(C) Roberto degli Uomini
PUNTATA UNICA SPECIALE.
Scrivo adesso che è ancora in circolo. Il freddo e la magia. Il fantasma dei boschi è tornato a casa. Karlo, una lince maschio di quasi 2 anni, al secondo tentativo di rilascio allo stato della natura. Il selvatico.
Scrivo adesso prima che vadano via le emozioni e prenda il sopravvento il mestiere di scrivere. E invece.
Ieri quando sono arrivato a Tarvisio, ultima uscita dall’Italia, prima del confine austriaco, Alpi Giulie, terra di confine sotto i faggi e gli abeti rossi.
Quando incontro Paolo Molinari, responsabile del Progetto Lince Italia gestito insieme ai Carabinieri Forestali – a livello europeo invece l’ente che si occupa delle linci è Life Lynx – mi battezza subito “cappuccio rosso”, la mia giacca preferita, il cappuccio tirato su, contro il vento che viene dalla Slovenia e che l’indomani porterà le temperature sotto zero, la neve di primo mattino.
Odore di boschi e legna già dal pomeriggio. Quando incontri i friulani, gente di terra, meravigliosa, al terzo “taglio” (così chiamano i giri di vino o birra, da queste parti) hai scavalcato tutti i confini che servono.
Oltre c’è solo l’uomo e il suo lavoro, Paolo e le sue mani capaci che domani, insieme al Reparto Carabinieri Biodiversità e al Corpo Regionale Forestale, che porteranno Karlo dalla Val Riofreddo in un luogo – che non dirò, e che deve rimanere segreto perché il bosco è “sacro”, e la lince uno dei suoi numi tutelari – in direzione dei laghi di Fusine, due passi dalla Slovenia.
Al terzo giro con Paolo parliamo delle 5 linci dell’area: Sofia, Margy, Jago, Talía e da oggi Karlo. Due maschi e tre femmine che, se il progetto va in porto, potrebbero riportare le linci a un numero che renda onore a questo felino, quasi estinto. Il lavoro di Life Lynx, del Reparto dei Carabinieri sotto il comando del Comandante Cristiano Manni, maremmano doc.
Una squadra di oltre 15 persone, tutte al freddo, tra le nevi, consideravo stamattina quando con il trattore abbiamo portato Karlo da una valle all’altra, fotografi, due studentesse di Scienze Forestali. Chi mi conosce sa che non cito a caso. E qui se c’è una cosa da citare è il senso di squadra, di un team di lavoro basato su competenze, sì, ma soprattutto sulla passione.
La foresta di Tarvisio, con i suoi monti a denti di drago, vette crespe sotto cui le luminarie accese, la nebbia e il freddo secco, i ristoranti caldi, tavoli di legno, boccali di weizen bier, dopo le chiacchiere con Paolo Molinari (nei prossimi giorni seguirà un articolo di dettaglio più composto su La Stampa, prometto, ma qui su questo spazio mi si conceda ancora di credere al maraviglioso) il mondo mi è parso più reale; è dall’anno scorso, raccontavo a cena, che mi gira in testa la lince, il simbolo, la ferocia e il balzo.
Per questo parti e arrivi. Per questo esplori il mondo. Finché sarà possibile, in questo mestiere – lo scrivere – che sta attraversando una delle crisi più nere di sempre (e chissà che la prossima specie a rischio estinzione sia proprio quella del reporter, per cui fare questi viaggi sarà sempre più difficile).
Ma la sera non è fatta per i dubbi, il rientro scricchiola sotto le suole in vibram. Stamattina le campane della piazza centrale (campeggiano ovunque le immagini della prossima festa dei Krampus, il 5 dicembre saranno fuochi nella notte ndr) hanno suonato alle 7, la neve ha imbiancato le strade, il silenzio ha sospeso per un breve istante la vita sotto il cielo bigio e bianco.
Poi il sole.
Dalla cittadina in risalita fino ai 1.000 metri, circa, sotto le nevi che si fondono. Il caldo è arrivato persino qua. Lo sanno i Forestali, lo sappiamo noi che seguiamo il Colonnello Carlo Minniti, veterinario dei Carabinieri che poi farà le rilevazioni biometriche e i prelievi a Karlo, insieme a Stefano Pesaro e l’assistente Alice Baggio, veterinari dell’Università di Udine.
La bellezza di vedere all’opera l’umano che presta soccorso alla natura e non la deturpa. Mentre intorno scorrono i fiumi ghiacciati, un trattore ci fa attraversare il guado con la pala meccanica.
Poco oltre il recinto dentro il quale Karlo ha passato gli ultimi mesi (un primo rilascio era stato tentato, senza successo, la scorsa primavera) ma adesso il ragazzo sta bene: pesa 19 kg, il cuore pulsa 113/90 battiti al minuto, sistemato sul suo giaciglio improvvisato, le cure somministrate in tempi brevi, per favorirne il risveglio.
Io non so se avete mai visto una lince dormire. Vedere il suo pancino muoversi ritmico al sonno. Il manto maculato di Karlo, i ciuffi bianchi, gli stessi colori della vegetazione, gli alberi, un magnifico predatore fatto apposta per mimetizzarsi.
Una lince adulta ha bisogno di un areale di circa 200 km quadrati, per questa ragione Karlo viene rilasciato qui, per non incappare in Flori, un maschio immigrato dalla Slovenia e stabilitosi nella Foresta di Tarvisio: due maschi nello stesso territorio lo sappiamo come potrebbe finire. I maschi, d’ogni specie, che sempre si sfidano.
Nel silenzio più assoluto – passare sulla terra leggeri, diminuire la nostra impronta ecologica sulla Terra, rispettare le altre forme di vita, tutto questo ci insegnano le linci – Karlo piano piano si sta risvegliando. Bussa da dentro la cassa di legno, vuole uscire. Un toro pronto allo scalcio, rumina zampe, odore di libertà. Quando siamo pronte e pronti, Paolo apre la cassa ed è così che Karlo… fa quattro salti, quattro, cinque secondi al massimo, e scompare nel folto.
Senza dire una parola ce ne andiamo sorridenti. Ciascuno per la sua strada, coscienti che prima o poi tutti ci si reincontra sotto le montagne e i cieli.
Il rientro a casa è solo un arrivederci alle foreste del Tarvisiano, il Progetto Lince Italia e tutte le persone che rendono possibile che un animale così bello, e rappresentativo, abbia ancora una possibilità di sopravvivenza. Salvaguardare e proteggere, sono due armi potenti. Come i balzi della lince. Karlo, che ora a quest’ora chissà cosa starà guardando, le stelle dalla neve e il brillio iridescente tra gli alberi, pensieri come fantasmi dei boschi.