Mi sono svegliato alle 4:15 stamattina per arrivare alle Faroe – isole in mezzo all’oceano Atlantico, un po’ più a sud dell’Islanda ma ben sopra il Regno Unito – scalo da Copenhagen, visto che queste isole si trovano sotto la corona danese. La lingua qui è un sunto idiomatico del grande nord e del mare, che qui assume i colori ghiaccio del cielo e della terra.
Arrivato all’aeroporto prendo una macchina, si percorrono le magnifiche strade a strapiombo sulle falesie, intorno grandi colline verdi e fenditure, pecore dal vello rigoglioso brucano agli angoli delle strade.
Mi dirigo verso Gásadalur – un piccolo centro agricolo – per vedere la sua iconica cascata, oggi però è completamente offuscata dalla nebbia.
Lo stesso riconosco paesaggi che sembrano appena usciti da uno dei nuovi film di Star Wars, quando ormai il vecchio Luke Skywalker si è ritirato dal mondo, e in effetti qui con la cascata che schianta a picco nell’acqua e lo stridio degli uccelli nei loro nidi, si è più disposti al ritiro dal mondo, una pausa di riflessione importante che ci faccia prendere le decisioni in maniera completa e convinta.
Nel piccolo villaggio di Bøur, con le tipiche casine dai tetti erbosi, due bambine saltano sul tappeto elastico, si respira aria d’oceano tra i viottoli fiocamente illuminati prima della sera. Una chiesina bianca e spoglia sta, di lato, su un crinale che più su diventa roccioso, le nubi sono basse, c’è nebbia ovunque (ieri sono stati annullati voli a causa del maltempo).
Andando verso Tórshavn percorro le strade lentamente, un po’ per la nebbia un po’ perché è bello concedersi tempo (siamo 1 ora indietro rispetto all’Italia), e guardare, mi fermo almeno 10 volte per fotografare i paesaggi che si aprono davanti a noi.
Supero una galleria scavata sotto il mare, quasi 5 chilometri, siamo ingegneri incredibili – noi esseri umani – peccato che a volte ce lo dimentichiamo e pensiamo a distruggere invece che a edificare. Opere d’ingegno, opere d’arte.
Qui ci pensa la Natura, la strada costeggia insenature, fiordi, l’orizzonte sembra un punto di congiunzione più che solo una linea di demarcazione.
Le Faroe sono punteggiate da villaggi di pescatori – fino a qualche anno fa la pesca era violenta, come accadeva con la grindadráp ora non più pra – lo percepisci dalle locande, sparse sul territorio pianeggiante, con grandi slarghi sull’oceano. Piccole imbarcazioni al tramonto stanno in mezzo a praterie d’acqua, legni a riva, sterne (credo) e gabbiani sul bagnasciuga.
Arrivo all’Hotel Føroyar www.hotelforoyar.fo trovo locali di legno e corridoi illuminati come quelli delle navi, il pavimento è riscaldato; poi, tra poco andrò a cena al ristorante Katrina www.kathrina.fo più in centro paese, verso la collina. Spero di mangiare piatti caldi che fa 5°C, non è freddo, pure è sempre maggio.