Generazione X 2.0 puntata 2_sk@te.writer

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(la foto è di Fabio Muzzi)

Oggi sono a Pisa per il Book Festival. La città ha il cielo pulito. La colazione al bar è alle 8 con la crostata piccola, di ricotta, appena sfornata. Bici intorno, pedoni che attraversano i ponti, studenti verso le lezioni, ragazzini che giocano all’ombra sotto i portici.

Federico Parlato lo incontro nel pomeriggio, al parco. A 18 anni ha già pubblicato due libri con le Edizioni ETS «Ho iniziato a scrivere a 16 anni». Un’avventura per metà esperienza, metà immaginazione «Insieme ai miei amici, la sera del 31 dicembre di qualche anno fa andammo allo Skate Park in periferia», materia urbanistica e sociale che sintetizza come «lo spazio prima di arrivare in città».

Nonostante la zona non fosse illuminata i ragazzi, racconta, iniziarono a saltare al buio fra le strutture di lamiera ghiacciata. «Il giorno dopo ho iniziato a scrivere un racconto che ho spedito a una rivista di skate». All’inizio F raccontava storie, la scuola, le interrogazioni, l’amicizia, il primo amore…Fino a che le storie sono diventate una, il primo romanzo ikkia! «Il secondo romanzo Il nano con la bandana è nato come sfida, è stato una prova di determinazione» che, per lo scrittore.skater, non è un caso «La tavola forma il carattere: tutti i giorni si ’asca a fare acrobazie (‘asca senza c ndr), poi ti rialzi». Una filosofia utile, che nel mondo adulto spesso non si pensa.
Mentre parliamo i bambini giocano nel parco, si arrampicano sugli scivoli colorati, tra le mani delle mamme, irrequieti. Dopo anni che vai sullo skate «diventa parte di te, io quando cammino e incontro una scalinata, la vedo come una via». Un’attenzione particolare alle costruzioni urbane, modi altri di interpretare l’intorno. La città da osservare e la città da scoprire: libertà di spazi irrinunciabili. Come nel film The Lords Of Dogtown, l’aspetto illegale degli skaters è esigenza di valicare spazi che subiscono la proprietà adulta. È così che la fantasia procede sulla tavola a rotelle. «Mi piace ascoltare la musica in macchina, è come se guardassi un film»: immagini che scorrono, colonna sonora di sottofondo, un’identità che si sta formando sul bisogno di immaginare scene in velocità «Studio Lettere indirizzo Cinema Musica E Teatro a Pisa, ma da grande vorrei fare il regista. Tra un po’ ho l’esame alla Scuola nazionale di Cinematografia di Roma, e da poco ho iniziato a girare un corto…». Poi, in breve: ragazze lavoro sogni. Le ragazze «Non ho ancora trovato quella giusta. Mi piacciono quelle che mi sanno consigliare quando sbaglio». L’errore che migliora, e gli occhi che guardano oltre. Il lavoro «Ho amici precari (25-30 anni) che sono pagati poco: il futuro se continua così è dura. Le aziende dovrebbero investire sulle persone, è solo investendo che si hanno dei guadagni». Investire sugli investimenti, legge macro-economica che sfugge a molti nel Libero Mercato. E poi «Vorrei andare all’estero, e fare il regista ti permette di girare il Mondo». Il cerchio quadra, infine, Federico vuole parlare di storie e realtà: «Viviamo per realizzare i nostri sogni e i nostri pensieri».
Il pomeriggio è finito. Lascio F prima di rientrare alla Stazione Leopolda, sede del Festival. Stasera si torna al Jackson Pollock per cena: locale di parole dette con calma, servizio gentile e bello, di occhi scuri e mani delicate. Cibi buoni e prezzi per le tasche di chi, come me, viaggia in cerca di profumi e calma del cuore.

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Nòva 20/12/2007 pag.15