"Il suicidio è notoriamente percepito come qualcosa di negativo e da evitare assolutamente, soprattutto nel caso si voglia rimanere vivi. Ma anche il suicidio ha i suoi pro. Ad esempio, il suicidio è esentasse." Inizia, più o meno, così la Breve guida al suicidio (Edizioni Le Gru, 13 euro) di Giuseppe Galato, classe 1983, giornalista, responsabile cultura del Giornale del Cilento, collaboratore di Rockit, Freak Out Magazine e KeepOn.
Il libriccino, 100 pagine scritte facili e veloci, è una breve carrellata dei migliori modi per farla finita, in modo singolo e/o collettivo, un po' di sano estinzionismo in attesa del Grande Giudizio Divino. Esempi per una fine singola: "Che si usi un’automobile, un ciclomotore o un autoarticolato, il suicidio tramite collisione è di sicuro uno dei metodi più costosi per andarsene, considerando la distruzione di un’intera autovettura e vista l’ingente quantità di benzina che è necessaria per il raggiungimento di una determinata velocità." Esempi per una fine collettiva: "Il suicidio di massa rientra in quella categoria di attività atte alla socializzazione fra individui mossi dal sentore di essere delle nullità ma che, una volta in gruppo, si sentono parte del tessuto sociale in una patetica ricerca del proprio status fra individui perlopiù sconosciuti ma probabilmente molto simili fra loro in quanto a pochezza di offerta in argomentazioni e proposte. Un po’ come accade per i balli di gruppo."
In realtà, la guida di Galato diviene ben presto una critica opportuna al sistema (leggi alla voce Capitalismo): "Ho studiato marketing. Non è vero, ma fa figo dirlo. Ad ogni modo, il mondo del lavoro e delle nuove opportunità che si parano dinanzi ai giovani imprenditori è fervido se si sanno cogliere le tendenze in voga in un determinato periodo storico. Era stato così che Gerald Hopperboot di Greg Lake, una ridente località a metà strada fra Emerson e Palmer, aveva avuto la lampante idea di organizzare dei party rivolti ad aspiranti suicidi: i Suicide Party. Notando come andasse di moda il suicidio da un po’ di tempo a quella parte, aveva pensato “Che cavolo! Anche i suicidi hanno diritto ad avere un servizio di cui poter usufruire!”.
Molto buone le parti di attacco sagace alle convinzioni/convenzioni e i richiami alle psicosi dell'uomo, comprese quelle religiose: "La stampa mi dà dello xenofobo, la comunità ebraica mi ha querelato per l’ammontare di un intero Stato, Dio al processo ha fatto cadere tutte le accuse su di me sostenendo che gli ho dettato io le linee direttive da seguire nella stesura (il suo avvocato, un certo Lucifero, devo dire che ne sapeva una più del diavolo), mia madre mi dà del pornografo, mia moglie ha stranamente voglia di andare in Egitto, i miei colleghi mi dicono che puzzo e il kebabbaro all’angolo ha chiuso. Non vedo ragioni per continuare a vivere."
Alcune parti del libro sono meno veloci, altre si soffermano troppo su descrizioni accessorie, che sarebbero state più efficaci (forse) … uccidendole prima! In generale, tra giochi di parole (la storia di Sandra Cas) e divertissement, però, l'idea di Galato è una buona intuizione nella declinazione in saggetto, con tanto di divisioni operative:
– Introduzione alla (almeno lo si
spera) fine
– Pro e contro del suicidio
– Modalità di suicidio
– Suicidio e disturbi
psicologici
– Suicidio e imprenditoria
– Lettere d'addio
– Cosa avviene dopo il
suicidio
– Epitaffio.
Insomma, tra Woody Allen e i Monty Pithon, passando attraverso il TurboCapitalismo schiacciasassi (anche se questa fine nel libro non viene menzionata) il risultato è una piacevole lettura, due risate prima della…
FINE.