Marta Cuscunà: il teatro, l’ecofemminismo e tutto il resto (il 30 a Venezia)


foto (c) Dido Fontana
Marta Cuscunà è un mondo fatto da altri micro-mondi, e un segno del Tempo. Nata nell’82 a Monfalcone (provincia di Gorizia), autrice e performer di teatro visuale, Cuscunà usa il linguaggio del corpo e l’animatronica per allestire i suoi spettacoli dal forte impatto visivo e di pensiero.
Poliedrica, impegnata, la performer friulana è espressione di un’arte che racconta|anticipa|critica|mette in forma la contemporaneità – come quando ha portato in scena Earthbound monologo di fantascienza “per attrice e creature meccaniche” ispirato a un saggio della filosofa eco-femminista Donna Haraway; o nel 2021 quando partecipa alla trasmissione televisiva di Rai 3 La Fabbrica del mondo di Marco Paolini e Telmo Pievani per la quale ha scritto e interpretato una mini-serie di 6 episodi per corvi meccanici (con temi sempre legati all’eco-femminismo), serie che poi nel 2023 è diventata uno spettacolo teatrale dal titolo Corvidae (si pronuncia, “corvíde”) dal sottotitolo: Sguardi di specie co-prodotto dal MUSE – Museo delle Scienze di Trento.
«L’idea di utilizzare il linguaggio del teatro visuale – e le creature meccaniche – arriva da Donna Haraway, e il suo Stay with the trouble (tradotto in italiano con il titolo, “Chthulucene“) mi ha dato la chiave per non essere schiacciata dalla paura del fallimento che questo macro-argomento mi creava, in particolare mi ha permesso di uscire da una situazione di sconforto generalizzato, dalla sensazione di non essere in grado di fare niente di utile», per il mondo, il pianeta, gli umani e tutto il resto.

foto (c) Daniele Borghello
«La prima idea è venuta dalla volontà di raccontare storie di fantascienza intese come possibili “forme” di cura dallo sconforto, in modo da allenarci – tutt3 insieme, continua Cuscunà – a immaginare futuri possibili per la nostra specie (poiché l’ecosistema complesso Terra invece va avanti, benissimo, anche senza di noi ndr) in modo da trovare soluzioni per risanare e sopravvivere su un pianeta che cambia molto rapidamente».
Questa volontà permise a Cuscunà di immaginare lo spettacolo, tratto dal “mondo infetto” di Haraway, Earthbound. Ovvero le storie della Camille dove una trama fantascientifica, ispirata a forme di fabulazione collettiva, permette all’artista di immaginare un futuro non troppo lontano in cui gli umani migreranno in zone devastate con l’obiettivo di risanarle, insieme ad altre specie, in breve il concetto di co-creazione: «Con quello spettacolo ho voluto provare a dare corpo a dei simbionti umani ibridati con specie in via di estinzione – un corpo transumano, trasmutante ndr – in particolare, interpretando un’IA dal nome Gaia, incarnata da tessuti biodegradabili, che aiuta le Camille (i simbionti) a riconnettersi con piante e altre specie, dopodiché c’è un unico (piccolo) albero che è riuscito a sopravvivere e, a proposito della Vita sulla Terra in via di estinzione, il nostro mondo “in fiamme”:  «Volevo in qualche modo mettere in scena lo ‘slogan’ di Haraway in cui dice, a proposito degli 8 miliardi di abitanti sul pianeta Terra, che entro il 2100 dovrebbero arrivare a superare i 10 miliardi: «Lì Haraway si rivolge a noi umani con una frase slogan: ‘Fate legami non bambini’ ovvero, occorre introiettare la consapevolezza che le risorse non sono illimitate, e serve una giustizia climatica, per questo le Camille cercano di mettere in atto una strategia in modo da ridurre la presenza umana sul pianeta (siamo distruttori, scaviamo per accaparrarci terre rare, inquiniamo, se possibile traiamo profitto e cibo dalle altre specie ndr)».

