Ciò che preoccupa alcuni di noi è la ridefinizione del concetto di libertà.
Come inquadreremo la società una volta usciti di qui?
La rinuncia che stiamo esercitando e il mondo che verrà.
La perdita dello spazio raggiunto come si incastrerà nelle regole di ingaggio civile.
Per ora, dobbiamo resistere, si dice e lo stiamo facendo. Chiusi dentro casa. Costretti in monadi. Nella migliore delle ipotesi in piccoli nuclei familiari, nei quali si è già introdotto il germe, parola d’ordine “non ammalarsi” – tra padre e figli, mogli e mariti – la peste se arriva spazza chiunque. Solo che non c’è abbraccio per superare la notte. Non aspetti le bombe stringendoti. Piuttosto, guardi con sospetto l’altro. Una lotta tra fratelli.
Non c’è pietās se contrai il morbo da together We can alla razzia degli affetti: Tutto incominciò dall’isolamento.
L’allontanamento coatto, da cui molti non sono più tornati, rimasti al fondo del tunnel, i corridoi degli ospedali, il lucore dell’assenza racchiuso sotto i neon.
Un amico pochi giorni fa mi ha detto: “Un giorno ci dovremo vergognare, si dovranno vergognare, per come abbiamo abbandonato Bergamo”.
Abbiamo. Hanno. Chi?
Fino a che abbiamo visto che i numeri rallentavano, e allora abbiamo pianto.
Pure, che mondo vedremo quando saremo fuori, di nuovo popolo emerso?
Weltaanschaung, quale “visione del mondo”, come la chiamano i tedeschi, nuovo nemico da odiare ai tempi dello sgretolamento delle Unioni, per buona pace dei padri fondatori, brodo di giuggiole per i nazionalisti d’ogni dove.
Quando – quando? – riapriranno bar, ristoranti, librerie, cinema, persino i tanto criticati nonluoghi, i centri commerciali dove anche io, a volte, andavo per vedere film blockbuster su poltrone maxi comode e pop corn big size, avremo abdicato a tutto ciò che finora ci ha accompagnato sin qui.
Il mondo com’era non andava certo bene, non era “il migliore dei mondi possibili”.
MA.
Ora siamo tutti spaventati, tranne gli svedesi.
E il punto è esattamente qui.
Il governo degli uomini.
Con slancio e abnegazione, la paura è un generatore: stiamo accettando la più grande reclusione forzata mai sperimentata – non in senso complottista ma di esperienza – su larga scala, la falcidia delle libertà occidentali, la base che ha costituito per decenni lo sviluppo, il progredire della nostra società fallimentare, pure a cosa stiamo rinunciando? Siamo solo buoni esecutori, o forse il rischio è l’acquiescenza, la scomoda sottomissione.
Qualcuno si sta preoccupando di fare un riassunto a chi era distratto sul concetto di libertà, le sue evoluzioni nella Storia?
Se dovessi chiedermi, Cos’è la libertà oggi? E tu, come pensatore libero, cosa risponderesti?
Sdoganate le telecamere, la geo-localizzazione, ora il controllo dei dati sulla salute. E poi?
Non è una risposta. Solo una domanda. Etica nemmeno nicomachea. Quanto contemporaneità. Ciò che ci aspetta.
Il mondo fuori non sarà più lo stesso, dicono gli scienziati, e noi allora come ci stiamo preparando? Saremo coscienti?
Adesso, si direbbe, in molti spersi a fare refresh sulle pagine, l’enorme traffico di dati gestito dai server – esiste un pericolo di black-out elettrico? – una società finalmente sempre più connessa, come volevano i giganti tecnologici. Niente più nel reale.
Il mondo un simulatore (come i piloti della Bmw che si allenano per il tempo dei gran premi che sarà).
Sappiamo che possiamo muoverci per fare la spesa, il consumo, in farmacia, la cura dei corpi. Ma la tenuta della mente?
Per lo spirito, l’immagine di un Papa che sfida da solo la notte e la pioggia scrosciante, l’errore è stato quello di pensare “di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Il pianeta si è ribellato. Un morbo che attacca il respiro. L’uomo che ha aggredito i polmoni verdi del pianeta. Schiacciato il petto del titano, eroso le sue risorse. Non tutto il male viene per nuocere, il mondo in fiamme tira fiato, l’inquinamento è ai minimi storici. Servirebbe una conversione verde se il mondo torna in salute, se vivremo in spazi salubri, staremo meglio anche noi. Ma ci saranno soldi per finanziarle la rivoluzione green?
Il mondo non impara.
Cosa raccontano le immagini più recenti del mondo fino a ieri.
Il discorso di Martin Luther King – “I have a dream” – prima di essere assassinato.
Quello di RFK pochi giorni dopo, fratello di JFK, i Kennedy entrambi uccisi per quella prospettiva di “futuro” che rappresentavano.
La disobbedienza civile di Henry D. Thoreau.
In questi giorni, in cui molti hanno da dire, ricette per il futuro, certezze, per spiegare come siamo finiti nel contagio (o piuttosto siamo del contagio?) parole parole e ancora parole, come cantava Mina. Comprese queste.
Prima di avallare la perdita di un mondo già scomparso.
Prima di rimanere senza forze davanti alla tempesta.
Mentre si sgretola la torre, le future generazioni conoscono la solitudine: i bambini senza scuola, ognuno a casa sua, senza confronto con i maestri – i luoghi di aggregazione ridotti a propagazione e virus – stiamo traducendo lo stare insieme nel suo opposto, per come lo abbiamo conosciuto. Dopo anni di no future. Fantascienza apocalittica. Ora è il turno del futuro home made.
Il risultato dell’equazione è quasi compiuta.
INSIEME=MALE.
Con il benestare di tutti i movimenti della Storia che hanno potuto produrre effetti grazie alla forza dei popoli: la rivoluzione francese, l’abolizione della schiavitù, certo anche il consumismo, la mass-democracy, la dittatura della tecnologia.
L’importanza del significato delle parole sta mutando.
Stare insieme I have a dream battaglia per l’uguaglianza.
Stare insieme a scuola, da che parte schierarsi, il bullismo, il senso di giustizia sociale.
Stare insieme contro un governo avverso, stupido, che obblighi i cittadini alla delazione e il controllo reciproco, il nazifascismo, la Stasi.
Stare insieme.
Cosa significa, ora? Ne stiamo già modificando il senso in favore di una subdola, strisciante, cultura del sospetto: devo stare lontano dagli altri per sopravvivere, non ammalarmi.
Come ci sentiremo quando cammineremo per strada a metri di distanza? Sarà così per mesi, con le mascherine. Più aumenteranno le regole però più aumenteranno le autorità preposte, ed è lì che tutto si burocratizza e il castello si edifica, Kafka.
Se esiste ancora un oggi, come vi sarà un domani.
Stare insieme parte dallo spazio del singolo. Il metro cubo che vogliamo occupare, limite di questo residuo che chiamiamo, presente.
Dovremo imparare un nuovo vocabolario. Iniziare a ragionare su che cosa vogliamo significhi, ancora, libertà.