Allargare le prospettive umane al regno animale, vegetale, minerale, il micromondo degli oggetti e del pulviscolo. Intuire l’invisibile, passando dalle porte regali – come le definiva Pavel Florenskij – che sole connettono visibile e invisibile.
È da qualche tempo che la letteratura ha incominciato a trattare l’altro il ‘non umano’ che pur vive accanto e intorno a noi: il punto di vista degli animali, dei fiumi, il mare, le piante, per estensione dopo decenni cominciamo a capire che esistono diritti della Natura (al di fuori della nostra piccola bolla esiste un intero pianeta): una delle branche più interessanti degli studi contemporanei è proprio il diritto ambientale. E, non a caso, una delle serie più belle apparse finora in streaming è Sweet Tooth, basata sull’omonimo graphic novel di Jeff Lemire, che narra le vicende del bambino ibrido Gus – e il suo protettore e amico umano, Uomo Grande – e la ua epica odissea alla ricerca della madre, una ricercatrice dispersa che, sola, potrebbe salvare l’umanità dal virus dell’Afflizione che ha decimato la razza umana.
Due libri appena usciti si inseriscono appieno in questa nuova letteratura del selvatico: L’impronta di Andrea Cassini (Zona 42, €9,90) e Alla gola di Henry Hoke (Mercurio, €17,00, trad.it. Valentina Maini)in uscita il 5 luglio).
Entrambi i romanzi, più agile nella lettura quello di Cassini, più sperimentale quello di Hoke, hanno il pregio di mettersi nella testa degli animali.
Cassini si concentra su un noi branco, una seconda persona plurale in grado di guardare al disfacimento del mondo degli uomini (nella storia i nostri fratelli animali ci chiamano ‘mostri’ il che la dice lunga sulla prospettiva dell’autore ndr), mentre nel romanzo di Hoke la diradazione stilistica – interlinea 1.5 che distanzia le frasi e ci inserisce semioticamente nel pensieroaltro – ci mostra come potrebbe pensare, e parlare, un leone delle montagne, la sua ferocia fatta di zanne e vento.
Cassini – scrittore, traduttore, giornalista, autore “inforestato”, per dirlo filosoficamente à la Baptiste Morizot, del podcast I Diari del Lupo su FangoRadio – ci porta dentro le foreste che non sappiamo guardare, né proteggere più, se non in chiave di utilità. I lupi bianchi (come nell’anime ambientalista Princess Mononoke di Hayao Miyazaki) custodi del regno frusciante si scambiano fiuti e tracce, l’io collettivo del mondo dei boschi è un mondo integro e intero, fatto e costituito dalla forza collettiva in cui tutto assume perno ed equilibrio, e la forza soverchiante della Vita (con la V maiuscola che racchiude bios e zoé): percorriamo i sentieri selvaggi lungo i sentieri colmi di odori pungenti mentre i mostri (gli esseri umani, evoluzione in negativo della nostra specie già fissata, in qualche modo, dal Libro della giungla) rubano i cuccioli, invadono lo spazio, ma questo lo sappiamo già: non v’è luogo nel mondo che noi umani non abbiamo contaminato, eroso, distrutto. Guerre, acciaio, malattie. E incendi. Gli incendi che infiammano e devastano, temperature sempre più alte, Cassini rende narrazione la febbre del mondo intorno a noi: il surriscaldamento globale che l’anno scorso ha portato le temperature ben oltre i 45°C in Australia, o dall’altra parte del pianeta i grandi incendi in America, o la siccità alle nostre latitudini. La terra trema dentro e fuori nell’agile pubblicazione delle edizioni di Zona42 (editore “di fantascienza e altre meraviglie” qui alle prese con la collana 42nodi a cura di Elena Giorgiana Mirabelli), il mondo di Cassini è fragile, tuono, crepa, lampo; non ci sono dialoghi solo disastri, l’eco femmina della foresta si diffonde, il pessimismo umano lascia il posto all’universalità dei personaggi tutti non umani, alla loro coscienza, noi che per secoli abbiamo creduto che gli animali non avessero anima, non considerando che la stessa parola animale porta in sé l’evidenza di una relazione. Gli animali di Cassini sono adulti, feroci, spietati ma equanimi, dotati di quell’istinto primevo che noi “esseri verticali a due gambe” abbiamo perduto dietro la mancanza del sacro: non sappiamo più fermarci, ci dice in tralice l’autore, la vita e la morte si alternano senza soluzione di continuità, così rendiamo grazie al grande fiume che ci contiene tutt3, viventi sul pianeta, è un libro sulla gratitudine L’impronta, un richiamo (della foresta) a imparare le lingue – Tutte – dell’altro.
Alla gola di Henry Hoke – autore “ibrido” e sperimentale, ha insegnato Scrittura creativa al California Institute of the Arts – pone al centro del suo romanzo un puma, leggiamo così i suoi pensieri feroci, senza filtro, immediati nella loro potente naturalezza. Il protagonista di Hoke ha fame, si chiede se attaccare o meno i bipedi che lo contornano (la scena di sesso tra i due umani nella caverna è tra l’esilarante e lo splatter ndr), il leone di montagna è archetipo e segreto: guarda alla catastrofe incombente senza neppure l’assillo della salvezza, che in fondo anche se l’uomo scomparisse domani dalla faccia della Terra, cosa cambierebbe?
Interessante come Hoke, autore americano, finalista al PEN/Faulkner Award, nominato tra i migliori romanzi del 2023 dal The Washington Post infranga la barriera tra mito e nature plurali, ponendoci infine quali spettatori dislocati, ‘dentro’ il pensiero laterale dell’animale (salva)guardiamo persino l’habitat entro il quale il puma vive, aggredisce, ascolta con le sue orecchie pelose, decide. In questo senso Alla gola è un ‘romanzo-faglia’ (che forse poteva approfondire e incidere maggiormente date le premesse naturali), attraverso una densità narrativa che si disgrega ci immergiamo nelle pagine aeree, le frasi evaporano, con una sintassi al tempo stesso primordiale e poetica (frutto della spaziatura), HH ci immerge nel pensiero-puma, femminile e schivo, in cui non c’è morale né giustificazione, ma solo immersione nel ciclo del Tutto, il lungo fiume del Tempo che ci sopravvivrà, di cui siamo appena una piccola increspatura.
Pregevole infine anche la manifattura dell’oggetto-libro, la piccola casa editrice Mercurio books | Libri sulla soglia restituisce matericità ulteriore attraverso una cover lucida, carta nera con alette interne, e interni color avorio (come le zanne del puma) con spessore 70 g/m2.