Underland di Robert Macfarlane

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«L’ingresso a Underland, al mondo di sotto, è il tronco spaccato di un vecchio frassino. Ondata di caldo di fine estate, aria pesante. Api che vagano pigre sulle gramigne. Oro delle spighe da mietere, verde del fieno appena falciato, nero delle cornacchie sui campi di stoppie. Più in basso, da qualche parte, brucia invisibile un fuoco», inizia così Underland-Un viaggio nel tempo profondo (Einaudi, 2020, € 22, trad.it. Duccio Sacchi) di Robert Macfarlane, che scrive della relazione fra paesaggio e animo umano da 15 anni.
Macfarlane, classe ’76, nato a Oxford, scrittore, critico letterario, docente all’Emmanuel College di Cambridge, autore del docu-film Mountain (qui il trailer) ci accompagna in una speleologia della realtà, il “tempo profondo” del mondo, l’underland appunto, alla ricerca di una vita sotterranea che non avevamo previsto né preventivato; eravamo abituati a dare per scontata la superficie del mondo abitata, anche, da spore e virus: loro invece se ne sono accorti.
Underland è una discesa archeologica nel futuro: nei prossimi anni emergerà quel che abbiamo interrato, a strati, in passato e si riverserà nella nostra società liquida. Balene nuotano, sotto di noi il mar Glaciale Artico.
Per Macfarlane sono le soglie che collegano il mondo imo con il nostro sopra: inghiottitoi, sorgenti, crepacci, gole; underland sono i Passages di Walter Benjamin, il mite paesaggio collinare dell’antica Grecia raccontato da Pausania; le camere segrete – wunderkammer – le catacombe; più giù ancora, la faglia che lega l’Europa del Nord a 6.000 anni fa, a un’isola nel Mediterraneo, il Minotauro che ci attende nel labirinto siamo noi; 600 anni dopo una giovinetta posa per un ritratto, quando morirà la sua salma verrà mummificata, ritrovata centinaia di anni più tardi sotto cumuli di sabbia su di un altopiano dell’Africa meridionale. Sotto le Mendip Hills a sud di Bristol tracce d’inumazioni, 6.500 tonnellate di scorie radioattive interrate a 4.500 metri di profondità nell’Onkalo in Finlandia (per un approfondimento, qui).
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L’underland è tutto ciò che è interrato, sepolto, è il legame che unisce presente a passato, futuro e non-tempo; un luogo sperduto e mistico, nascosto da qualche parte – basterebbe solo uscire lì fuori, prendere un’imbragatura, scendere nelle profondità della Terra – rocce e magma di cui parla “l’Iliade finlandese”: il Kalevala; tane di tasso, le case sorgono sopra falde dolomitiche, ma perché: «casa vostra dove sorge se non sopra il mondo di ieri?», sembra dire l’autore: «Essere umani significa soprattutto seppellire», tutto è collegato e giace negli spazi indecisi delle città: gallerie adatte per l’URBEX-urban exploration, cisterne svuotate a Instanbul, siti ad alta sorveglianza in Russia, il calcare luteziano su cui sorge l’Île-de-France risale all’Eocene (56-34 milioni di anni fa).
Abitiamo un mondo affiorato, il passato pronto a riemergere: «fiumi fantasma» a Londra, l’abisso di Trebiciano sotto Trieste, il Timavo sul Carso, la rete micorrizia delle ife (funghi) che connettono gli alberi della foresta, il sistema cooperativo con cui si parlano, la loro intelligenza collaborativa: il wood wide web, la “saggezza del bosco”.
Dopo il Neolitico, l’Età del bronzo e quella del ferro, il Carbonifero e l’Olocene, l’uomo è entrato nell’Antropocene (definizione che si deve al Nobel, Paul Crutzen, per l’Anthropocene Working Group la data di inizio è il 1950, gli albori dell’era nucleare ndr): «un’epoca di cambiamenti planetari giganteschi e spesso terrificanti», che però: «ci invita a intraprendere una “paleontologia del presente” in cui noi stessi siamo diventati sedimenti, strati geologici, fantasmi», scrive Macfarlane.
Se il surriscaldamento globale continuerà, come mostrano i mulini glaciali: «niente più neve, niente più ghiaccio, niente più caccia, niente più cani», si avvererà l’ipotesi di un futuro unweder il rischio della fine della razza umana, l’estinzione dovrebbe farci provare almeno un po’ di ilira, parola inuit per timore, e paura. A nessuno piace parlare delle catastrofi. Ma saremo in grado di fermarci o, finito il Covid-19, torneremo a riversare plastica in mare, interrare piombo-207? Insomma, “Ci stiamo comportando da buoni antenati…?”.
Senza dubbio una visione escatologica, l’autore però assicura esiste una speranza in 3 fasi: 1) Proteggere ricordi, messaggi, esistenza fragili; 2) Produrre informazioni, ricchezza, metafore, visioni; 3) Eliminare scorie, traumi, segreti.
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Robert Macfarlane (C) Alex Turner

Il tempo profondo è il lungo termine della vita sulla Terra, che non si misura in anni umani ma in ere e materia oscura: «Soltanto il 5% della massa dell’universo è costituito dalla materia che possiamo toccare», e: «ogni secondo 100 trilioni di neutrini attraversano i nostri corpi, che innumerevoli particelle [fantasma] ci trapassano il cervello e il cuore»; per le WIMP-Weakly Interacting Massive Particle (particelle di grande massa debolmente interagenti) della materia barionica: «Tutta la vita è ugualmente insignificante di fronte alla rovina finale».
Robert Macfarlane suggerisce dovremmo vivere mutualisticamente di conseguenza perché se “La parola per mondo è foresta”, anche se non la vediamo, ciò che ci connette al resto del pianeta è nell’underland, la rete sotto di noi.