foto (c) Guido Mencari
Nessuna specie agisce da sola, nessuna specie si “salva” da sola. E creature azionate in modo manuale, per un sistema ideato dalla scenografa australiana Paola Villani, realizzato con i cavi dei freni dei tandem.
Uno spettacolo che ha attraversato anche la pandemia, le Camille in tournée in Belgio, Francia: «In una sfera geodetica rappresentavamo un ambiente in cui i futuri nipoti umani riescono a sopravvivere a un ambiente devastato, con l’unico alberello a fare da filtro per il risanamento dell’aria», una metafora piuttosto chiara e realistica, in Italia lo spettacolo venne portato al Piccolo Teatro.
Dopo l’esperienza dello Chthulucene, Cuscunà venne invitata da Marco Paolini e Telmo Pievani a partecipare alla Fabbrica del mondo, invito che l’artista friulana accolse portando in scena uno spettacolo nel quale utilizzava altre creature, stavolta corvi meccanici che avevano il compito di affrontare dal punto di vista di un’altra specie argomenti diversi, legati al climate change che Paolini-Pievani indagavano via via con esperti diversi, micro-episodi all’interno dei quali si proiettavano futuri diversi: «Come la possibile fine di Trump che cade mentre gioca su campi da golf sommersi dai mari», o ancora: «In un altro episodio mettevamo in scena il movimento dei Fridays For Future (he fine hanno fatto? ndr), o la possibilità di dare un nuovo nome alla nostra specie, in modo da non sentirci più “fuori” dalla Natura, come spesso accade»: l’uomo da una parte insieme alla tecnica e, di là, la Natura – mentre ne siamo appena una piccola parte del Tutto.
Dalla trasmissione, e dopo l’ennesimo cambio (politico) ai vertici RAI: «Decisi di usare i 6 episodi andati in onda in tv e portarli a teatro, scrivendone altrettanti», i vari episodi seriali vennero ribattezzati dall’attrice, Corvidae. A proposito di ambientalismo e impegno politico, secondo Marta Cuscunà sono due delle più importanti funzioni del teatro: «Siamo una nicchia del sistema, proprio per questo riusciamo a dire cose di un certo rilievo, perché probabilmente non veniamo notati (la stessa funzione ha avuto negli anni, il fumetto ndr); d’altra parte le attuali politiche del governo stanno mettendo in atto strategie con finanziamenti ministeriali che censurano, a monte, proposte culturali e stanno spingendo il teatro verso il solo intrattenimento, così viene evitato il rischio culturale».

foto (c) Guido Mencari
Dopo questa esperienza, Cuscunà approda a Bucolica, un progetto “site specific” per Corvetto, quartiere di Milano, che aveva sempre a che fare con i temi della crisi climatica: «Mi venne chiesto di costruire, e inventare, una performance assieme alla comunità che abitava e frequentava regolarmente il quartiere, in stretta collaborazione con il Politecnico di Milano, in particolare la facoltà di Architettura e Urbanistica», ricorda che: «Mi avevano portato a conoscere i corto-circuiti del quartiere, i problemi legati all’abbandono scolastico, la violenza sulle donne, e mi sono spaventata… non avevo mai lavorato con comunità problematiche né mai visto Corvetto prima di allora», il modo per affrontare il progetto fu lo stesso applicato altrove: «L’eco-femminismo e spostare la lente dalla nostra specie», così dopo aver appreso che in quel quartiere passava un gregge transumante, 2 volte l’anno, per salire ai pascoli e a novembre per tornare: «Ricordo che siamo andati a “conoscere” questi 1300 capi di pecore – giganti bergamasche – ma anche mucche, cani, che si spostavano con la guida del pastore Giuseppe Salvi, che, il caso volle, proprio in quel periodo stava lasciando le redini del gregge a sua figlia Anna, 22 anni, iscritta alla Facoltà di Agraria, che aveva sviluppato un approccio completamente nomade, capace di costruire la sua vita sui ritmi del gregge».

foto (c) Daniele Borghello
L’idea di Cuscunà fu quella di provare a intercettare in 2 giornate il passaggio del gregge, scoprì un mondo: «Quello che mi colpì fu l’uso di questo linguaggio, codice sonoro che si usano per spostare il gregge, un codice fatto di fischi, trilli e schiocchi, che corrisponde al punto d’intersezione fra linguaggio umano e altro che umano, sviluppato nel contesto pastorale in valli lontane, nel tempo si è strutturato ed è diventato una forma di scambio anche “umano-umano”: sono le cosiddette lingue fischiate, in via di estinzione o scomparse», solo una il silbo gomero, proveniente da La Gomera, la seconda isola più piccola delle Canarie: «Attraverso un processo dal basso, questa comunità è riuscita a salvare il silbo gomero dall’estinzione, capendo che era parte integrante della loro identità culturale, hanno fato in modo di inserire questa materia in tutti i cicli scolastici», così viene insegnato dalle elementari all’Università, e nel 2009 è stato riconosciuto patrimonio UNESCO».

foto (c) Guido Mencari
A causa delle forti piogge da un lato, e dalla siccità dall’altro, le comunità di Corvetto e la comunità transumante non si riuscirono a incontrare, per sentire dell’incredibile storia dei possibili destini diversi rispetto all’estinzione, l’umanità e la transumanza, il prossimo appuntamento con Marta Cuscunà è a Venezia il 30 novembre alle h18 per “SGUARDI DI SPECIE. UNA TRILOGIA ECOFEMMINISTA” feat. Giustina Selvelli, antropologa e sociolinguista – al Festival Naturalmente connessi. I tanti modi di raccontare la Biodiversità, in programma al Museo di Storia Naturale G.Ligabue, Santa Croce.

P.S. Attenzione: spoiler – A ottobre 2026, Cuscunà porterà in scena una storia sull’illusionismo in chiave di genere (dalle suffragette, le donne e il diritto al voto, ai numeri di magia con sul palco le donne… segate in due!).