Come ti trasformo un libro in un fumetto, e poi in un film. Esce in questi giorni il film Tamara Drewe tratto dall’omonimo fumetto di Posy Simmonds (edito in Italia dalla raffinata casa editrice nottetempo, Euro 18). Nel Ventunesimo secolo appare sempre più evidente l’intuizione di J.G.Ballard, secondo il quale (cfr. il libro Fine millennio: istruzioni per l’uso) la “narrazione di storie” nel terzo millennio sarebbe passata attraverso media differenti. A ogni passaggio i personaggi sarebbero mutati attraversando, come nello specchio di Alice, i vuoti lasciati aperti dal precedente media. Così, per arrivare a Tamara Drewe occorre passare dal libro Via dalla pazza folla scritto nel 1874 da Thomas Hardy, al fumetto da cui Posy Simmonds ha tratto il suo personaggio. E infine al film, la cui sceneggiatura è basata proprio sulle comic strip, la cosiddetta “striscia a fumetti” (per capirsi, qualcuno ricorderà Yellow Kid o, in Italia, il “Corriere dei piccoli” ndr), che l’illustratrice inglese ha pubblicato qualche anno fa per i giornali inglesi The Sun e Guardian.
La trama: Tamara, ex ragazzina “brutto anatroccolo”, a seguito della morte della madre (nel film, del padre) torna da adulta – e giornalista di successo – nelle verdi terre della sua casa d’infanzia. L’anatroccolo è divenuto un bel cigno, e questo sconvolgerà la noiosa vita Bobo del paesino d’origine. Ma se il film è una piacevole brit-comedy del regista Stephen Frears (autore fra gli altri della versione cinematografica di Alta fedeltà, film tratto dall’omonimo libro-cult di Nick Hornby ndr); il fumetto parla di uomini, e soprattutto donne, alla mercé della vita… Tamara Drewe è l’ennesimo esempio di come la “creatività”, nell’Epoca della conoscenza, passi agevolmente da una forma di scrittura a un’altra. Storie dunque che non si fermano sulla carta, ma riprendono vita (si animano) con il disegno, e infine si rendono immagine attraverso la celluloide. Tra l’altro, devono aver pensato i marketing manager, questo continuo processo di rielaborazione ottimizza l’intero circuito di produzione/distribuzione; in virtù dello sviluppo dell’idea, infatti, il prodotto allunga il suo “ciclo di vita” (dopo aver pubblicato il libro, catturo di nuovo l’attenzione col fumetto, e poi ancora con il film ndr). Sembra proprio che il mercato stia capendo la necessità di seguire la bontà dei “progetti” invece che gli ormai vetero-pop prodotti usa&getta.
Insomma, in attesa dei prossimi film sui supereroi Marvel (primo fra tutti Thor di Kenneth Branagh; e poi Capitan America, I Vendicatori) e DC Comics (Lanterna Verde, Aquaman e, dopo lo strepitoso “Cavaliere Oscuro”, Batman 3) Tamara Drewe è una punta di rosa nel mondo dei comics. Perché, chi l’ha detto che i fumetti sono solo roba da maschi?