(versione estesa)
Una storia di giustizieri, poliziotti, mafia e politici corrotti nell’Italia dei primi anni del Ventunesimo secolo. È appena uscito La giustizia siamo noi (BUR 24/7, Rizzoli, 160 pp., 18,50 euro) fumetto dello scrittore Pino Cacucci, in collaborazione con l’illustratore Otto Gabos. Dalle parole alle immagini, la crossnarrazione restituisce la realtà, o la sua immagine. Incontriamo Cacucci a Bologna: «Forse ho sempre scritto immaginando un film proiettato in testa, dunque, ideare una storia destinata a essere disegnata, non solo mi risulta più istintivo, ma permette di dedicarmi a ciò che più mi interessa della scrittura, cioè i dialoghi, che ritengo siano la vera sfida in una storia da narrare. E se a disegnarla è un maestro come Otto Gabos, diventa un piacere particolare vedere le scene immaginate trasformarsi in immagini concrete: volti, espressioni, azioni, paesaggi rarefatti, piccoli gesti che richiedono accurate descrizioni, emergono dalla pagina come li avevo in testa». Il fumetto «gode di una dimensione più libera, può affrontare tematiche che il giornalismo è costretto a tacere perché “io so ma non ho le prove” (e dunque sto zitto altrimenti mi rovinano) e persino un libro rischierebbe di non potersi spingere così oltre senza suscitare una pretesa di “attendibilità”. Il fumetto, paradossalmente, può raccontare l’indicibile (chi censurerebbe o querelerebbe un fumetto senza coprirsi di ridicolo?) e raggiungere chi non subisce il bombardamento della realtà filtrata e travisata dai TG. Abbiamo molti esempi nella storia recente in cui il fumetto è arrivato prima di altri mezzi espressivi nel racconto della realtà “indicibile”».
La contaminazione genera pensiero «Esiste – purtroppo – l’Italia com’è oggi, e non esiste – per ora – una reazione adeguata alla decadenza e degradazione dell’etica e della dignità. Nella nostra storia ho inventato un tentativo di riscatto che non c’è, nella realtà odierna, tanto più che viene da parte di persone che fanno parte dell’apparato, del “sistema”, poliziotti che si ribellano al marciume a cui tutti si rassegnano e su cui molti lucrano. Scrittura e fumetto consentono questo: prendersi una rivincita sul reale immaginando che venga stravolto dall’azione di singoli individui. È l’utopia realizzata. Almeno sulle pagine… Ci resta comunque la speranza insita nel suo significato: utopia non vuol dire irrealizzabile, ma qualcosa che non si è ancora realizzato. I personaggi cosa sono «Più che delusi, i nostri personaggi sono frustrati e disperati: dedicando tutte le energie a ciò che ritengono debba essere la “giustizia”, si ritrovano sempre a dover rimbalzare su un muro di gomma di impunibilità quando si tratta di “potenti”. È una storia che riguarda profondamente l’Italia, dove politicanti corrotti e potentati mafiosi sono collusi, mescolati, e i nostri personaggi, di fronte all’arroganza degli intoccabili, decidono di scavalcare la legge e diventare così parte della barbarie, seppur mossi da motivi comprensibili». Storia e fumetti «Oltre che la “storia ufficiale”, oggi anche la cronaca quotidiana è scritta – o mostrata in TV – da chi detiene il potere, però esistono i mezzi per informarsi al di là delle versioni falsate, basta non adeguarsi alle menzogne che ci vengono propinate. Non a caso ho scelto la frase di Pasolini “Io so ma non ho le prove” come motto del personaggio di Numero Uno, quello che inizia a farsi giustizia da solo. E il fumetto diventa sempre più un mezzo espressivo per raccontare la realtà della barbarie imperante, anche se… non ci illudiamo di cambiarla con i fumetti o con i romanzi». La giustizia siamo noi? «Potremmo esserlo, se fossimo partecipi e se l’indifferenza e la rassegnazione non sedassero le coscienze. Temo che i popoli che non hanno mai fatto una rivoluzione, siano senza speranza: non sanno cosa sia essere protagonisti della storia, stravolgerne il corso con l’azione diretta. Resta soltanto l’etica dell’individuo: fare meno danni possibili vivendo quotidianamente una propria forma di resistenza alla barbarie, è il minimo livello di “giustizia” che si possa fare». Dall’idea alla resa per immagini «Con Otto Gabos abbiamo già realizzato un libro a fumetti insieme, “Tobacco”, nel 1993, per l’ormai mitica Granata Press di Luigi Bernardi. Malgrado il lungo periodo senza altri lavori a quattro mani, non abbiamo perso il contatto e l’intesa è rimasta intatta, e su questa storia c’è stata simbiosi totale, e nel mio caso non ho mai sentito alcuna divergenza tra l’ideale scritto e l’idea disegnata».