(a sinistra l'attrice Valentina Lodovini – Vera nel corto, a destra l'EN)
Segnalo un corto fantascientifico, da poco presentato a Trieste durante il "Science+Fiction", si chiama Corporate ed è di una giovane regista romana, Valentina Bertuzzi.
Corporate è ambientato in un cyberfuturo dove le persone reagiscono non per istinto ma grazie a un minuscolo apparecchio auricolare, l'Emotional Navigator – l'EN.
Vera, la protagonista del corto, è una manager che sta per scalare le più alte posizioni della sua azienda, compresa quella del suo capo, proprio grazie all'EN che le consiglia – di volta in volta – molte delle qualità utili nel mondo turbo-capitalistico: cinismo, egoismo, mancanza totale di sensibilità e/o pietà per i colleghi temporaneamente più deboli, tutte doti vincenti nel mondo della post-modernità alias "virtual-realità" (per dirla alla critico cinematografico "studiato").
La cyber-società raccontata da Corporate è l'estrema conseguenza di due direttrici: la totale e definitiva perdita di umanità dei rapporti a favore della post-umanità; l'alterazione dei rapporti in chiave "guidata" (illuminante, credo, la scena in cui si sentono gli EN che guidano le persone dentro le loro macchine per la città…come fanno i molto più banali, ma non per questo portabili alle estreme conseguenze futuristiche, navigatori satellitari).
Nell'arco dei 15' del corto, Bertuzzi "inquadra" alcune delle
dinamiche dei nuovi cyber-rapporti. Li metabolizza in presa diretta,
con lo sguardo di Vera – l'attrice Valentina Lodovini
-. Li distrugge, li sgretola via (la scena della madre di Vera che, per consolarla, usa anche lei l'EN, ennesimo tradimento di una società che tradisce se stessi prima ancora che gli altri; o l'altra scena in cui il suo capo, quando Vera lo attacca su impulso dell'EN, pronta
per la scalata al successo, indietreggia ed è pronto a farle spazio.
Quando Vera si "ribellerà" all'EN e si fida della sua coscienza, l'head
manager della Corporate – l'attore Luigi Diberti – la allontanerà dall'azienda).
Non è nuova, la scoperta dei pericoli del presente futuribile. Del tecno-controllo (soprattutto nella Google Era). Il corto ricorda il "Johnny Mnemonic" di William Gibson (l'alienazione presente nel libro Guerreros). Debord, situà, e anche un po' Matrix.
La regia usa il digitale, e si vede. Nel futuro teleguidato, la realtà non esiste, al limite esistono le (sue) rappresentazioni.
Le scene nel corto di Bertuzzi sono vuoti bianchi, spazi umani disumanizzati, cursori nel plasma che corrono veloci, ma racchiusi e schermati nel tungsteno, cielo livido e cyber-plasticato. Dove le persone, tutti nessuno escluso, non sono più (sono "non-persone"). Sono immagini, nitide, ma sempre immagini. Senza scampo.