Blogdiary foreste del nord america .1 e mezzo


Partire da Milano città ieri, scalo a Heathrow, Londra con i suoi magici scaffali harrypotteriani e quel certo sense of glamour che c’è persino in aeroporto. Mentre scrivo il riassunto di due giorni mi rendo conto che non è vero che non soffro il jet lag, è più che lo assorbo, anche se i termini si accavallano.

A Pittsburgh arrivano a prenderci Mike Snow e David Venables, rispettivamente Executive e European Director di AHEC-American Hardwood Export Council, sono loro che ci porteranno in giro questi giorni attraverso strade sterrate, chilometri, acri di foresta a silvicoltura di ciliegio, per lo più. La nostra una spedizione mista: inglesi, tedeschi, italiani. Cosa siamo venuti a vedere qui? Intanto le 6 ore di fuso contano in termini di lavoro, quindi riuscirò poco e brevemente a scrivere il diary.

Oggi però tutto il giorno nella Allegheny National Forest, che ha appena compiuto i 100 anni dalla fondazione. Acri e terra e alberi, è un autunno gentile quello che troviamo. I colori riflettono al sole, giallo, verde, rosso, persino il marrone della terra. E’ piovuto molto nelle settimane scorse, ma ciò che resta nell’aria è il profumo d’erba e legna. A farci da guida, infatti, la “guardia forestale” Michael Williams, e la competenza storico-biologica di Susan Stout, entrambi dello U.S. Forest Service, insieme a Tim Brownlee, che gestisce l’azienda di famiglia Brownlee Lumber Company. L’idea della conservazione e della protezione, la gestione delle quantità, il rispetto per le forme di vita che compongono un bosco, anzi una foresta.

Nel pomeriggio assistiamo anche al taglio di due alberi – sono 30/40 al giorno quelli che vengono tagliati durante la stagione – e questo autunno malinconico dal foliage rossiccio-marrone mi fa riflettere che il punto non è tanto la gestione o il mantenimento, il punto sarà riuscire a comprendere la necessità di diminuire i consumi, di diminuire la nostra fame di erosione del pianeta.

Dall’altra parte del mondo ti accorgi che la Pennsylvania è come il Veneto, la tempesta Vaia, il punto è complementare le foreste differenziando le colture.
Piantando non solo alberi per ottenere profitto ma, come dice Tim, redistribuire ciò che proviene dalla vendita delle piante alle comunità locali in termini di scuole e ospedali, servizi e reinvestimento nella foresta stessa. Domani, veloce, si continua per foreste.