero ben tracciato.

Tutto è imponente, brutale persino. Servono immagini, come il tratto di strada successivo verso Hella, dove mi aspettano in ritardo allo Stracta Hotel, nelle valli a perdita d’occhio sembrano strade americane, per questo i Kaleo il gruppo islandese suona rock come le migliori band d’oltreoceano: il sole cala all’orizzonte, tutto si tinge di rosa, e azzurro, cavalli ancora cavalli al pascolo, è l’ultimo giorno del mondo, tracce di ghiacciai intorno, eppure se fossimo davvero tra gli ultimi uomini sulla Terra, in mezzo a questi pianori di roccia, ci sentiremmo bene, Flavia mi ha chiesto di che sa l’aria lassù? E anche Carlo starebbe bene tra queste strade di roccia, a poche centinaia di chilometri dalla Groenlandia. Che meraviglia questa Terra dei ghiacci.