Orso


Scomodo, oggi, parlare di orsi, no? Ne abbiamo uccisi quanti negli ultimi mesi? Ma che importa. Che “a noi!” importa la ragione, ed è chiara, ed è dalla nostra parte, come specie intendo: gli orsi li abbiamo uccisi – di più, ANDAVANO uccisi perché è facile – davano fastidio agli esseri umani. Ecco, quelle bestie sono, sono pericolose, e si sa che 2+2 quanto vuoi che faccia? Basta ucciderli, tutti magari, così possiamo andare a fare le scampagnate in ambiente asettico, però la montagna signora mia eh sì solo per le vacanze, mica durante l’anno. E però per poterci andare quando voglio io, eh, deve essere sicura sempre! E’ un nostro sacrosanto diritto, signora mia, sacrosanto (e segno della croce). Soprattutto poi se stiamo scegliendo le prossime vacanze di Pasqua, in cui mangeremo agnellini o magari maiali, sì. Oppure già le vacanze dell’estate, ecco, dobbiamo programmare l’estate, sopprimendo prima però un bel po’ di orsi, lupi, eh sì che i lupi no? Pure quelli sono pericolosi, lo sappiamo tutti, noi in città, che facciamo la spesa al supermercato, che quegli animali sono pe-ri-co-lo-si! E allora, allora dobbiamo ucciderli, che gli agnellini ce li dobbiamo mangiare noi, no i lupi, noi soli possiamo cuocere a puntino i maiali o le belle bistecche delle mucche o pure i vitelli, ecco sì, anche i vitellini, gli agnellini, i maialini, i pulcini, ma sì certo è vero sono tutti cuccioli animali, ma che c’entra lo sanno tutti che gli animali non ce l’hanno l’anima! Eh, anche se animus | animale forse potrebbe avere una qualche relazione come parola. Tanto poi tutto passa, manco per i cuccioli umani uccisi ci indigniamo più, tanto, dice sono polemico, ma guardi tanto non manca molto: fra poco finalmente nelle classi metteremo le restrizioni, che le classi italiane solo agli italiani, anzi no “prima agli italiani”, tutti puri, certo signora mia, l’ha detto il ministro, ci vuole lo sbarramento ci vuole, e chi non lo rispetta. Come gli orsi.

Orso di Marian Engel (La Nuova Frontiera, €15,90, trad.it. Veronica Raimo) attiva riflessioni e polemiche interiori, o forse è solo il tempo in cui non si può più solo tollerare. Quando Lou, archivista stereotipo della società intellettuale e mediata, va in una sperduta isola del Canada per lavorare alla catalogazione di un lascito bibliotecario e trova un orso (guarda caso) nel capanno, che succede? Lo uccide? Scappa? Lo va a denunciare alle autorità competenti?

“Un romanzo insolito e meraviglioso” lo ha definito Margaret Atwood, eh sì insolito quantomeno perché Lou invece di ucciderlo “si fa scopare”, anzi si scopa l’orso, oppure no, ci intrattiene prima una relazione di annusamento, poi si leccano la pelle, i peli, si abbracciano perché si amano, si addormentano persino, accanto, senza dire, due corpi diversi, la pancia piatta di Lou, il ventre prominente di un maschio che quando la penetra la fa godere, sì non si uccidono queste due creature nate diverse e pure attratte l’una dall’altra. Maschi femmine, orso, essere umano femmina. La linearità del nostro giudizio. Il caos selvaggio che non regolamenta il nostro vivere quotidiano. Sappiamo tutto e non sappiamo niente, in realtà.
Orso di Engel ha la rara qualità dei romanzi di disturbare – quando ho scritto “scopare” però avete sentito, sì, il prurito del proibito, vi è venuta voglia di leggere questa storia, sì? E se non fosse vero? La leggereste lo stesso? -.
“Le leccò i capezzoli fino a farli inturgidire e le sfregò l’ombelico. Con dei piccoli sospiri lasciò che scendesse più giù. Sollevò i fianchi per agevolargli il compito. “Orso, orso” sussurrò stuzzicandogli le orecchie. La lingua era muscolosa (…) Quando venne, cominciò a piangere e l’orso leccò le sue lacrime.”
Quanto siete semplici, firmato Eros.

Amore e morte. Sesso e una società che vuole uccidere l’altro, il diverso, anche se quel “diverso” abita i luoghi a differenza nostra, che (ormai questione di pochi decenni) siamo stanziali nelle estese comode città di pianura: come ci siamo ridotti? Lumaconi, ma palestrati, esistenze di pianura urbanizzata, livelli di PM10 oltre la soglia, cibo in scatola, aria condizionata d’estate e pompe di calore in inverno, stiamo bruciando l’aria, noi che siamo creature aerobiche.
Il mercato trionfa. I nomi sono sempre gli stessi. Invece Orso ha la qualità dei buoni romanzi di farci varcare la linea, il confine, qualsiasi esso sia. E non per l’impudicizia ma perché ci dice qualcosa di essenziale, che è l’incontro con l’altro, che gli esseri umani risolvono a droni, bombe e fucili. Strane creature, siamo. Fino a che: “Si guardò nella specchiera del Colonnello. Aveva qualcosa di selvatico negli occhi e nei capelli. Aveva la pelle abbronzata, il corpo era diverso e aveva un viso che non aveva mai visto prima. La sua immagine la spaventò.”
What if. Come andrebbe la storia se i nostri corpi non fossero costipati, costretti, ma incontrassimo di nuovo il selvatico, l’odore ferino, la parte selvaggia di noi? Lou ovviamente all’inizio il suo orso lo tiene al guinzaglio, ma poi, le stelle brillano sopra l’aria dei gas di scarico.

Gli eschimesi credono che l’anima di un orso polare ferito resti per tre giorni vicino al luogo dove si è staccata dal corpo. 
Per i lapponi, l’orso è il re degli animali. I cacciatori che lo uccidono devono passare tre giorni in isolamento, altrimenti sono ritenuti impuri.