Non ho ancora capito di aver visto quella che probabilmente è una delle reliquie più importanti del mondo. Per andare al Santo Sepolcro ci svegliamo presto. Colazione leggere e poi sul van.
Oggi affrontiamo la salita alla città dorata, Gerusalemme, entro le cui mura – un quadrato da poco più di 1km per lato – contiene al suo interno la Sindone, il Sepolcro di Cristo, il Golgota, il monte degli Ulivi (dove andremo domani).
Passi sulle strade lastricate da pietre millenarie e ti rendi conto di avere davanti a te la Bibbia. E Gerusalemme una città, che è un libro a cielo aperto.
Sarà qui che ci raduneremo tutti il giorno del giudizio, l’Armageddon.
Dopo la Porta di Jaffa – superato il mercato al risveglio, a quest’ora del mattino – si entra nel quadrilatero, a Nord-Ovest il quartiere cristiano, a Nord-Est il quartiere più grande quello musulmano, a Sud-Est l’ebraico e, infine, il più piccolo quello armeno.
Tante chiese, molte religioni, più popoli che condividono la città santa: ebrei, siriani, copti, greci ortodossi, armeni, etiopi.
La stessa chiave del Santo Sepolcro dei cristiani è tenuta da una famiglia… musulmana (!) da 600 anni, passa di generazione in generazione, con un rito che possiamo soltanto immaginare.
Il Golgota è una scala dalle pietre consunte, porta alle stazioni della crocifissione, dentro una teca viene conservata la spaccatura che, si dice, un tuono percosse la Terra alla morte del figlio di Dio.
Dentro la chiesa, invece, l’ingresso al Sepolcro si fa attraverso una porta-cunicolo, dove si dice si misero le donne a pregare, nella seconda cripta si svela illuminato da ceri.
Ciò che stupisce usciti dal buio è la luce che invade le mura erette da Re Salomone (ovvero Shlomo, in ebraico, da cui la parola per il saluto “Shalom”). La città risplende al sole di gennaio, sarebbe preoccupante se non fosse magnifico riscaldarsi al sole con l’odore di spezie di questa parte di mondo, il medioriente si insinua sotto gli occhi, con le sue magnificenze, e sotto la pelle attraverso i profumi piccanti nell’aria pulita.
Il Monte degli Ulivi è lì davanti passando sulle passerelle dove venne combattuta la battaglia dei 6 giorni, tra le altre. Molti ebrei vogliono essere sepolti qui perché il giorno finale saranno i primi ad arrivare al Giudizio.
Lo stesso al quale si sottopongono coloro i quali vanno a pregare sotto il muro del pianto.
La fronte attaccata, le mani che accarezzano le pietre antiche, pregano, sotto il sole cocente, le pietre bianche che abbagliano, lo stesso la loro fede è più forte.
Le mura proseguono internamente, grazie a un percorso aperto da appena 2 anni si possono visitare e vedere così i tre livelli di sedimentazione, dall’epoca romana a quella più recente.
Infine, una visita al Ramat Rachel, un kibbutz comunale fondato sul principio “essere ricchi – di spirito e di tempo – senza i soldi (grazie a una cassa comune), che gestisce un prestigioso hotel proprio sopra le colline del centro di Gerusalemme.
Tra poco, fuochi d’artificio sopra la città prima della fine della sera e poi la cena. Domani si parte per il Mar Morto.