lost and found: un gruppo di giovani ci fa ri-trovare la città “perduta”

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Un programma-manifesto che inizia domani, domenica 5 maggio, prevede un workshop di due giorni, 24 e 25 maggio, e riscopre una delle meraviglie dimenticate del centro Italia, il Bosco di Bomarzo di cui si innamorò Dalì. 
Obiettivo della manifestazione, che si svolgerà a Viterbo: ritrovare gli spazi "perduti" della città, i lost spaces, gli spazi abbandonati del territorio che possono essere riconvertiti a nuova funzione. Una sfida importante per il futuro dello spazio urbano che coinvolge: associazioni, Amministrazioni, urbanisti, architetti, designer, ma soprattutto chi "vive" la città e la usa: i cittadini, ovvero tutti noi…
Concept e organizzazione: Avangarden e Lost&Found, due giovanissimi progetti costituiti da un gruppo di ragazzi (tutti Millennials – nati dopo l'Ottanta – secondo la definizione di David Burstein). Progetti interessanti perché raccontano il nuovo modo di lavorare, fondato su pochi chiari concetti: essere gruppo, fare rete. Alla base di tutto: contaminazione, condivisione, passione obiettivi.

Un'intervista al collettivo:
Lo spazio abbandonato, il reperto, il
"restauro" di un luogo che è sua riscoperta, nel rispetto
dell'originale, che è anche rigenerazione. Il percorso di L&F si inserisce in quale filone
storico-artistico? Quali sono le basi empiriche del pensiero che ha scaturito
la nascita di Avangarden e L&F (insomma perché servite al vostro
territorio)?
«Avangarden nasce anni fa, da considerazioni sul territorio a
vario livello, dalla volontà di interagire con esso. Nasce anche da una presenza ovvia, marcata, peculiare: i
giardini di arte contemporanea, le esperienze di arte ambientale che abitano
questo pezzo di Italia centrale. Sono tanti, diversi, concentrati tutti in una
striscia di territorio, attratti dalle colline, dal paesaggio e dal “magnete” Bomarzo.
Un dato comune consiste nel fatto che siano un tratto
caratterizzante del territorio eppure assolutamente sommerso, distante dai
circuiti del quotidiano, dalle dinamiche locali.
L’idea
che ci muove è quella di fare rete, di svelare queste realtà: formalizzare
quindi l’esistenza di qualcosa che già esiste nel nostro tessuto
culturale.
Concetti chiave: rete, nascosto, sommerso, fuori dai circuiti
di fruizione quotidiana.
L’incontro tra Avangarden e l’idea di Lost and Found avviene quando
due storiche dell’arte e un’urbanista si incontrano e iniziano a parlare di
libri, di arte ambientale, di tesi su aeroporti e pianificazione urbana a
Viterbo e si accorgono di parlare delle stesse cose da punti di vista diversi:
lo spazio urbano, la dimensione territoriale, le sue peculiarità, le
potenzialità sommerse, nascoste, da ri-trovare.
La città e il paesaggio.
Tutto è paesaggio.
Lo spazio dell’abbandono è paesaggio.
Quindi l’abbandono va riconosciuto.
Lost and Found rappresenta nella nostra
visione la città, lo spazio urbano, e in particolare i suoi vuoti, gli
interstizi. Gli spazi persi/lost spaces, sono
spazi obsolescenti e abbandonati, esito di trasformazioni o dismissioni, che si
configurano come vuoti urbani, aree residuali, la cui identità e funzione
appare incerta. Sono spazi precari, ma anche grandi serbatoi di potenzialità
per la città e i cittadini.
In attesa
di quel cambiamento che restituisca loro una nuova identità, è necessario
innanzitutto ritrovarli.
Concetti chiave
ulteriori: aree residuali, spazi abbandonati.»

Un gruppo di giovani e una scelta di intervento
sul territorio. L&F: come un mini-gruppo di "millennials" (nati
dopo  l'80) può fare di una professionalità il proprio mestiere?Inoltre, cosa succede se, in un territorio, si
"attivano" progetti – collettivi e non – detto altresì, quale è il vostro modello di sviluppo
(alleanze di progetto)?

