il circo capovolto

Circo_capovolto

Sul
numero 38 di Arivista – novembre 2008 – mi è capitato di fare la recensione del
libro di Milena Magnani, Il circo
capovolto
(Feltrinelli, Milano, 2008, Euro 12,50).
Ne
pubblico un piccolo stralcio, in un momento difficile: l’Italia, il suo governo, sta manifestando chiusura – nei confronti degli stranieri, dell’economia,
della necessità di una scuola che formerà il nostro futuro – e questo non è
quasi mai un atteggiamento moderno…

"In un campo nomade, Branko
Hrabal l’hungarez viene trovato a
terra ucciso da sette coltellate. A scoprire il corpo, Senija la bambina dagli
occhi gentili che, davanti al fuoco e sotto l’acqua, insieme a Ibrahim, ha
ascoltato nel cortile davanti la kasolle
tutte le storie di quell’uomo venuto da lontano, tutte le sue storie senza
fine. Prima dell’ultima partenza senza ritorno. (…)
"Ma tutto si intreccia
nel libro della Magnani e il presente è un territorio dove gli eventi
continuano ad accadere, dove Branko non esiste più, ospite ancora per poco
della vita. In un racconto che si snoda senza sosta, che appiccica capitoli
senza distinguerli, di continuo, perché come si separano le parole dal loro
significato? Come si possono dividere i pensieri? E dove finisce il porto, dove
inizia il mare?

Nella storia dell’uomo c’è la storia parallela, e forse più importante,
delle persone che lo hanno conosciuto e che rimarranno. L’imbarco senza fine
delle’sistenza, dove i passeggeri parlano tutte le lingue del mondo e i suoni
si sovrappongono, zingari e gemelli, fino a creare una musica nuova e meticcia,
residenza per tutti i senza dimora, passaporto di un’identità che le accoglie
tutte.(…)
"
Il circo capovolto è un viaggio onirico, che
inizia con la fine e prosegue con i ricordi. Il racconto è un presente dilatato,
uno stadio del tempo che la mente di Branko percepisce, anche se non vedrà mai
più, colpito a morte da un destino ingarbugliato e senza fili. Figlio e vittima
di una ragione apparente che si svela solo all’ultimo, dall’alto della sua
ingiustizia senza pietà, costruita sul corso degli eventi, sull’incrocio delle
coincidenze. Il libro della Magnani si sofferma su quell’istante che separa la
vita dal buio senza fine, in cui il senso accade e chiude il cerchio. È un
libro di parole miste, di nomadi gitani e di un circo metafora, che parla di
esuli e uomini traditi. Di suoni diversi, scampati al mondo, e dell’innegabile
evidenza dei viaggi. Perché, prima o poi, in qualche modo, tutti siamo
stranieri."

 

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