Negli ultimi 40 anni la Groenlandia ha perso oltre il 35% delle sue “piattaforme di ghiaccio”. Che questo avrà delle conseguenze sulla fusione dei ghiacciai e, dunque, ci dicono gli scienziati sull’innalzamento dei mari – fra 50 cm e 1 metro – di qui al 2100 è cosa “viva”, che si sa anche se facciamo finta di niente.
Altrettanto immediato che, se la Terra continuerà a surriscaldarsi al ritmo attuale, sforeremo (e di molto) la soglia di 1,5°C che ci eravamo fissati con gli Accordi di Parigi. Ma che c’entra tutto questo con la letteratura?
“La cosa bella e pratica della teoria dell’iceberg, come la chiamano alcuni, è che puoi cambiare la storia superficiale – che nella metafora è la punta dell’iceberg – senza alterare il senso complessivo del racconto”, è quanto si legge tra le prime pagine di Cose vive romanzo di Munir Hachemi (del 2018, portato ora nelle librerie italiane dalle edizioni La Nuova Frontiera con la traduzione dallo spagnolo di Serena Bianchi, prezzo di copertina €16,90).
E così la storia “A”, cioè la principale di Cosas vivas è la vicenda di quattro ragazzi – G, Ernesto, Alex e Munir – che partono per andare a fare vendemmia, l’estate, i soldi, il sudore, la vita sulla strada, le ragazze, i malumori personali, i malori del mondo.
La vendemmia nel Sud della Francia però, sotto l’iceberg superficiale della narrazione, li porta ben presto a fare i conti con l’Odissea dei giorni, quella in cui se il pianeta Terra si surriscalda, se ha la febbre, è un problema per tutti gli esseri viventi che lo abitano (provate voi, che di solito avete 36,5° e quando state male, e avete appena un grado in più, tipo 37 misurato sul termometro, come state? E con 2 gradi in più a 38,5°C?). Eh già, perché i quattro si ritroveranno a fare i conti con le conseguenze, neppure troppo distanti, né troppo “post-apocalittiche” come viene bollata a volte certa letteratura, poiché partiamo da what if, “che succede se”: come se fosse vero un asteroide che colpisce la Terra ed estingue i dinosauri, o le guerre mondiali oppure, che so, un virus che blocchi tutto il mondo per anni…
“Secondo la teoria dell’iceberg” continua l’io narrante mascherato da uno dei quattro amici “nasconde necessariamente una montagna sottomarina, e di fatto è così: presuppone che alcune esperienze abbiano più valore di altre”.
Il valore che affidiamo alla narrazione dello sviluppo umano è sempre positivo, il progresso capitalistico persino di fronte all’evidenza: bruciamo le città, bruciano i cantieri che spolpano il territorio, bruciamo le calorie in eccesso sui tapis roulant nelle palestre dei centri commerciali, brucia il suolo nella Sicilia in preda alla siccità (discorso a parte andrebbe fatto per la gestione delle acque in un territorio controllato, sovente, dalle mafie ndr), il Mediterraneo è un hotspot climatico, ci dicono sempre quei menagrami degli scienziati, che ci vogliono rovinare le vacanze: ‘hotspot’ non in senso di tendopoli adibite all’accoglienza dei migranti (anche “climatici”, termine non riconosciuto dalla comunità internazionale, nonostante siano 300 milioni le persone a rischio nel mondo).
Peccato che, ci ricorda Hachemi, la Comedia distopico-metadiaristica delle storie che iniziano con la versione A (l’iceberg) e continuano con la versione B (vendemmia nel sud della Francia rimandata a causa siccità, ma solo nel futuro eh, solo nei romanzi mica nella vita reale, dove si vive ‘nel migliore dei mondi possibili’ in piena sindrome voltaireianamente Candide), ci si ritrova ben presto nella versione C: un mondo dove si allevano gli animali come cose da mangiare (pensa te) in grandi immani enormi silos centinaia di migliaia di animali-cose vive vengono stipati al solo scopo di finire dentro la pressa della nostra famelicità.
Con la graniglia di una cultura esibita e data in pasto ai nostri becchi da allevamento, le notizie e le fake news rimbalzano nel mondo, le stesse news ridotte a ‘cose’, pronte da trangugiare, vero/falso cosa importa non c’è opposizione pertinente che tenga, importa solo ciò che fa alzare i pollici social e lo share, ciò che assorbiamo del mondo diventa esso stesso ‘cosa.
Per questo, la grammatica di Hachemi ci dice l’ABC della cosalità del mondo, ce la restituisce sotto i colpi di calore, l’Aleph e l’omega di ogni storia, i giorni vanno avanti, si susseguono gli uni dopo gli altri mentre i diari si accatastano come legna al fuoco che sta divorando il mondo, grazie alle temperature che contribuiamo a innalzare con i nostri tubi di scarico, le nostre arie condizionate “a palla” (perché no, invece, le pale a soffitto? No! Dobbiamo essere ++ freschi dentro, se poi spariamo aria calda fuori che importa?, mica è un problema che ci riguardi…), o ancora i nostri allevamenti intensivi (dentro le orribili fabbriche del cibo… ma è “cibo” o sono cose vive, appunto, vengono impacchettati, nemmeno uccisi, la cosalità agisce in modo post-tayloristico-fordista, un miliardo e mezzo di polli al giorno: 1.5 miliardi. Di polli. Al giorno).
“In questa modalità di attrapage la cosa corretta da fare è afferrare il pollo da entrambe le ali insieme, così che il compagno possa prenderlo allo stesso modo, girarlo e fargli la puntura sull’addome”, saremo in grado di farlo quando non ci sarà più lavoro per le nostre lauree? Mentre il mondo del food, il mondo network, il mondo dell’inflazione ci avrà digerito e “cosato”? Il romanzo di Hachemi slitta infine, in parte, in quella che potremmo, persino, definire letteratura del lavoro (!) perché se il Sistema vince, e l’iceberg continua – dopo ABC c’è sempre D – chiosa, priva di speranza, sull’unica arma che abbiamo per dimenticare la sede delle nostre vite: “Le storie reali non hanno morale, ma se questa ne avesse una, l’ho già formulata: il vero orrore non conosce strepiti, solo routine e monotonia”. Narrare il presente metterà in forma il nostro futuro collettivo, per questo sarebbe importante raccontare che abbiamo ridotto il mondo a cose: da comprare, fare, da vedere; è una prospettiva economicamente fruttuosa oggi, che ci presenterà il conto domani, sempre che qualcuno un giorno non decida che è da riscrivere anche il passato, quando alcune categorie sono state ridotte a “cose”: le donne – streghe da bruciare – poi gli ebrei, gli omosessuali, e ancora i disabili, gli oppositori politici, i democratici, la Repubblica, il mercato, lo straniero, gli immigrati, i poeti, i libri, gli animali, le foreste, carne carne carne, carne da mangiare, io, tu, le rocce, il mare,… Buona vendemmia a tuttABCD3.
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