GX 2.0_file12://biotech

12biotech_2

Per GX2.0 oggi sono all’Università Tor Vergata di Roma.
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali.
Dipartimento di Biologia.
Arrivo dal GRA – il Grande Raccordo Anulare, che prende il nome
dall’ingegnere che lo concepì
(Direttore Generale dell’ANAS all’epoca della realizzazione, anni ’40-’50
dell’immediato dopoguerra). I Centri commerciali sono ovunque. Monolitici. I
laboratori di Bio-Tecnologia li trovo al livello-1 dei pre-fabbricati. I tubi
dai colori Bauhaus, come insetti-stecco metallici rossi, gialli e blu, si
arrampicano tra gli edifici. Interrompono il tono monocromo del cemento armato.
È pomeriggio inoltrato. Fumo una sigaretta, mentre il sole scotta le scale.
Sarah ha 25 anni, è dottore
di ricerca in bio-tecnologia «Ho una borsa di studio triennale». Con il
Dipartimento sta lavorando su cellule tumorali (…)

L’equipe lavora con enzimi
particolari, le glutatione trasferasi «Un’isoforma di queste (la GSTP) è
generalmente over-espressa nel caso dei tumori. Verifichiamo le reazioni in
condizioni di stress o in presenza di farmaci». E «da qualche tempo studiamo
anche il ciano-batterio, un organismo – a metà tra un batterio e un’alga ndr
– che si trova a profondità molto basse nel mare, per capirne le
applicazioni…».
La Scienza attraverso gli occhi di
una giovane ricercatrice è metodologia costante, che ogni volta innesca angoli
di osservazione diversi. La Scienza considera e solleva, scioglie dubbi e nodi.
Ma la Ricerca «deve essere pubblica perché è la possibilità di trovare vie
d’uscita e soluzioni a problemi comuni e collettivi. È tecnologia, ma anche
progresso se aumenta lo spettro di persone che ne può usufruire».
Diversamente dall’individualismo
metodologico (di cui parla uno degli economisti più interessanti che mi sia capitato di incontrare, il prof Orati nei suoi saggi "Una Teoria della teoria economica" – UTET, 1997 – e "Il ciclo monofase" – Liguori, 1988), una distribuzione di conoscenza: unico bene anti-economico che,
diviso fra molti, invece di diminuire la propria entità, la accresce.
Chiacchieriamo ancora un po’, i
pomeriggi d’autunno a Roma sono sornioni come gatti randagi, che annusano
l’aria stiracchiandosi. Sarah ha finito il primo anno di dottorato nel novembre
del 2007 «Guadagno 800 euro. Sono preoccupata per quello che succederà alla
fine del dottorato» – come nel libro di Aldo Nove (Mi chiamo Roberta, ho 40
anni, guadagno 250 euro al mese
– Einaudi
).
«Fuori dall’Italia mi dicono
esserci maggiori possibilità, sia come strumenti che come condizioni di lavoro.
Dipenderà dai progetti, ma penso di andare all’estero». Come da manuale, la
precarietà interrompe i processi, anche «se l’unico modo per me di guadagnare
sarà passare da un progetto all’altro lo farò. Ma mi piacerebbe non essere solo
un pezzo del progetto, ma capire il senso del tutto».
Come per i monaci del Tibet, fino
a Erri De Luca sulle montagne. O le Dolomiti del Brenta, fino a Gerusalemme…
Ricerca che è Assoluto e Infinito, dunque, anche per chi vive di Scienza.
Lascio Sarah agli studi e ai
laboratori, dove spesso questi ragazzini trovano verità molto più grandi di
loro, che permettono di sconfiggere mali altrimenti incurabili.
Uscendo dai laboratori, nel
corridoio, appena oltre le scale, trovo il modellino di un atomo. Penso che la
verità sia infinitamente piccola. E che a me piacerebbe avere speranza da
donare invece che solo parole.