Copenhagen e questo certo pensiero del nord: blogdiary 1


Ricominciare un blogdiary dopo 4 mesi non è semplice. Infine, sono partito per la Danimarca.
Quello che sempre stupisce quando sono in giro è il fatto che abbia al collo una “vecchia” Nikon D200, ovvero una macchina fotografica. Sono a Copenhagen (che per noi italiani si scrive, Copenaghen, invece no) e da stamattina mi fermo ora.
Arrivati all’aeroporto, dall’alto vedi terra brulla e mare. Appena uscito avevo da attivare la Copenhagen card, che permette 72 ore di trasporti pubblici integrati (adesso per tornare in albergo ho preso la metropolitana).

Nel primo pomeriggio abbiamo parlato con Tobias Weber-Andersen, co-fondatore di GreenKayak, una ONG di cui parleremo poi diffusamente nel prossimo articolo del reportage. Qui, nel mio spazio personale, parliamo del fatto che Tobias mi ha aspettato un’ora. Avevo anche sbagliato la metropolitana (prendendo la S Line invece che la M). E però alla fine ci siamo incontrati lo stesso. Chiacchiere al sole con questo istruttore professionista che ha avuto un’idea semplice ed efficace. Invece di teorizzare la sostenibilità, con greenkayak.ngo ti fa andare in kayak, gratis, con l’unico “scambio” di riempire un secchio con tutti i rifiuti che riesci a trovare durante il percorso (io in 35′ ho tirato su 3 chili di  rifiuti, al 90% plastica). Un modo vero e diretto di agire.

Poi ho incontrato al mercato di quartiere, il primo in Danimarca (oltre 5 milioni di visitatori l’anno), Tommy Raabo Fischer di HAV, ottava generazione (!) di commercianti, il nonno del nonno del nonno aveva anche una piccola flotta – barche per la pesca – Thomas ci dice che invece lui oggi ha un banco pesca, due ristoranti (uno che cucina caldo uno freddo) che prende solo prodotti locali, una parte residua da “fuori” (20%), e che i clienti chiedono soprattutto sogliole e cicale di mare. Con HAV, Thomas adotta un ciclo virtuoso di lotta allo spreco alimentare, tutto quel che passa dal mercato del pesce viene o cotto o preparato, “il green è un business che rende coscienti i consumatori, e dà profitti a chi vende”, ci sono molti controlli qui ma per Thomas c’è anche speranza, che in futuro si consumi e mangi in maniera più responsabile (solo il suo banco del pesce/ristorante ha 7 diverse differenziate).

La sera si conclude poi al Bistro Lupa, locale veg nel caratteristico quartiere di Østerbro, nord-est di Copenhagen, un’esperienza culinaria come poche mi sia capitato di fare nei miei viaggi: tutti prodotti locali, ogni processo impostato alla sostenibilità, cura per i particolari, a partire dall’esordio con il Cava di Barcellona che accompagna una crema di mandorle e verdure da colture idroponiche, cipolle croccanti con patate; poi il mio preferito: focaccia con pasta di funghi porcini burro di semi di girasole montato e olio di jalapeno, sino all’assaggio di cavolfiore piselli limone olio e nocciole, il tutto accompagnato da Hinuk-19 un vino croato dalle fruttate note d’arancia, altresì detto orange wine: quindi, Fungo ostrica blu fritto (i funghi di Bistro Lupa provengono dalla loro “Fungha Farm”) servito con glassa al peperoncino affumicato,  per arrivare poi agli gnocchetti sardi con zucchine e uva spina, mentre prima del dessert (panna cotta al limone) uno dei cocktail più buoni mai assaggiati: rum con crema di soia e cocco, liquore al caffè home made. Del Bistro Lupa, aperto dal 2021, abbiamo parlato con Kevin Khoo, 49 anni, manager anche di The Ark Collection, vuole far capire alle persone che “essere veg” non è anormale, ma anzi è un’esperienza da fare, nel quotidiano, con cura e attenzione, dai piatti alle luci, alla musica jazz, una vera lezione di stile. Insieme a Kevin K, ci sono il CEO Jason Renwick che si occupa della scelta e dell’approvvigionamento, per esempio dei vini, e il capo chef Brett Lavender, che ha ideato e cura il menu.