Abbiamo toccato le stelle, il libro per ragazzi di Riccardo Gazzaniga

51+dVgctO+L._SX320_BO1,204,203,200_
Un libro sull’uguaglianza e la passione. Da far leggere ai ragazzi, +11 anni, ma non solo.
L’età dell’attraversamento. Quella in cui varchi la soglia dell’infanzia e da lì ti affacci al fiordo dell’esistenza. Riccardo Gazzaniga, genovese, classe 1976, esordisce nella letteratura ragazzi con Abbiamo toccato le stelle (Rizzoli, € 16). Da oggi in libreria.

Sono 20 storie per altrettanti campioni quelle che racconta Gazzaniga, con un linguaggio asciutto, coinvolgente e apparentemente semplice, come occorre quando si scrive libri per ragazzi, cosa piuttosto complessa (ne sanno qualcosa Bianca Pitzorno, Gianni Rodari, Italo Calvino).
Educare è condurre per mano, si capisce già dalla cover di Abbiamo toccato le stelle: un calciatore porta per mano un bambino (alla fine dell’articolo si svela chi sono i due ndr), hanno il colore della pelle diversa, un’età diversa, ma che importa? Forse diversa è anche la vita: l’adulto guarda al suo piccolo amico, quasi a dire l’unica cosa importante è guardare al futuro, a ciò che possiamo ancora fare, del resto educĕre che è anche e soprattutto tirare fuori. Tirare fuori da se stessi, far arrivare al mondo. Tirare fuori la rabbia, la passione, trasformare le idee in scelte, e le capacità in occasioni.
Un’idea che permea tutto il libro, la raccolta, questi mini racconti per altrettante biografie narrate dall’autore che scrive di storie emblematiche, che hanno cambiato la grande Storia o la piccola storia di chi le ha combattute, e con quella scelta ha spostato in avanti, seppur di poco ma come, e in che modo, questo conta, conta l’impegno e la perseveranza. Il carattere.
Riccardo Gazzaniga ci porta a guardare il limite, la frontiera, gli ostacoli che incontriamo nei giorni, ci racconta come uomini e donne li hanno superati. E ci consegna una domanda, cosa c’è oltre quel confine?

E’ un libro sul superamento, questo. Di se stessi, ma anche delle paure e delle convinzioni. Gazzaniga unisce il Tempo del racconto, le varie epoche in cui sono ambientate le storie, smonta, decostruisce la macchina delle convinzioni, dei pregiudizi che via via hanno alimentato il genere umano e ci consegna una carrellata, un “giro d’onore” (come l’autore chiama la parte finale dei ringraziamenti) di alcuni degli atleti che, a suo giudizio, meritano essere ricordati per ciò che hanno realizzato nello sport, ma ancora e sopra tutto nella vita.

Uomini e donne. Bianche. Neri. Gay. Atleti. Umani. Divisi da maglie e nazionalità diverse, ma uniti da uno spirito che è più grande di noi, di me di te, dei singoli. Quella condizione di umanità di cui parla Charlie Chaplin ne Il grande dittatore:

