racconti da “L’altro mondo” di Fabio Deotto

DEOTTO - cover
L’esergo del libro-resoconto di Fabio Deotto, L’altro mondo La vita in un mondo che cambia (Bompiani, €19,00) è di Johann Wolfgang von Goethe: “Vediamo solo ciò di cui andiamo in cerca. E andiamo in cerca solo di ciò che conosciamo”, una forma di impianto critico e di visione del mondo. Un po’ come dire, inutile che facciamo gli illuminati, al massimo vediamo ciò che sappiamo già, o siamo in grado di comprendere.
Lo sforzo da fare allora è tutto lì, cercare di ampliare, mettere in discussione, unire i puntini, sapendo che non ce la faremo mai, fino in fondo, per dirla con un altro grande, stavolta austriaco, quel Robert Musil che più o meno dirà la stessa cosa: Non è il ricercatore che cerca la verità, ma la verità che cerca il ricercatore.
Dall’ultimo uomo universale a camminare sulla terra, Goethe, a L’uomo senza qualità di Musil, Fabio Deotto – giornalista, scrittore, laureato in biotecnologie – prende a prestito l’interstezione.
Per la Treccani interstìzio s. m. [dal lat. tardo interstitium, comp. di inter «tra» e tema di stare «stare»]. – 1. Lo spazio, per lo più minimo, che separa due corpi o due parti di un corpo (…); 2. Intervallo di tempo tra due fatti.
V’è una ricerca di spazio e tempo, dunque, nel libro definito “resoconto” di Deotto.
Vediamo perché.
pexels-mikhail-nilov-7405361
Foto di Mikhail Nilov da Pexels

Quando gli orsi polari arrivano nell’arcipelago di Novaja Zemlja, l’unheimlich entra nel mondo umano. Il perturbante è qualcosa che c’è, è lì, lo vedi, eppure non dovrebbe esserci: un elefante rosa in soggiorno. Perché non abbiamo visto finora la fusione dei ghiacciai, ci chiede Deotto, perché sappiamo tutto ma non facciamo niente. Un esempio: nel 2018, la rivista PLOS Biology ha pubblicato un articolo “La paradossale estinzione degli animali più carismatici”: al primo posto, tigre, al 2° il leone (ridotto oramai in Africa a un misero 8% del numero originario), terzo veniva l’elefante: diminuzione totale – 62% negli ultimi 9 anni.
Ma siamo pigri, stolti, distratti. E le aziende, le aziende non fanno che stiparci di consumi, spingere sul marketing per acquistare altro, possibilmente auto, così possiamo continuare a inquinare, carburanti fossili, adesso la moda dell’elettrico: una generazione di macchine siamo a posto, ma poi? E che fine faranno le batterie una volta che le auto saranno rottamate?
Riscaldamento globale, effetto serra, cambiamento climatico. Termini che conoscevamo, ma niente: Vediamo solo ciò di cui andiamo in cerca, aveva ragione Goethe. Siamo miseri e ciechi, e abbiamo combinato un casino, è inutile girarci intorno. Per il genere umano, che la Terra fa ben a meno di noi, il pianeta esiste ed esisterà, si evolverà, conoscerà altre forme di vita, di qui a 4,5 miliardi di anni, data entro la quale il Sole dovrebbe collassare.
Pensiamo di conoscere e invece non conosciamo niente, resoconta Deotto, ci basiamo su dati, informazioni, ma quante delle cose di cui parliamo conosciamo davvero? Giudizi, previsioni, persino consigli. Vediamo solo ciò di cui andiamo in cerca, di nuovo il mistico tedesco, peccato che l’idea su cui basiamo la nostra considerazione del mondo, e degli altri – scrive l’autore – “raramente si basa su esperienze in prima persone, il più delle volte è filtrata da un qualche tipo di schermo che può renderci ciechi alla sua degradazione”.
