Białowieża blogdiary 1 – l’arrivo

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E’ la seconda tappa del reportage e le cose si complicano.
Nei giorni scorsi sono stato vuoto, assente, persino in ansia forse. Demoni
antichi, creature. Ho voluto fortemente fare questo viaggio in BiałowieżaLa foresta dei bisonti, andrò domani.
Un’amica norvegese oggi mi ha detto però che i dèmoni dei boschi antichi non sono mai cattivi. Un tempo sospeso questo.
In viaggio mentre nel mondo imperversa ancora la pandemia, i taliban hanno rigettato nel passato l’Afghanistan, i sovranismi avanzano.
Eppure dopo cena – classica nel giradischi, il fuoco che crepita nella stufa – mentre ascolto gli Autumnal Leaves in questa casa rurale nel sud del Paese, Alexandra e Slaw se ne sono appena andati. E mi hanno lasciato la loro casa Korolawa Chata il cui cuore sta in un lemma che pronuncia Slaw: “grace”.
Per arrivare qui sono partito stamattina da Malpensa. Un’ora di bus da Milano. Due di volo. Tre di macchina.
Da Varsavia pioggia battente e traffico, via Gdansk e poi Brok, incrocio l’indicazione per la Lublino di Singer, arrivo infine sul confine con la Bielorussia, a Nowoberezowo, qui anche i toponimi hanno a che fare con gli alberi.
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Slaw mi racconta che suo nonno materno 65 anni fa edificò questa casa con assi di pino di queste zone, lui e Alexandra poi l’hanno rimessa in sesto nel 2013, c’è un piccolo orto, una serra con i pomodori che ho mangiato a cena (rossi e gialli) che dopodomani dovrò annaffiare.
Quando sono arrivato Slaw mi ha raccontato che faceva il marketing manager per una scuola di fotografia, ha perso il lavoro in questi due anni di inattività forzata da pandemia. Tutto il mondo è paese. Come i guai. E i buoi, e le ragazze che ti vergognavi ma poi le invitavi ai balli di paese e magari chissà è andata proprio così con la nonna Maria, madre della madre di Slaw.
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Qui fuori c’è anche una casina sull’albero, un pozzo, sento i grilli, avrò a disposizione una vecchissima cigolante bici (ribattezzata subito “onomatopeyc bicycle”).
Quando ritrovi il silenzio tutto si dilata. Anche mangiare pomodori su un tagliere, ho sistemato il letto, dormirò con le coperte stanotte, in Polonia fa fresco anche il 23 di agosto.
Come mi ha raccontato Slaw adesso qui è mezz’autunno anche se l’Antropocene gli anni scorsi faceva maturare prima le prugne sull’albero e Alexandra, che è nata in giugno, non poteva avere i “suoi” fiori per la festa. Da un paio d’anni invece, il lato buono del coronavirus, la Natura ha rimesso le cose a posto.
Non berrò alcol stasera, e non andrò a dormire tardi. Per questo scrivo a quest’ora presto, mentre il buio è ormai calato, sento il crepitare dei ciocchi nella stufa in cucina, non sistemo i piatti li lascio un po’ a mollo, ho mangiato su un tagliere, Twaróg tłusty un formaggio acido e il Ser Carski, il formaggio degli zar, acqua di pozzo scaraffata con dentro il basilico dell’orto, raffinata gentilezza di Alexandra, i ragazzi ora se ne sono andati. Tornavano in città. Io invece per i prossimi quattro giorni sarò qui. Lontano, mentre ho girato ancora una volta il disco che suona, domani mi inforesto, chissà se riuscirò a vedere gli ultimi bisonti europei, la lince fantasma dei boschi. Per la notte ho una piccola torcia da notte. Magari cerco i cervi, che per tutto il tragitto oggi ho pensato spuntassero, prima o poi. I sogni sono così. Fiochi bagliori ai quali puntiamo tutta la vita.
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