E allora vediamo quali i nomi di questa carrellata di Abbiamo toccato le stelle (Rizzoli, fascetta di Alex Zanardi).
Si parte da Tommie Smith e John Carlos che alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, dopo essere arrivati rispettivamente primo e terzo, alzarono il pugno in segno di protesta contro il razzismo, l’atteggiamento dei bianchi nei confronti degli afro-americani.
il-pugno-nero-di-tommie-smith-e-john-carlos
Una foto che è entrata nella storia. Una questione, quella dei neri, ancora incredibilmente sulle pagine dei giornali. Smith e Carlos, come molti altri prima e dopo di loro, lamentavano che gli afro-americani non avevano accesso a lavoro, servizi, non erano trattati da pari. Sembra di leggere le pagine dei giornali di questi giorni, del nostro oggi populista, dove i rigurgiti sulla diversità delle razze, invece di essere un inno all’individualità, per molti (adulti bianchi occidentali) sono ancora un problema. Ma anche nel quotidiano, persino nella liberal America, persino a Hollywood.
Ed è questa la prima, emblematica storia, del libro di Gazzaniga.
Non è un caso che l’idea di questa raccolta sia venuta all’autore proprio da un post che aveva scritto sui 2 neri e il bianco (l’australiano Peter Norman, altra storia, l’ultima della carrellata) tradotto in decine di lingue, milioni di visualizzazioni. Perché in quella foto c’è la forza e il riscatto. Restituisce il senso allo spirito del Tempo, allo Zeitgeist di quel 1968, di cui quest’anno ricorrono i 50 anni, un altro mondo, la battaglia delle Black Panther che non erano il supereroe Marvel-Disney ma ben altro. Anche questo fa, allora, il libro di Riccardo Gazzaniga, non ha paura di chiamare le cose con il loro nome. E facendo la libro-cronaca di quegli eventi ne restituisce il senso e la misura. E allora Martin Luther King assassinato, le ragioni degli atleti, il coraggio.
Lo stesso che si trova nell’epica del più grande di tutti, Muhammad Alì, Alì il pugile, la forza delle idee, l’uomo più famoso di sempre, più dei Beatles, più di Michael Jackson. Alì che si rifiuta di partire per la guerra del Vietnam (perché: “Nessun vietcong mi ha chiamato negro”) e allora perde il titolo mondiale, Alì che diventa musulmano – scelta scomoda eppure – Alì che si riprende il titolo a Kinshasa, Zaire, contro il più giovane e forte George Foreman, compiendo un gesto elegante e umano, tirando indietro quel pugno con il quale avrebbe potuto irridere l’avversario, Foreman ma gli Usa, il mondo che era contro di lui, “il più grande”, Alì che era troppo, irriverente, presuntuoso, veloce, sbruffone, Alì che lì in quel momento mostra a tutti che lui è dalla parte dei più deboli, a Kinshasa, Alì è l’Africa e potrebbe buttare a terra quel pallone gonfiato americano, eppure elegantemente lo batte e basta, senza abusare della sua posizione dominante: un messaggio al mondo capitalistico del domani, chissà che sapremo accoglierlo un giorno?