No, non è una lettura piacevole, e no non siamo tutti buoni e giusti. E non si possono sempre mettere sempre e solo cuoricini sulla bacheca. Non si può sempre solo dare buone notizie. Finalmente. Deotto prende il martello della decostruzione e lo rivolge verso il lettore, verso se stesso, pratica che ogni buon scienziato conosce, interstizio di nuovo, tra filosofia e scienza: l’altro mondo di cui si parla qui mischia Deridda e Heidegger, la conoscenza che abbiamo della fauna marina che stiamo frantumando da decenni: alle Maldive “si calcola che negli ultimi quattro anni si sia sbiancato il 60% dei coralli”, conseguenze: unica barriera naturale contro l’innalzamento dei mari, tanto per dirne una. Le Maldive, si sa, sono una nazione a scadenza. Verranno sommerse, “e a me che importa?”, direbbe il lato qualunquista e becero che alberga dentro ognuno di noi, “che me frega” variandolo appena verso la suburra nazionalistica che oramai imperversa nella mente collettiva di molti, i sovranismi al governo, siamo pronti? Davvero è tutto qui, l’ennesima battaglia di un noi contro dei generici loro che cambiano all’occorrenza.
L’ultima volta che qualcuno si era espresso in questi termini, Héctor Germán Oesterheld – fumettista argentino laureato in geologia, autore dell’oracolare graphic novel L’Eternauta – era stato portato via da una squadra armata in Argentina, desaparecidos, “l’anno precedente erano sparite due sue figlie, Beatriz Marta e Diana Irene, quest’ultima incinta di sei mesi. Nel novembre 1977 a scomparire è una terza figlia, Marina (incinta di otto mesi e il cui marito era già desaparecido). Il mese dopo viene uccisa, insieme al marito, anche Estrela Inés, l’ultima figlia fino ad allora sopravvissuta (fonte: Wikipedia)
pexels-life-matters-4613917
L’importante è non scegliere mai per paura.
Quando si parla di scelte, quando torniamo indietro, quando permettiamo che qualcuno calpesti qualcun altro, che sia uomo o donna o bambino o roccia animale albero, dovremmo sempre chiederci, Cosa ho fatto per evitarlo, e perché?
La vera domanda, che ci pone questa scomoda lettura è: sei coraggiosa/o, davvero? Per incidere sulla contemporaneità, la tua, non l’Amazzonia necessariamente, cosa stai facendo?, si domanda Deotto.
C’è una comfort zone irrinunciabile, è solo questo, L’altro mondo è un auto j’accuse, una semplice ed efficace caduta dei veli, denudata sgombra materia, senza fronzoli né indoramenti di pillole.
A fine Ottocento gli indiani americani tequesta, i seminole, le popolazioni native vengono falcidiate prima dalle guerre, quindi passate al ferro della ferrovia, ci pensa il magnate industriale Henry Flagler, la Magic City infine sorge per gli uomini bianchi proprio sulle sponde del Miami River, Deotto continua a stilare il suo resoconto: “nei primi dieci anni dell’apertura del ponte di Miami Beach le quotazioni immobiliari salgono del 1000%, vengono costruiti 800 appartamenti, 8 casinò, 56 hotel”. Alla fine è tutto lì, anche la cecità, solo e sempre questione di soldi.
In Florida sudorientale negli ultimi 60 anni il livello delle acqua costiere è aumentato di oltre 20 centimetri. “L’agenzia federale statunitense NOAA prevede un incremento di 60 centimetri del livello del mare entro il 2045… saranno messe a repentaglio 1 milione di abitazioni solo in Florida, il cui valore complessivo supera i 350 miliardi di dollari”. E cosa fa l’uomo? Elegge leader nazionalisti, si chiude, scarica sugli altri la responsabilità, continua a consumare fossile, a pensare alle frontiere, erigere muri. Come se l’acqua, tu piccolo egoista microbico ennesimo dittatorucolo con un briciolo di potere sul pianeta, un giorno non ne venissimo spazzato via un giorno, direbbe Kurt Vonnegut il pensatore libertario, o Carl Sagan divulgatore scientifico che per primo parlò della vita sulla Terra come a pale blue dot, niente altro che un piccolo puntino blu in mezzo all’universo, con tutto il portato di inutile sterminio e questione del dominio tra uomini.
Deotto nel suo viaggio narrativo incrocia le proteste per l’uccisione di George Floyd e il “ground zero della gentrificazione climatica”, gli slumlords di Liberty City e l’unica cosa che, forse, ci sta già facendo aprire gli occhi: uscire dal bias di normalità, sottostimare, quel che abbiamo fatto finora, ecco non è più il caso.
