la luna le carte le stelle e tutto il resto


Quanto riusciamo a intuire dal volo vespertino degli uccelli. La super Luna che ha illuminato il cielo ieri notte. Un secolo fa. Tra due. La vita scorre e noi siamo in mezzo ai flutti. Sembra a volte che ci raccolga la risacca. Non è così. La marea sale, e schianta. Tutto sta a come ci racconteremo gli accadimenti. Le persone che incontreremo. Il favore degli dèi estinti.
Il Lunario di Braccia RubateSentieri, semine, meditazioni e lune a cura di Barbara Bernardini e Maria Claudia Ferrari Bellisario (edizioni nottetempo, € 17,90) la prende molto meno seriamente, per fortuna, smascherando così il nostro bisogno di sapere, conoscere (ri-conoscere), interrogare gli astri|gli “altri”, sull’unica cosa che veramente ci interessa: cosa mi capiterà? Domani, domani l’altro, ma giusto per la smania di controllo mica perché lo volevamo sapere davvero…
Quanta l’ignoranza di cui siamo dotati, quanta superbia e questione, malanimo e ragione – così per fare rima – la gentilezza delle immagini che scorrono nel testo delle due bracciarubate (qui il loro substack): è un atlante del plenilunio, e un oracolo anticipatorio, questo saggio ricco di suggerimenti. Le autrici indagano sulle maree che ogni 28 giorni invadono i corpi femminili, il corpo questo tramite, sconosciuto, riconquistato, oggetto e preda di una contemporaneità disfatta, che tenta di sopravvivere alla sua stessa violenza. Giorni di pace giorni di guerra, il Lunario di Braccia rubate (“all’agricoltura”, completiamo noi la frase) fa scorta, silenzio e playlist dei giorni che compongono le varie fasi del nostro satellite – un tempo Theia, protopianeta che entrò in collisione con la Terra, e di cui pure restano così tante tracce – minerali – invisibili, sul nostro pianeta.

Così scorriamo le eclissi e le ombre nuove, e la paura del lupo cattivo delle fiabe che, proprio alla sorella luna, dedica ben più che un ululato; attraverso le pagine scorriamo i quarti e le erbe lungo i sentieri selvatici, non dimenticando mai di tenere scorta in dispensa (di parole, ceci, emozioni, domande, rape, persone, che a volte poi a pensarci bene sono un po’ la stessa cosa in fatto di emozioni).
Nella fretta della contemporaneità abbiamo dimenticato la magia, ci dicono le autrici, distratti dall’inutile affastellamento d’impegni anziché di covoni, smartphone al posto delle fienagioni.
Abbiamo dimenticato, di proposito (?) o per volontà, o distrazione, che siamo molto più sottoposti agli influssi degli astri che delle città. Siamo animali lunari, figli di stelle, più che di percolato d’ammoniaca e molecole aldeidi.
Ci sono poi posizioni yoga e meditazioni, che pure in chi come lo scrivente non crede (più) nelle auto-narrazioni, buone solo per non vedere il poco che siamo, e giustificarci, spingono il lettore, la lettrice, a guardare nel “buio” primordiale delle proprie illusioni.
E così si scorre tra le pagine, intercettando ricette antiche, o moderne – ma cosa lo è, in fondo, cos’è il Tempo? – e ancora canzoni della neve (che ha lo stesso colore della Luna, meno spugnoso, magari) e quali i volti molteplici che il mondo sotterraneo, distante, i crateri del satellite, Selene, questa figura mitologica ed epica a un tratto, ci racconta la “distanza” dell’uomo dalla sua ragione (da Jules Verne al senno di Orlando ndr).
La luna, insomma, trasformazione e rinascita. Congiunzione, mai opposizione. Sempre, apice e semina: quanto sapevano i nostri avi, quanto desideravano – de sidera, il vuoto che ci divide dal mondo stellato – l’universo, quanto conoscevano le generazioni prima della nostra, la Natura e i suoi influssi sul nostro (piccolo insignificante) mondo umano.
Ecco che allora il Lunario occorre, nel doppio significato di “necessità” di restituzione e “data” che si ripete, occasione, occàso. Il tramonto, l’abdicazione. Quanto vorremmo.
Non aver perso quella persona cara.
Solo, potessi tornare indietro, dice il dispiaciuto.
Troppo tardi, è sempre troppo tardi. Per noi, non certo per il Bianconiglio.
Ecco che allora appare lei, tagliente e pallida, al centro della notte, mentre “il sole raggiunge i 12° sotto l’orizzonte, inizia il crepuscolo nautico”. Che belle parole ci stimolano gli astri, quante riflessioni alte riusciamo, ancora, a riflettere se invece di guardare all’io. Io. Io! IO, ponessimo solo un poca d’attenzione in più al mondo fuori, e in alto, alzassimo lo sguardo fino a vedere il cielo.
O di quando, nella sua semplicità, questo Lunario, metà filosofia rapsodica, quarto crescente, quarto calante, ci ricorda che sotto la Luna danzavano le donne libere, al valzer dei fiori, viole e foreste, e ancora i balli primordiali, personificazione dell’anima più selvaggia e primordiale, feroce e schiva, indomita e cacciatrice. Quanto ci spaventa la Luna che è in noi?, pensiamo, sfogliando le pagine di questo Lunario (ed è bello associare a questa parola, Bestiari e Annuari, Dizionari ed Erbari).
“Cosmico”, avrebbe detto un improbabile prof di Palo Alto, cosmico è il suono della luna, il brusio degli astri a cui facciamo richiesta, svelaci il futuro, chiediamo ai segni zodiacali, interrogando le carte, e gli Arcani ancestrali.

La luna il presente, la luna il passato, costellazioni, mostri, Chtulhu e il mostro femmina di Lovecraft, sotto il segno della luna, i mercuriali, tante sono le riflessioni che innesca la lettura di questo frasario leggero e profondo, le profondità dello spazio siderale, Cassiopea, Perseo: sfilano le figure mitiche nel rimando ai paesaggi lunari.
Quali i desideri, quali le passioni, i ricordi, i sogni che affideremo alla notte? Illuminàti dai raggi lunari, crescono, grappoli d’uva prima del raccolto. Crescita, e fragole, girasoli (e di “giralune”, invece, perché non ce ne sono? Il patriarcato domina anche qui).
La luna come incanto, danza, suono, figli e figlie di Odino, e tutto ciò che occorre è “passare sulla terra leggeri”, ci ricordano Bernardini-Bellisario, come gli aruspici e i vaticini, che niente in verità è mai sotto controllo, niente è altro se non il naturale fluire delle cose, siamo noi, siamo noi umani che viceversa pensiamo di voler controllare tutto. Ma tutto cosa? Tutto, poi? Non ti sei già accorto|accorta di averlo già “tutto” nel palmo della mano, lì dove il dito punta in alto, non guardare l’indice, svelano le autrici del Lunario, guarda le stelle, osserva, la Luna e il creato tutto, d’ogni dio dormiente (ghost track: grazie a Paul Valéry, Sergio Atzeni, Björk e tutt* /l* altr* citat* nel libro).