Beck è uno strano miscuglio di hip-hop,
country, blues, indie rock, Bob Dylan e il low-fi (suoni sporchi, strumenti
rubati al rigattiere, un’accozzaglia caotica e deprimente di giocattoli e oggetti
assurdi).
Magro, schivo, timido, Beck Hansen nasce nel
1970 a Los Angeles. Figlio d'arte, cresciuto nella zona in cui si sviluppa il
fenomeno punk, a 18 anni si trasferisce a New York. Nel 1990 torna a L.A. e
pubblica l’Ep A Western Harvest Field By Moonlight e due album, Golden
Feelings e il suo primo successo Stereopathetic Soulmanoure con la
fantastica Mtv Makes Me Want To Smoke Crack, singolo che lo impone
all'attenzione degli ambienti indipendenti. Ma di lì a poco il Fato riserva al
22enne baby-face di Los Angeles il giocattolo Loser, forse il più grande
singolo degli anni ’90, che lo porta immediatamente nell’Olimpo delle (Jesus)
Superstar. Stampata inizialmente su 500 copie su vinile Loser, che apre
l'album Mellow Gold, diviene in qualche modo l’anthem di un’intera
generazione, che trova nel junk Beck il simbolo della propria debolezza (sul
retro-copertina apparirà fotografato dal basso, un informe cocomero con vestiti
troppo grandi e un improbabile colore della pelle – grigio verde – e fantastici
occhiali da pilota di aerei, degni del migliore Barone Rosso)
che canta la sua filastrocca «Soy un perdedor, I'm a loser baby,
so why don't you kill me?». Beck inizia così, con voce nasale e stralunata,
bassi dub e slide guitar distorte, viole, cori caricaturali e note folk (Pay
No Mind), a confondere generi e mistificare ragioni, senza riguardi e false
paure (Mutherf–er é peggio di Marylin Manson…). Ma era solo l’inizio.
Nel 1996, Beck! Odelay crea un album di interscambio, inventando nuovi
insospettati passaggi di codice tra party-music anni ’60-’70 (Sissyneck),
ballad, elettronica e punk in classica (High 5 Rock The Catskills).
L’album accumula, disperde, molti lo connotano come un blob, per altri è
semplicemente il suo miglior disco. Devils Haircut, l'hit che apre il
disco, è un jingle-mantra di bolle di sapone. Novacane, un mix
elettronico dalle note lounge analogiche. Diskobox un mix assurdo che
ironizza, in maniera stupendamente poco seria, sul rap. Derelict è lenta
e paradossale, dai costanti sapori d’India. Ma su tutte, a riassunto e per chi
non avesse capito, la frase in basso a sinistra sul retro-copertina chiosa lo
spirito del folletto definitivamente «Je suis un revolutionaire», senza
aggiungere altro… Con Mutations nel 1998, con molto gusto glam-fetish
Beck consegna alla storia un disco di ballate da saloon (Canceled Check,
O Maria), country-folk (Bottle of Blues, la bellissima e molto
“radiohead+dylan” Cold Brain), iniziando un lento processo di recupero
della tradizione (la dolcissima We Live Again, che già da sola vale
tutto l’album), contaminato con il suo «space age pop» (definizione dello
stesso Beck) e la psichedelia. Nel 1999 produce quindi Midnite Vultures,
un album idealmente più dance à la Prince / Bee Gees (Debra, con
tanto di urletti) e popular (Sexx Laws, Hollywood Freaks che
sembra la track di un telefilm tipicamente americano, sponsorizzato da Eminem).
Con la flipperistica Milk & Honey, lo spirito da bellissima Drag
Queen in Mixed Bizness e la geniale ghost-track finale (extra-time di 10
minuti). Midnite Vultures produrrà uno dei live-tour più colorati e divertenti
della storia del rock, con stupendi siparietti in cui l’artista suona chitarra
e armonica come un vero cowboy elettrico. In Sea Change (2002), ideale
seguito di Mutations, si torna indietro (o irrimediabilmente avanti? Ma poi
indietro da cosa? Tutto è mutevole…ndr) verso un songwriting di stampo
quasi classico (molti riconosceranno Neil Young dietro la poesia amara di The
Golden Age, e Nick Drake in Already Dead) intriso di triste,
struggente malinconia (in It’s All In Your Mind o in Lost Cause),
di epica alla Radiohead (in Lonesome Tears), ispirato probabilmente
dalla fine della relazione con l’attrice Wynona Rider, a cui da tempo era
legato (Guess I’m Doing Fine). Dopo tre anni di silenzio, nel 2005 esce
il primo episodio della “New Beck Saga”: Guero è un album nodale nella
carriera dell’artista, che sembra ora aderire al movimento pre war (à la Devendra
Banhart o Coco Rosie). A meno di un anno di distanza esce il secondo atto, Guerolito
(2006) segue la stessa tracklist di Guero, proponendo però un remix per ogni
brano dell'originale.
Il senso di solarita' che Beck trasmette
attraverso la sua musica è frutto della capacità non comune di rendere
estremamente semplici le cose più difficili, assurdamente simpatica la realtà,
muovendosi su una terra di confine definita da molti curiosità, costruendo
suoni, note, immagini – chi non ricorda il bizzarro mondo del video di
Sexx Laws o Mixed Bizness? Melodie
eccentriche negli arrangiamenti, forme dei testi minimaliste (non a caso una
delle tendenze più “cool” del design, americano e non, moderno). Schizofrenie
solo americane o psicosi ormai globali, con Beck ogni cosa si trasforma in una
versione divertente di se stessa. Una leggerezza che gli ha permesso di
emergere dal limbo underground e approdare alle fauci del mercato più vasto, e
remunerativo, delle Chart. Sui canali di musica più seguiti – Mtv tanto per
citarne uno – chi ricorda la fine degli anni Novanta rammenta i suoi video che
giravano, come isole a vela assurde e colorate, sulle emittenti. Una piccola
magia con luci e colori abbaglianti, riff bizzarri quasi buffi: il lusso
dell’eclettismo declinato in suono.
Beck non usa filtri o, per meglio dire, i filtri di
Beck sono talmente efficaci da non vedersi: amore per la musica, paradosso,
utilizzo intelligente del segreto, modernità e, infine, l’utilizzo di un country rock
selvaggio, innocentemente irriverente. Sono
elementi che rendono unica nel panorama americano e internazionale, nel mondo
del pop come del country (o meglio la sua evoluzione) la figura di Beck, suo
malgrado e non certo per modestia quanto per spontaneità. Interprete di una
California che, dopo benessere e ricchezza mostrati allo stadio evoluto, cerca
ora il riscatto attraverso il ritorno alla naturalità, all’eclettismo, alla
genialità semplice e pura. Ma tutto è ironizzabile… e questo Beck Hansen lo sa
bene.
Non ho ancora ascoltatoThe Information (2006) e Modern Guilt (2008), a breve aggiorno…