La forza di Alex Zanardi che dopo aver perso le gambe in un incidente, rientra in pista, visconte dimezzato, e supera la sua nuova condizione a metà, con la forza della volontà. C’è spazio per le implicazioni psicologiche, persino, in questa raccolta. “Non è mai troppo tardi, si dice. Ma non è vero: prima o poi il tempo finisce. E che sia nello sport o in qualunque altro campo, c’è gente a cui la vita passa davanti senza che se ne renda conto”. E invece, ed è qui il senso, è lì il limite da superare, correre così forte da non lasciarsi superare dai giorni.
E poi è la volta di Kathrine Switzer, la prima donna che correrà la maratona di Boston, una donna alla maratona?, sembra millenni fa e invece.
Ancora. L’amicizia fra Jesse Owens e Lutz Long, uno afro-americano l’altro tedesco rappresentante della razza secondo Hitler alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Long che aiuta J.C. – Jesse -Owens, che lo abbraccia. Due vite racchiuse in un istante eterno nel momento più buio della storia del Novecento, e quanto ne abbiamo bisogno di quell’abbraccio oggi, con i rigurgiti di violenza xenofoba e odio razziale che, incredibilmente, stanno riaffiorando in tutto il mondo.
I due si perderanno poi nei meandri della guerra, Long morirà, ma a distanza di anni Owens consegnerà alla pronipote del coraggioso tedesco il senso di un’amicizia oltre il tempo.
Un’immagine del passato che tutti vorremmo per il mondo del futuro, e che Gazzaniga dunque consegna, giustamente, alle nuove generazioni.
jessie-owens-luz-long
E poi, la pattinatrice francese ribelle Surya Bonaly, il suo Backflip,la libertà, il salto mortale di essere se stessi. Poi. Il mitico piccolo (centocinquantanove centimetri) Dorando Pietri e la sua impresa sghemba, il drammatico epilogo della maratona ai giochi Olimpici di Londra del 1908 che gli valse la stima persino del papà di Sherlock Holmes, sir Arthur Conan Doyle. La maratona su una gamba del ragazzone del Canada, Terry Fox. E, Chris Evert e Martina Navratilova anche loro amiche per la pelle: “tutto questo trascende il tennis. Questo è qualcosa di più che colpire una pallina e vincere un trofeo.”, nel libro di Gazzaniga non si parla dunque solo di vittorie, di vincenti secondo gli standard classici del mercato. Vince chi segue la propria strada e fa vedere al resto del mondo che esiste anche un altro modo di essere. La vittoria prima di tutto è con se stessi. Dimostrando quanto coraggio ci vuole per mantenere fede alle proprie idee, farne giorni, declinando in comportamento ciò che altri non hanno la perseveranza di portare avanti.
La storia partigiana di Gino Bartali, siamo nel periodo delle leggi razziali, all’apice del nazi-fascismo, ancora la Seconda guerra mondiale, scrive Gazzaniga della storia del Gino nazionale: “per tutto il tempo in cui ha corso lungo la Firenze-Assisi, nel telaio della bicicletta, cui si accede staccando il sellino, Bartali ha nascosto fotografie e altre carte necessarie a fabbricare documenti falsi, destinati a centinaia di ebrei da salvare. Lo ha fatto per conto del vescovo di Firenze Elia Dalla Costa (…) Ma non devi dire nulla a nessuno, Gino! Nemmeno alla tua famiglia. O quelli ammazzano tutti”. Il segreto. Sembra di rileggere J. Derrida, “Se non si mantiene il diritto al segreto si entra in uno spazio totalitario”. Altra indicazione per il nostro presente così esposto, così per tutti. Invece, dignità e ritegno, oggetti ormai fuori dal tempo, eppure. Serbare tutto per pochi, forse la nuova frontiera dell’uso della tecnologia.
E ancora. Il pugile zingaro Johann Rukeli Trollmann che sfida il nazismo. Dick Fosbury che rivoluziona il salto in alto.
Le bellissime storie calcistiche di Kim Vilfort che, agli Europei in Svezia del 1992, vince con la sua Danimarca la finale contro la Germania.

La Danimarca “Cenerentola” ripescata come migliore delle escluse. Vilfort che segna il goal della vittoria, ma che di lì a poco perderà sua figlia Line, malata di leucemia. Line che Vilfort andava a trovare dopo ogni allenamento, dopo ogni partita dell’europeo, dalla Svezia in Danimarca. Perché l’amore di un padre per il proprio figlio.
E poi la storia che dà l’immagine di copertina a questo libro-raccolta, come se le storie fossero altrettante figurine di un multi-tempo, un multi-sport. Un intra-album di figure dello sport più che di figurine, il cui tratto comune è l’umanità, la storia singola che diventa collettiva. Collezione di figurine, e chissà che un giorno se ne possa fare uno, di album a figurine di Abbiamo toccato le stelle.
La storia-cover di Jermain e Bradley, che va letta. Così come quella di Peter Norman. Perché non tutto va detto, appunto. A noi la scoperta, nei giorni. La curiosità di seguire, e inseguire, le nostre passioni. E’ lì che si fa la selezione. E’ lì che si formano i campioni.

Abbiamo toccato le stelle (Rizzoli) di Riccardo Gazzaniga è una carrellata di anni, attraverso i secoli, di sport e atleti, ma di più, di modi di essere AL mondo, e di come possiamo essere noi figli DEL mondo.