In questo inizio di novembre, notti elettriche e cambiamenti veloci. Un altro giro di viti del mondo.
La pandemia sta conoscendo la seconda ondata, e forse il lancio del primo vaccino che dovrebbe essere pronto per metà 2021.
Il primato delle città sembra crollare e, chissà, forse il futuro vedrà uno spopolamento di ritorno dalle metropoli alle campagne.
Il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, eletto pochi giorni fa nel suo discorso alla nazione ha già dichiarato tra le priorità del nuovo governo il climate change.
Nell’Italia alle prese con il lockdown-2, si usano troppo spesso termini belligeranti: “guerra”, “coprifuoco”, “trincea” per descrivere il virus: per alcuni, piuttosto, siamo noi che abbiamo intasato gli spazi urbani di smog, infranto l’equilibrio delle foreste, innalzato le temperature così tanto da causare lo scioglimento dei ghiacciai.
Mentre è di qualche settimana fa la notizia che il Giappone azzererà le emissioni di Co2 entro il 2050, anche Israele è in fase di pre-lancio del suo “pacchetto verde” che prevede l’inizio di una vera e propria rivoluzione green attraverso alcuni asset – in applicazione dei goal richiesti dagli accordi di Parigi – tra i quali l’utilizzo massivo delle rinnovabili, un ruolo sempre più di “ponte energetico” con l’Europa.
Attraverso una call internazionale – alla quale hanno partecipato giornalisti da ogni parte del mondo: dal Messico all’India, dal Canada all’Italia – Mr. Udi Adiri, Direttore Generale del Ministero dell’Energia dello Stato di Israele, ha annunciato pochi giorni fa un piano piuttosto impegnativo e a tappa decennale che dovrebbe portare il governo a un’economia a impatto minimo già entro il 2030.
L’impatto delle rinnovabili prevede un’inversione nell’utilizzo di combustibile, entro 10 anni l’abbandono totale delle fossili, e la riconversione energetica a partire dal fotovoltaico, tecnologia in cui lo Stato di Israele è piuttosto competitiva a livello internazionale.
Questo dovrebbe portare effetti positivi già entro 5 anni.
Inoltre, a livello geo-politico Israele si propone come “ponte energetico” tra Medio Oriente e area Mediterraneo, di fatto potendo basarsi su una rete di gasdotti già esistenti, per mezzo di tecnologie sempre più affinate, il Ministero dell’Energia ha definito una strategia di sviluppo piuttosto complessa, e allo stesso tempo interessante. In quest’area gravitano in effetti molti interessi come sappiamo, che torneranno sullo scacchiere mondiale a breve, appena la pandemia accennerà a scomparire.
Inoltre, e questo appare sempre più evidente, a livello globale si stanno muovendo molte pedine.
La neo-elezione di Biden alla testa degli Usa, la ancora non confermata malattia di Putin, la Turchia di Erdogan sempre più isolata; dall’altro lato, la presenza dell’East Mediterrean Gas Forum (prima discussione avvenuta nel gennaio del 2019 al Cairo) vede molte delle potenze dell’area coinvolte in uno sforzo comune.
Ci sarà da capire quali saranno gli spazi comuni coinvolti nei conflitti e quelli liberi invece da guerre religiose, e geo-politiche.
Al momento resta l’impressione che il mondo si stia muovendo verso una direzione più verde che, di solito, è il colore della speranza, e di questi tempi non è poco.
Per l’utilizzo delle slide, si ringrazia Ambasciata d’Israele in Italia, qui il sito.