Selandia e Møn blogdiary#3


Ascolto Nick Drake, perché sì. Alla fine di questa giornata, ho anche mangiato. In circolo ancora il calore della sauna serale. Quanti gradi può sopportare la pelle? E perché quella del pianeta dovrebbe sopportarne di più? Se abbiamo la febbre, o è troppo caldo, corriamo subito a raffreddare la temperatura, come ieri sera dopo le 3 sessioni con olii essenziali (il mio preferito il lime-stone), ogni 20′ si usciva all’aria fredda – con me una coppia svizzera, lei tedesca di origine – perché allora mi domando nessuno sta facendo altro che la guerra su questo pianeta?
O forse è solo Drake che canta, Place to be. Già. Qual è il nostro posto nel mondo? E da dove veniamo, e dove andremo a finire quando saremo soli, perché sì, lo saremo, dove? E chi ci sarà con noi, nell’ultimo istante in cui vedremo l’ultimo istante (a parte i 7′ in cui si dice che il cervello è attivo post mortem e si rivede tutta la vita come in un velocissimo film).

Pensieri duri, come la strada che ho fatto stasera. Una strada che portava diretta al mare. Senza via d’uscita. Ce l’abbiamo noi, mi chiedo, ce l’abbiamo ancora una via d’uscita? Mentre il mondo frana.
In bici stamattina per colline, faraglioni bianchi crollati ai primi anni ’90, quando avevamo appena quanto, 16, 17 anni? Come siamo arrivati sin qui?
Noi che credevamo ai kraken, alle avventure sui crinali, amici in bicicletta (rigorosamente BMX), come abbiamo fatto a costruire una società energivora, che produce per sé distruggendo il resto, che poi è il resto siamo sempre noi, i fiumi, noi le strade, noi i costoni, noi il mare.

Il kraken poi l’ho visto al GeoCenter Møns Klint un museo delle Scienze e delle forze della Natura, lo definirei, con sale dedicate ai ghiacciai, alla fauna di questi luoghi, una sala con docufilm che insegnano alle molte classi di scuola la biodiversità e l’importanza dei fossili (dei superfossili) e della rilevazione astronomica, essendo le Møns un unico grande “dark sky” praticamente; nel Museo anche un cinema 3D con sale dedicate all’orogenesi della Danimarca, ma anche si proiettano film del National Geographic sui mostri degli abissi che popolavano i mari-oceani. A proposito, il Mar Baltico oggi era arrabbiato, l’ho visto dall’alto. Scosso. Forse poco incline a parlare, come me in questi giorni. Con le poche persone con cui mi capita, o mi imbatto, preferisco il vento, che in bocca lascia un sapore salato. Come avere sempre la saliva imbrattata di salsedine. Per questo forse non sono andato al bar dove avevo promesso al mio contatto qui, Simone, che sarei passato. Ma anche perché pioveva. Ma anche perché oggi è un po’ come il tempo. Rannuvolato. A volte è così.

Per fortuna Kenneth, lo chef, che è anche maestro di sauna (e tutto torna, tutto è circolare, era lui ieri sera ad aumentare la temperatura in sauna e arricchire il respiro di essenze), per fortuna Kenneth porterà in tavola un’altra meraviglia vegetariana – perché sì, basta mangiare carne animale, basta – e Kirstine con la sua gentilezza, quasi quasi mi faccio adottare. E che servirebbe un piano b, vero, un’uscita sicura dalle nuvole grigie che si addensano all’orizzonte.

Ho letto dei droni in Polonia, Mattarella che richiama il 1914, e sarà che ci sono stato in Bielorussia al confine, e non so, magari basta soffiare via come dopo la sauna e tutti “loro” scompariranno (loro, come nel fumetto L’Eternauta). Domani si torna, maciniamo un po’ di chilometri in auto prima, e visita a un’azienda che fa gin, sarà mattina, ma il giorno è sempre più lungo a nord. Chissà le latitudini del cuore…