hunger games

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Un reality show estremo, dove vince chi rimane vivo. Chi uccide tutti gli altri (concorrenti). Questa l'idea di fondo di Hunger games (Mondadori, 17 euro), libro dell'autrice statunitense Suzanne Collins – qui il sito ufficiale.
Dopo aver sconfitto i Distretti ribelli, Capitol City – la scintillante città del potere – ogni anno indice gli Hunger games. Vengono scelti dodici ragazzi e dodici ragazze per
partecipare a un gioco mortale.
"Capitol City ci ricorda che siamo totalmente alla sua mercè. Che avremmo ben poche possibilità di sopravvivere a un'altra ribellione. Indipendentemente dalle parole che usano il messaggio è chiaro. 'Guardate come prendiamo i vostri figli e li sacrifichiamo senza che voi possiate fare niente. Se alzate un dito, vi distruggeremo dal primo all'ultimo. Proprio come abbiamo fatto con il Distretto Tredici." Katniss, la protagonista del libro, è il "tributo volontario" del Distretto Dodici, l'area dei poveri, periferia di minatori, della terra del carbone.
Insieme a Peeta, ambiguo amico di sventure, Katniss partecipa alla presentazione in TV dei concorrenti. Vive tutte le fasi preparatorie al gioco mortale: l'addestramento, i preparativi, i pasti buoni concessi ai ragazzi-sacrifici umani.
Come in un qualsiasi talk show, ogni concorrente si esibisce per cercare di stupire il pubblico: perché farsi amare dai telespettatori vuol dire trovare sponsors. E lo sponsor nel gioco è la differenza tra vivere e morire. Lo sponsor può fornire attrezzi utili a uccidere durante il game, coperte contro il freddo, acqua…è ciò che permette di sopravvivere contro l'isolamento. Che può evitare l'agonia prima di essere uccisi. Dagli altri partecipanti. Dagli altri ragazzini.
A metà fra "Il signore delle mosche" e il fiction-fantasy, Hunger games estremizza il reality show, lo rende luogo dell'omicidio collettivo a favore della sopravvivenza del potere. Che certifica il vincitore e lo rende ricco, valore supremo del culto dell'immagine. Idolo del pubblico televisivo, assassino autorizzato da un sistema che sottomette i deboli in mondovisione, e fa di tutto per rendere spettacolare la morte degli oppositori (con visagisti che curano l'immagine dei tributi sacrificali). Ma è un regime soft, quello di Hunger games, sembra di vedere in anticipo la disgregazione della società: all'inizio del gioco, dopo il "Via", i concorrenti si affrontano nel "bagno di sangue" per impossessarsi degli oggetti utili alla gara: è così che viene disintegrata l'umanità!
Lande di alberi ricreate apposta per il gioco del massacro, ambienti che cambiano ogni anno per il sollazzo degli spettatori. Tutti davanti alla TV. In un crescendo efferato di colpi. Dove non ci si può fidare di nessuno. Che la Collins anticipi il mondo del (iper)reale che sarà, o estremizzi la tendenza show dei reality (l'apparente esotismo dell'Isola dei famosi? piuttosto che la violenza, ancora verbale, di Amici), un libro asciutto, erosivo. Su una realtà-reality che non concede illusioni, sacrifica immagini e vite umane. Dove vince chi uccide…