In questo periodo sto leggendo i racconti di Lovecraft, forse è per questo che tutto ciò che leggo mi richiama in qualche modo le erbe officinali, i decotti della farmacopea, preziosi distillati d’argento liquido entro alambicchi sferici, di vetro soffiato, becchi Bunsen e disordine mentre capelluti alchimisti si danno da fare nei loro antri con fumose misture e strani vapori, piante-fossili, funghi allucinogeni, stelle a cinque punte demoni e streghe attorno al fuoco, in nome di Azathoth e Chtulu, le notti di Valpurga.
Teorie dei fluidi e mesmerico Ottocento, c’è tutto questo, e le fatemorgane e i teatri di sabba, nel libro di Dale Pendell, Pharmako/Poeia. Poteri delle piante, veleni e arti erboristiche (add editore, € 25, trad.it. Anita Taroni e Stefano Travagli, prefazioni di Laura Tripaldi e Gary Snyder).
Pharmako/Poeia è il secondo volume della trilogia di Pendell, un’opera pensata come vera e propria suite enciclopedica interconnessa con lo scopo, e le immagini, di creare nella nostra mente il mondo immaginato dall’autore, un contributo “alla poetica moderna e allo studio interdisciplinare”.
Come emerge anche dal testo di Laura Tripaldi. Sotto la luce narcotica della Luna che apre il testo, infatti, questo libro infrange il muro delle discipline a sé, la specializzazione fordista impostaci dopo la Rivoluzione industriale come panacea di tutti i mali, socio-economici compresi; Pendell ha il merito di rendere mistica la natura e connaturata l’alchimia, mischiando sacro e profano, credenze popolari e religione, suddividendo lo scibile e il conoscibile nelle 5 aree simboliche, per altrettante parti | sezioni del libro: Thanatopathia, Inebriantia, Euphorica, Phantastica, Excitantia.
Suddivise in aree tematiche, che corrispondono ad altrettanti usi, scopriamo così i benefici (e i malefici) delle piante, le illusioni, le specificità – la vita, la morte – sino allo stato selvatico delle cose, di cui tanto ci siamo resi conto nei 2 anni di pandemia, quando un singolo virus ha preso in ostaggio l’intera popolazione mondiale. Il potere, la “sacralità” della Natura che l’uomo, la contemporaneità, hanno così troppo spesso dimenticato.
Dal Mercurio, simbolo, al veleno, per Shakespeare e Paracelso, leggiamo del popolo delle piante ben prima delle nostre sofisticazioni. Pendell ci porta alla scoperta dei grandi druidi del passato, del sapere sciamanico che così tanto, negli ultimi tempi, ci sta dicendo che v’è altro, e ben oltre, che la semplice realtà di cui siamo convinti. Vi sono piante maestre e persone-albero in giro per il mondo, illuminati pensatori che attendono il passare del tempo – ma di quale qualità del tempo, di quale misura del tempo stiamo parlando, del tempo-uomo o del tempo-albero? – attraverso un elenco non esaustivo, ma suggestivo, l’autore ci porta per mano a conoscere la Prunus emarginata le cui foglie sono imbevute di cianuro; la Grande opera del mondo viene spiegata da Pendell attraverso, e per mezzo, della Grande pietra: la terra matrice, il materiale sul quale si edifica tutta la vita sulla Terra. Bíos e zoé. La vita che diviene e la vita che è. Lo statico e il fiume entro il quale tutti noi, animali e piante compresi, camminiamo, risalendo le cime rocciose, operando il bene e il male, la medicina del sole e quella della luna (ci sono persino i richiami ai tarocchi, alle figure archetipiche).
Forzando la Natura, l’operato dell’uomo si spinge alla comprensione di sé, interrogando le porte del regno di Plantae, il tabacco – nicotiana tabacum – da fumare scrutando l’orizzonte, poco prima di morire o per “ammazzare il tempo”, la divinazione assicura l’intuito oltre la deduzione; così l’assunzione degli psicotropi inebria i sensi e trascende il corpo e la materia di cui pure restiamo schiavi fintanto che il nostro cammino è relegato al mondo degli oggetti, dove gli umori e i corpi si confondono, mischiandosi agli odori e i vizi, che pure salvano l’uomo, come il frutto della vitis vinifera. L’alcol che tutto può, e tutto fa dimenticare – l’acqua vitae -, a quale prezzo però.
Pieno di interessanti illustrazioni d’epoca, il trattato di Pendell è altresì una discesa agli inferi della parola, un ritorno all’avamposto della (nostra) civiltà: entriamo così dentro le grotte delle incisioni, fino alle ombre che si allungano fin dentro i pensieri, là dove il peccio di Sitka fa da base per la birra e la Cannabis sativa è il primo passo per ricongiungersi agli dèi, per divertirsi con gli amici, tra studenti o rendersi ebbri così da vedere, trasfigurare, la musa alcolica, infine resistere al(la crudeltà del) mondo.
Studiamo, torniamo bambini, curiosi della conoscentia la quale permette allo spirito, e alla comprensione, d’elevarsi. Fino all’etere, che presta la sua illustrazione al libro: “come un glockenspiel, campane colorate, stelle fredde, un ronzio che rintrona, grandi spazi che si spalancano: l’Abisso”.
E’ davvero prezioso il contributo che opere come questa dànno alla congiunzione di tempo e spazio, d’aria e fuoco, il testo di Dale Pendell è inebriante e saggio, mistico appunto come possano essere la terza e la quarta dimensione per gli epigoni di Einstein, ponti spazio-temporali e realtà alternative.
In Pharmako/Poeia v’è persino una sezione sui combustibili fossili:”Il veleno si diffonde nel pianeta”, con tanto di tossicologia, epidemiologia e chimica.
Non mancano i richiami etimologici che, attraverso lo studio delle parole, la loro orogenesi, aprono al significato del nostro presente. Noi esseri umani che, sul pianeta, abbiamo domesticato le fiere, coltivato fiori, giardinieri del pianeta e contemporaneamente produttori, abitatori di luoghi e fruitori di miele così d’assenzio, l’elisir proibito che così tanto ispirò i poeti maledetti nella Parigi tra la fine dell’800 e l’inizio del secolo breve. Prima di noi, la tempesta delle rivoluzioni.
Il lupo non è più lupo, ormai lo sappiamo. Il lupo è l’uomo per l’uomo, è l’uomo per le altre specie e per la Terra. Il lupo oggi siamo noi. E i nostri demoni. Oggi che utilizziamo i prodotti contro l’ansia e lo stress di un tempo-altrove che non basta mai, rimedi per la frenesia di una vita consumata, più che vissuta: il papaver somniferum, l’oppio, così come i derivati che possano accompagnarci tra le braccia di Morfeo, con o senza oracolo, fino all’eroina che torna, la dissipazione del sé, la dipendenza che tutti ci attanaglia, amplifica, distrugge.
Il bel testo di Pendell è un viaggio onirico e fantastico che unisce il regno degli uomini alla miscellanea di piante, riconnettendo le opere della fantasia al mondo dell’edera e del selvaggio; attraverso i giardini elisi e il culto di Dioniso, l’uomo verde (Robin Hood e la foresta di Sherwood) tutto è interconnesso in questo libro-albero, questa rete di conoscenza rizomatica e diffusa, le piante che sono mondo sotterraneo, sotto di noi, e ciò che ci rende bipedi, camminatori di un mondo chimico, venefico, reticolare, erboristico.
Tutto questo, e di più e meno, e segreto e nascosto, è il libro di Dale Pendell, Pharmako/Poeia