Cosa resterà di noi quando non ci saremo più? Saremo davvero la “civiltà delle ossa di pollo” come ipotizzato dallo studio della Royal Society Open Science guardando ai miliardi di polli che macelliamo ogni anno, e che potrebbero diventare la principale eredità fossile della nostra società dei consumi per i geologi del futuro? Prova a rispondere Roman Krznaric che con il suo saggio Come essere un buon antenato – Un antidoto al pensiero a breve termine (Edizioni Ambiente, 25 euro, trad.it. Laura Coppo e Diego Tavazzi), ha appena vinto il Premio Demetra 2024 per la sezione “Saggistica tradotta in italiano” all’Elba Book Festival.
Krznaric, per The Observer uno dei più importanti filosofi della contemporaneità, ha ricevuto il plauso da George Monbiot, Brian Eno, fra gli altri, per le sue doti di visione del futuro, ed è sposato con Kate Raworth (l’economista autrice del best seller L’economia della ciambella uscito in Italia sempre per le Edizioni Ambiente).
In Occidente siamo abituati a pensare che ciò che facciamo oggi avrà un impatto sul domani. Per Krznaric siamo in una “terra di nessuno”: «Viviamo in un’epoca di tirannia dell’adesso intrappolati nel breve termine della politica elettorale, della prossima trimestrale e del clic sul pulsante “compra ora” dei nostri telefoni. – specifica l’autore, Senior Researcher presso il Centre for Eudaimonia and Human Flourishing dell’Università di Oxford – «Abbiamo colonizzato il futuro, soprattutto quelli di noi che vivono nel ricco Nord globale. Lo trattiamo come un lontano avamposto dove scaricare liberamente il degrado ecologico e il rischio tecnologico, come non ci fosse nessuno. Ma è abitato da miliardi di generazioni future che oggi non hanno voce. Dobbiamo fare in modo che il loro futuro contribuisca a plasmare il nostro presente, portando le loro voci nella stanza della politica, dell’economia e delle comunità. Abbiamo bisogno di nuovi movimenti di “ribelli del tempo”, dagli attivisti che lottano per i diritti costituzionali delle generazioni future a un ambiente sano, agli artisti e agli scrittori che spingono la nostra immaginazione verso il mondo di domani».
Molti i concetti che si incontrano durante la lettura: fra questi empatia transgenerazionale, linguaggio interspecifico, giustizia intergenerazionale. Concetti che hanno a che fare con il modo in cui ci relazioniamo agli altri (esseri viventi): «Abbiamo un “cervello marshmallow” guidato da ricompense a breve termine e gratificazioni immediate (cfr. il famoso test psicologico marshmallow degli anni ’60 ndr) – specifica Krznaric – e un “cervello ghianda” che ci permette di pensare e pianificare a lungo termine», quest’ultimo: «si trova nella corteccia prefrontale dorsolaterale nella parte anteriore del nostro cervello. Gli scimpanzé pianificano un po’ in anticipo, staccano le foglie da un ramo per trasformarlo in uno strumento da infilare in una tana di termiti. Ma non riescono a fare quel che fanno gli esseri umani, cioè creare una dozzina di strumenti e metterli da parte per la prossima settimana». Noi umani: «Abbiamo un’incredibile capacità l’”intelligenza temporale” – la capacità di pensare su orizzonti temporali multipli – fondamentale per l’empatia e la giustizia transgenerazionale. Posso usare questa capacità per immaginare mia figlia all’età di 90 anni, nel 2100, e rendermi conto che in quel futuro è parte di una rete di relazioni umane e di una rete del mondo vivente – l’acqua che beve, l’aria che respira – e se mi interessa la sua vita, allora devo preoccuparmi di tutta la vita. Questo è il fondamento di una politica che trascende la destra e la sinistra».
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, la termodinamica applicata alla vita presuppone il movimento, quali sono i 3 concetti base per riappropriarsi di uno sviluppo che non sia in contrasto con la Natura?, chiediamo a Krznaric: «Una domanda affascinante. Forse c’è un unico concetto che conta: l’amore. Impariamo dai 3,8 miliardi di anni di vita sulla Terra. Com’è possibile che altre creature siano riuscite a sopravvivere e a prosperare a lungo termine, attraverso tutte le trasformazioni del tempo e dell’entropia? Prendendosi cura del luogo che, a sua volta, si prenderà cura della loro prole, non sporcando il nido e vivendo entro i confini dell’ecosistema in cui sono inserite». Gli esseri umani invece: «hanno fatto il contrario, soprattutto nell’ultimo secolo, attraverso il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e altre forme di negligenza e criminalità ecologica. Se vogliamo imparare dal mondo vivente, dobbiamo tornare ad amare i fiumi e i prati, le distese di ghiaccio e le savane. In questo senso, l’amore per i luoghi è una soluzione al nostro problema con il tempo».
Siamo figli del tempo “profondo” racconta Krznaric: «Il giorno del mio ultimo compleanno ho festeggiato con i miei figli e la mia compagna con un picnic su un tasso di 900 anni. Ci siamo arrampicati sui suoi rami e abbiamo parlato del fatto che quell’albero è stato testimone della peste nera nel XIV secolo, della guerra civile inglese nel XVII secolo e probabilmente resterà qui dopo la nostra scomparsa. Gli alberi antichi – ci sono sequoie che hanno più di 2000 anni e pini silvestri che ne hanno più di 5000 – ci mettono in contatto con un altro ritmo del tempo», il tempo profondo appunto: «Ci ispirano a vivere la vita alla velocità del legno, non quella dei nanosecondi del trading azionario. La buona notizia è che ci sono molti movimenti che ci aiutano a riconnetterci con i cicli più lunghi della natura, dal movimento Slow Food al rewilding e alla crescente popolarità di concetti indigeni come il processo decisionale di settima generazione». E, a proposito del rapporto etnosfera-biosfera: «Quando studiai Economia 30 anni fa nessuno mi disse che l’economia è un sottoinsieme della biosfera – ricorda il filosofo -. Ma l’ho imparato e riconosco che dobbiamo creare economie rigenerative, in cui non usiamo le risorse più velocemente di quanto possano essere rigenerate o creiamo rifiuti più velocemente di quanto possano essere assorbiti. Promuovendo questa ribellione rigenerativa che va oltre il culto della crescita economica infinita, siamo sulla strada per un mondo diverso, in cui la narrazione centrale è che non siamo motivati solo dai nostri bisogni e desideri attuali, ma pensando a come saremo giudicati dalle generazioni future per ciò che avremo fatto, o no, per le loro vite e il mondo in cui vivranno».
Alla fine di ogni giornata ci dovremmo porre la grande domanda esistenziale del nostro tempo, ci dice Roman Krznaric: «Cosa ho fatto oggi per essere un buon antenato?».