«A nostro avviso questo progetto non riguarda la sfera delle
professionalità e dei mestieri, anche se ognuno di noi riesci a metterci il
meglio del proprio sapere e delle proprie esperienze. Il dato comune è la
passione e la volontà ad agire.
Il nostro modello di sviluppo è cloud, interdisciplinare, non strutturato secondo le modalità della
professionalità e del mestiere: Lost and Found è un gruppo di visioni e
competenze diverse, provenienze diverse che fanno rete tra loro. La pratica
operativa è quella del brainstorming, riunioni, lavoro di gruppo, il costante lavoro su un flusso
di idee che, dopo essersi contaminate tra loro, diventano qualcos’altro.
Il processo di costruzione della nostra identità come gruppo,
delle iniziative che proponiamo è avvenuto tutto in questo modo.
Il progetto è molto giovane, parliamo di meno di un anno di
lavoro come gruppo Lost and Found, di tre anni come Avangarden, per cui
valutare la risposta del territorio non è semplice. Possiamo dire di esserci
trovati di fronte a una reazione mai univoca, che spazia dalla soddisfazione di
un’aspettativa, alla condivisione, fino alla rigidità e all’incomprensione.
L'importanza di ciò che mette in moto un progetto come questo
risiede all’inizio soprattutto nel mettere in circolo competenze ed energie,
che creano uno spazio adatto alla formazione e alla trasformazione delle idee,
alla loro messa in rete.»
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La grafica è anche design, nel senso di
concezione di un processo (oltre che di prodotto). Nella società
tecno-informatica, la comunicazione passa anche attraverso il design dei
sistemi, i social network
su tutti. Come descriveresti L&F da un punto di vista di "design
sistemico"? Ovvero, disegna la rete ideale (e la Rete) all'interno della
quale vi muovete. Inoltre, la vostra comunicazione con 3 parole.
«Il prodotto grafico di Lost and Found è strettamente legato
al processo che l’ha prodotto. Abbiamo cercato di rendere grafica, disegnata,
la sintesi concettuale delle nostre idee. L’occhio nasce così: la sclera è un
tessuto urbano, l’iride è un diaframma fotografico. L’unione dei due elementi
suggerisce l’obiettivo che ci prefiggiamo: guardare con un nuovo sguardo ciò
che quotidianamente sfugge all’osservazione del passaggio. Crediamo che bastino
nuovi occhi, occhi educati e sensibilizzati, per scorgere le potenzialità del
territorio.
Il nostro progetto è fortemente locale, nasce e si sviluppa a
Viterbo, ma attraverso l’utilizzo dei social è riuscito ad assumere un
carattere decisamente più reticolare. La comunicazione si è basata inizialmente
sulla diffusione del progetto su diverse piattaforme online (siamo presenti
come Lost and Found e come Avangarden sulla maggior parte dei social network),
poi abbiamo sviluppato una diffusione più ancorata a livello locale attraverso
materiale cartaceo. Su ogni mezzo usato abbiamo tarato un livello di
comunicazione specifico, di tono diverso.
La nostra presenza online ci ha permesso di iniziare a
tessere una rete di relazioni con altre realtà associative che si occupano
dello stesso tema, italiane ed estere.
La cura grafica, la creazione di un format, nei contenuti e
nella forma, crea secondo noi un sistema esportabile, un progetto declinato in
tutti i suoi aspetti.
Tutto
ciò, amplificato dalla comunicazione social, potrebbe far sganciare tale format
dal territorio e creare un sistema esportabile. Tale idea è stata rafforzata
dai numerosi contatti italiani ed esteri che abbiamo avuto negli ultimi mesi.»
Flyer WS
Il senso della città, intesa come
"organismo" si esprime nel rapporto "rete e cittadini". I
buchi, le aporie urbane raccontano un passato, un uso del territorio, e una sua
vocazione (industriale, abitativa, servizi). In che modo L&F ri-attiva quel
pezzo di territorio, attraverso quali azioni – nella contemporaneità – si può
rigenerare un'area? Modelli (internazionali) di riferimento?
«Le aporie
del tessuto urbano sono i punti lasciati bianchi nelle mappe, spazi vuoti nella
funzione e nella vocazione. Sono però, al contempo, anche grandi opportunità in
attesa di essere colte; per coglierle, è innanzitutto necessario che i
cittadini e le istituzioni prendano coscienza della presenza di questi spazi e
inizino a riflettere sul loro possibile uso futuro. Dobbiamo iniziare a
percepire questi spazi in maniera nuova e propositiva; mi viene in mente il
principio della coppa di Rubin (v. illusione ottica), nel quale la figura bianca di un calice è percepita come lo
sfondo su cui si attestano due silhouette nere in primo piano: il nero e il
bianco sono complementari, senza l’uno non ci sarebbe l’altro. Come nel
rapporto pieno/vuoto, strutturato/abbandonato. Gli spazi persi esistono in
relazione al contesto in cui si collocano; cogliere l’opportunità che
rappresentano significa ascoltare la vocazione dello spazio, ipotizzare usi
futuri in sintonia con le necessità dei cittadini.
In Europa
il tema degli interstizi e dell’abbandono è battuto ormai da parecchio tempo,
in Italia l’approccio è invece molto più recente. Le pratiche di
riappropriazione di spazi vuoti dimenticati (e soprattutto del loro
riconoscimento da parte delle istituzioni locali) sono ormai consolidate, in
Olanda, Belgio, Germania (Berlino in primis).
Con il workshop
Lost and Found proponiamo di scoprire gli spazi persi della città di Viterbo e
di sensibilizzare i cittadini al riconoscimento e alla riscoperta di piccoli
serbatoi di potenzialità attualmente dimenticati.»

Salvador Dalì al Bosco di Bomarzo