Sono stato al concerto dei Porcupine Tree. Nonostante
sia arrivato in ritardo, la magia è stata immediata, intatta. Senza neppure
considerare il tempo, le note di Waiting_part
I mi hanno accompagnato mentre entravo. Dopo 30 secondi ero già nel Globo
di Suono.
Steven Wilson, leader del gruppo, ha poco più di 30 anni. Un folletto con
gli occhiali, incrocio perfetto tra Harry Potter e l’anima più estroversa di Kur(d)t
Cobain, stessi capelli lisci lunghi, stessa tecnica sibilante e storta.
Secondo me, il miglior chitarrista in circolazione (per altri versi ed
emozioni, al pari Ben Harper, ma siamo su un altro pianeta).
Wilson è un genietto – scrive testi e musica, suona la
chitarra e i synth, voce del gruppo, ha lavorato al progetto Blackfield
con Aviv Geffen, cura personalmente la produzione degli album, lavora alla
parte creativa dei live (ormai i concerti dei PT hanno sempre delle immagini
bellissime proiettate dietro la band mentre i suoni incidono l’aria).
Da
qualche anno (dalla pubblicazione dell’album “Deadwing” feat.
Lazarus&Shallow) Wilson ha anche strizzato l’occhio al Mercato
discografico, ma solo per riuscire a produrre ciò che vuole. Leader
indiscusso, bizzoso, suona per gioco, con una facilità che rasenta la mania.
Suoni taglienti e cattivi, imparati in anni di lavoro, di tempo dedicato e
ascolto continuo. Molti trovano inquietanti i PT, io al limite li trovo senza
pietà. Veri fino all’imminente conflitto dichiarato.