
Lo ripetono molte volte i personaggi mutevoli, mutanti, dell’ultimo romanzo di Nicoletta Vallorani, che si intitola proprio così Ogni cosa e nessuna edito da Zona42 (euro 16,90 – cover art Annalisa Antonini).
Catalogare questo libro non si può già dall’incipit. Cos’è essere vivente, cosa corpo, mentre i corpi-donna vengono usati ormai come grembo-e-basta, la parabola di Giuda e Medusa, ma chi è chi, in questo mondo del futuro in cui siamo già immersi – pare dirci di traverso, sottostante, la voce della scrittrice – cosa sono questi tempi a violenza a bassa intensità, a guerra diffusa?
I corpi ibridi si rompono, agganciano al tempo mutaforma, mentre Giuda resiste e Medusa si trasforma. O forse è il contrario? Cosa importa la narrazione del presente se si sta, già, sgretolando la verità?
Perdiamo, o lo faremo a breve.
Il corpo della città di Milano albeggia tracce glucotiche, è un presente etereo, quasi scomparso, in una città-grembo che produce e chiude, mentre gli stormi di molecole prendono forme strane come ombre, molecole d’odio che si propagano dal potere divenuto Dominio indistinto. Molecole e atomi che si compongono e alleano, tra loro, perché solo l’alleanza ha senso nella lotta politica, di classe, Vallorani intreccia Gaza e la resistenza gazawi e la copertina illustra il volto di una eco-ribelle (pare qui, a chi scrive, ma ci potremmo sbagliare, l’errore è il peso più grave da portare, il peso e le sue conseguenze ndr); è il tempo della resistenza, è il tempo peggiore e il tempo della ribellione, quello dei raccordi e della disperazione invincibile.
Un testo ancora una volta politico, libertario, scevro da fronzoli che si diffonde nella coscienza del lettore come un vuoto pieno, un ossimoro sì, perché in fondo questo siamo tutt3. Senza identificazione né rubricazione di sorta. Cosa è distinguibile nel più ampio orizzonte del Tempo che distrugge le illusioni? Cosa quest’aria mefitica fatta di tempeste e polvere?
Vallorani ha digerito la lezione de3 var3 Shakespeare che si sono alternat3 nei secoli e li ha serializzati, c’è un fondo di svelamento che non ha a che fare mai con ciò che accade nelle storie di questa scrittrice, docente di Letteratura Inglese alla Statale di Milano – Milano ancora lei, la città-fantasma, la città trasformata, doppia, quasi una memoria e un doppio dell’originale, sempre presente in tutti i testi di Vallorani, o quasi, tanto che si potrebbe tracciare una mappa di Milano con lo storydesign delle vie immaginarie, e i personaggi, e le dinamiche battaglie che Vallorani ha disseminato nel tempo, e chissà che un giorno un qualche editore illuminato non si metta davvero in testa di realizzarla quest’orbita urbana della città immaginaria riflessa nei percorsi science fiction dell’autrice marchigiana di nascita.
La vita sulla Terra si misura a stormi, gli atomi si compongono, tutto si sgretola, Giuda e Medusa, il tempio e l’empia, la catalizzatrice e l’errore ripetuto. La morte che arriva e non va via. Gli scenari e la patina del racconto sempre interno, si sta come foglie, sui rami eccetera, dentro i viluppi immaginari di “Ogni cosa e nessuna” proprio come enuncia il titolo, siamo ovunque e in ogni luogo, noi siamo molti anche se non, siamo. Può questa semplice presenza dichiarare l’irrinunciabilità di un’identità, seppur multiforme? E cosa stiamo diventando?
C’è poi la Storia con la S maiuscola qui che si incrocia con le ucronie, i presenti alternativi, il fascismo eterno e le occupazioni militari. Non si può leggere “Ogni cosa” non pensando al terzo livello di profondità, la capacità di Vallorani di emulare il presente, diffonderlo, decostruirlo – in un’illustrazione delle città di Moebius – le mine fanno esplodere corpi, sempre i corpi dei più deboli, sempre la guerra al potere, e il becero profitto che alimenta i gesti di chiunque.
Nessuno si salva se non muta. Le donne poi. Le donne non sono oggetti. Neppure gli uomini. Insomma, a cosa servono le classificazioni? Possibile che ancora non abbiamo capito che, in fondo, non siamo altro che viventi? E come si può, ancora, accettare la brutalità al prezzo dell’acquiescenza? Vallorani incanta storie come Giuda, o Medusa? Chi è che racconta ai bambini che salveranno il mondo, come profetizzava Morante e come vorremmo un po’ anche noi, almeno la Generazione X fagocitata, tritata dal turbo-capitalismo finanziario oramai senza controllo all’epoca delle tecnologie puntiformi. Siamo sotto controllo, sotto stretta sorveglianza, siamo diffusi e in ogni dove ma non siamo mai dove vorremmo. Forse. O forse avevano ragione i vari|le varie Shakespeare di ogni-tempo: forse è solo tutto rumore. Speriamo di non sollevare troppa polvere dopo la detonazione. Siamo un tempo diffuso, eterno, in qualche modo, più grande di noi, e allora è qui tutto il senso dell’esistenza in quanto tale (non dell’esistente puntuale, singolo) nel tempo collettivo che inizia col primo giorno e finirà con l’ultimo, del mondo, di Medusa, di Giuda, l’incanto e il tradimento. L’essere umano, tra gli altri regni. Ogni cosa. E nessuna.