La ballata delle frontiere – il libro sulle “storie del secolo belva”


Le frontiere e cosa siano oggi, in tempi di nazionalismi e nuovi (vecchi) populisti al governo del mondo. Quale futuro vogliamo? Mentre altri muri si alzano, barriere, gli uni contro gli altri. Tutti “rivali” nel mondo globale, tra guerre ed emergenza climatica. “Il secolo belva”, questo il sottotitolo del libro di Flavio Fusi, La ballata delle frontiere (appena uscito per le Exòrma edizioni, euro 16,50) con la prefazione di Giovanni Floris: «Atterriamo su un pianeta di conflitti a bassa intensità che poi deflagrano, come a Gaza. Dalla dissoluzione del fianco orientale dell’Europa alla gola squarciata tra Nord e Sud del mondo, l’autore guarda ai milioni di esseri umani spinti oltre le frontiere dal secolo belva (intuizione davvero efficace ndr) antiche frontiere che esplodono e frontiere nuove che sorgono, frontiere non scritte, terre di mezzo e grandi fiumi-frontiera, tra illusioni, nuove schiavitù e massacri. Le testimonianze frammentarie degli ultimi, le storie minuscole, si mescolano alla ricostruzione degli eventi e alla descrizione dei luoghi in un racconto periferico e avvolgente fino alla frontiera delle frontiere: là dove la terra finisce e il mare comincia… Fusi racconta, ma solo dopo essersi preso la responsabilità di capire».
La “Porta di Lampedusa – Porta d’Europa” – opera dell’artista Mimmo Paladino – inserita nel risvolto di copertina, emblema e viatico di narrazione di ciò che è sotto gli occhi di tutt3 anche se non lo vediamo, o facciamo finta di niente: i migranti delle guerre e climatici che si spingono a uscire dai propri confini, ma ha senso ancora parlare di confini nazionali? Ha senso difendere i confini in un mondo che si dice privo di barriere? O forse è tutta un’illusione?
Fusi ci offre uno sguardo privilegiato da reporter, dalle sue esperienze lungo la cortina di ferro, evaporata, Berlino limite e frontiera tra due mondi, città-spartiacque fra un prima e un dopo: il mondo di ieri, come lo descriveva Stephen Zweig e ciò che è l’humus sul quale nasciamo, viviamo, alcuni in modo più fortunato, altri meno.
L’indagine de La ballata delle frontiere è un elastico che fa avanti e indietro negli ultimi decenni del mondo. Vukovar e l’oscurità della guerra fratricida di quella che un tempo fu la Jugoslavia, la dissoluzione dei Balcani, la guerra che non ha mai niente di “civile”, cosa resta di un assedio ci domanda in tralice il Fusi giornalista attento, osservatore privilegiato ci racconta di un conflitto israeliano-palestinese mai finito, le ceneri di un pogrom ripetuto, devastante e cieco come l’odio dell’uomo per l’uomo.
Kosovo, Macedonia, la geologia dell’impero russo oggi governato dal nuovo zar (ex Stasi) Putin, la Cecenia in fiamme, occupata, le frontiere dell’Albania da cui in molti scapparono negli anni Novanta.

Il libro di Fusi racconta le derivate dappertutto uguali di un mondo disgregato, Bashar al-Assad e Honduras, facce solo apparentemente distanti di un pianeta in preda alle diseguaglianze, colonne di uomini donne e bambini in fuga, a fare le spese del conflitto gli ultimi, scalzi, stanchi, vecchi che muoiono ai quattro angoli del globo. Border fence – la barriera di confine – che corre ovunque, le barriere ci dice Fusi non sono certo quelle geografiche, sono il nostro atteggiamento verso “l’altro”, gli altri, l’indifferenza che mostriamo verso chi cerca rifugio e scappa, l’ospite sacro nell’antichità oggi è diventato al più un lieve fastidio verso il quale non provare null’altro che disinteresse, lontananza, che fine ha fatto l’empatia?, viene in mente mentre leggiamo quest’ultima ballata dell’umanità? E cosa accadrà quando a posto dei poveri in fila (è questo il problema, non le migrazioni in sé ma la povertà che ci schifa, ci spaventa, che non vogliamo e per questo, ipocritamente, ci giriamo dall’altra parte, per sempre, purché a me non accada)…
Sono vite di pescatori e coloni, quelle di cui parla Flavio Fusi – che per 30 anni ha lavorato per il Tg3 – braceros in Sudamerica, Colombia, narcos, Santander, Venezuela. Ma in che mondo viviamo? In che modo viviamo? Davvero pensiamo di conoscere il mondo solo perché lo leggiamo, su qualche improbabile sito, online?

La ballata delle frontiere non risparmia nulla, dall’invasione dell’Ucraina – un incubo a bassa intensità – all’accaparramento delle materie prime, dal Borneo bruciato, depredato, alla Wagner la milizia russa che sta colonizzando l’Africa, alla Cina colosso capitalistico-comunista: i nuovi mostri del presente hanno le facce rassicuranti degli uomini in doppio petto grigio, i disordini fake degli ex presidenti d’America, dov’è finita l’umanità? Le “storie del secolo belva” non hanno risposta, sono solo storie, di come va il mondo però, e di come se vogliamo approdare a un futuro più equo dovremmo iniziare dallo spegnere il conflitto e la barbarie, che non ricade solo sugli umani ma sull’ambiente, le foreste, gli animali, l’estinzione che stiamo brutalmente perpetrando.