Viviamo nell’epoca di Internet, e davvero (!) ancora non abbiamo capito che è tutto collegato? Che dipende, anche, da noi.
La colpa è degli altri?, davvero, “la grande illusione” deve continuare. Ma ti sei mai domandato, per chi? E perché DEVE continuare?
La risposta è facile, ammette Deotto: siamo “temporalmente pessimisti e spazialmente ottimisti”, ecco il punto iniziale, allora, l’interstizio di tempo e spazio.
Esempi, libri, la Casa d’altri di Silvio D’Arzo metafora delle popolazioni indigene, il sapere primordiale ridotto a kitsch e le first nation a poco altro che piume e cappellini colorati da intortare una volta ancora con specchietti e paillettes, l’uomo bianco è sempre sé stesso.
L’altro mondo di Deotto è un libro-viaggio che, con rigore e interesse, ci porta dai sami di Norvegia e Svezia, sino alla Finlandia artica, alle tribù nso del Camerun: “Prendi i dati sul declino della biodiveristà”, dice Larsson Blind. “Nelle aree gestite da indigeni questo declino è assai meno severo. Io credo che gli altri tipo di società dovrebbero domandarsi: ‘Ok, cosa possiamo imparare da loro?'”
pexels-mohamed-almari-1485894
Foto di Mohamed Almari da Pexels

Le città crescono, si espandono, entro il 2050 probabilmente il 70% della popolazione mondiale sarà urbana: esiste una contemporary evolution, rubrica Deotto, per gli animali. Ma come sarà l’evoluzione dell’uomo assieme agli ambienti?
Per ora, in piena estate, le città sono isole di calore: “Milano, quando sono nato registrava in media sette giorni all’anno con temperature superiori ai 32 gradi” scrive l’autore, che insegna Scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino e vive e lavora a Milano: “a quasi quarant’anni di distanza se ne contano almeno 22. A Mumbai, in India, si è passati da 165 a 245 giorni”.
Nei giorni scorsi in Canada, la cosiddetta bolla di calore (i termini sincretici e sensazionalistici della stampa, come bomba d’acqua ndr) ha fatto registrare temperature superiore ai 49,5°.
“E’ l’estate del 2020, quella illusoria tregua che ha separato la prima e la seconda ondata della pandemia”.
Tutti siamo fuggiti dalle metropoli. Abbiamo più bisogno di Natura che di antidolorifici. Anche se in molti, i più deboli psicologicamente non ce l’hanno fatta a reggere l’onda d’urto della solitudine imposta e la mancanza di supporto (qui, almeno, 3 amici/conoscenti suicidi morti solo nell’ultimo anno ndr).
Ma c’è altro che si muove, oltre la nostra comfort zone, Da me non succederà mai, non potremo più dirlo dopo il Covid-19.
“Il caso del Pakistan è utile per mettere a fuoco l’intrico di dinamiche che regola i movimenti migratori a livello globale. Negli ultimi dieci anni almeno 7,5 milioni di persone hanno abbandonato questo paese per trasferirsi altrove. A differenza di altre nazioni con un elevato flusso migratorio (come ad esempio la Siria), però, tra le cause tangibili di questi movimenti non viene annoverata alcuna guerra. Le ragioni che portano le persone a muoversi sono in massima parte ambientali: erosione costiera, fenomeni meteorologici gravi, riduzione dei terreni coltivabili”.
Se aggiungiamo, “grandi navi” nelle città-souvenir oppure la “tempesta Vaia” il risultato non cambia.
L’altro mondo. La vita in un pianeta che cambia (Bompiani) è una lettura che ha un grande pregio. Non educa, non consola. Attiva e fa salire una sana indignazione.  C’è bisogno di storie ambientali, di narrare l’habitat. “La realtà è una stratificazione di storie e di letture”.
E poi, fare.
“Quello che posso fare è mettere in atto buone pratiche”, “Quello che posso fare è resistere alle sirene dell’astensione, “Quello che posso fare è studiare e informarmi”, “Quello che possiamo fare è aggiornare la narrazione a cui ci affidiamo cominciando a decostruire quella che ci contamina lo sguardo”. Capendo che l’altro, rispetto al pianeta, dice Fabio Deotto, alla fine siamo (anche) noi.