Territori improbabili e universi immaginari


‘Fondo bianco per fondo bianco’: potrebbe sembrare il titolo di una mostra sui suprematisti russi e invece è un doppio passo nella narrazione dello spazio e nel cosmo con due libri entrambi editi da Il Saggiatore.
Il primo è il bel saggio fotografico di Pedro Torrijos intitolato ai Territori improbabili. Una storia architettonica dell’umanità (trad.it. Francesca Signorello) una serie di mete sghembe, sono luoghi spersi disparati nel mondo, da qualche parte, lì dove il “fuori”, l’habitat esterno è come il nostro io interiore, caotico seppur pensiamo di ordinare i giorni, sono costruzioni singolari per brevità e metrica quelle che descrive|illustra Torrijos – scrittore, narratore, architetto madrileno classe ’75 – perché nel sogno dell’immaginazione dell’essere umano, di eternarsi e farsi dio – come è accaduto alla Cattedrale di Beauvais in Francia, ora pericolante e inutilizzata – fra le altre creature scontiamo tutti il riverbero della distruzione di cui la nostra specie è gravata, un Fato a cui ci si può opporre con: «le storie sono l’unico artefatto che sopravviverà alla morte».

Il saggio fotografico ha un passo dirompente, sin dall’inizio quando l’autore (che scrive per Il Paîs ed è autore anche di podcast) ci riporta alla memoria “luoghi” che non esistono più, sono queste inesistenze che in qualche modo invece li hanno eternati, dando nuova connotazione semantica all’oggetto che, così, diviene “altro” come Kolmanskop in Namibia – che presta la propria incredibile immagine alla copertina -, città costruita sui diamanti ora divorata dalla sabbia; o l’ormai città fantasma di Fordlândia, voluta da Henry Ford nel pieno centro della foresta amazzonica, emblema della protervia degli uomini nei confronti di quella Natura da sottomettere, eradicare in nome della tecnica, che a distanza di anni ha sommerso tutto con il suo pacifico manto vegetale; o ancora l'(edificio) UFO oltre la Cortina di Ferro a Buzludzha in Bulgaria, sorta di castelletto medieval-nucleare che, nel mezzo delle praterie bulgare, sta ora sentinella steampunk di puro cemento armato come monito e peso che incombe sulle nostre test(at)e, sino alla fine del tempo degli uomini.

Nella seconda parte alcune curiosità, come Coober Pedy il paesino in Australia i cui abitanti ufficialmente non esistono, con il suo deserto rosso è stato il set ideale di film cult come Mad Max e Pitch Black; e ancora “Le navi volanti” della Scozia a Falkirk Wheel, e i paesini-fortezza di Tulou a Fujian in Cina. Infine, la sezione degli edifici che chiameremo ‘di morte e altri fantasmi’ come Casa Winchester a San José in California definita “La casa dei mille fantasmi” per le sue lugubri presenze o il Castello della Morte di H.H.Holmes a Chicago, Illinois; poi l’Isola delle bambole a Città del Messico, ma c’è anche – ed è qui che esce fuori il narratore architetto – Torrijos ci porta alla morte urbana, post-moderna, del nostro web-tempo dove il grattacielo di Ponte City a Johannesburg, Sudafrica – v.sotto, ultima foto – è divenuta la baraccopoli più grande del mondo e, per finire, due chicche: la Città (dei dentisti pirati) di Kowloon a Hong Kong e Benidorm – la Manhattan del Mediterraneo – in Spagna, altresì conosciuta come la ‘città psicomagica’.

Cosa aggiungere invece alla biografia monstre – oltre 700 pagine, con molti riferimenti, una ricca bibliografia di tutte le opere, compresi racconti e gialli, e una postfazione della moglie Janet – di uno dei più grandi scrittori di fantascienza di tutti i tempi, ovvero Io, Asimov (trad,it. Chiara Beltrami) scritto da Isaac Asimov medesimo?
Un iper-oggetto che sembra quasi voler vanificare la figura del maestro dello sci-fi, a partire proprio dalle sue origini, nasce il 2 gennaio del 1920 in Russia, i suoi genitori emigrano quando Isaac ha appena due anni, di lì in poi sfilano le pagine al ritmo serrato del memoir: il ritratto giovanile della madre del “bambino prodigio”, il nome ebraico e le prime ingiurie di antisemitismo, sempre attuali, e ancora le ricerche da topo di biblioteca, le prime letture, la letteratura pulp finché fa la sua comparsa il Bellerofonte della sua attività, quella fantascienza di cui si innamora alla giovane età di 11 anni. Insuccessi, futuristi, i (tanti, tansissimi) nomi che si alternano nella vita da autore in fieri e gli inevitabili momenti di scoramento per gli insuccessi editoriali (ma chi, di quelli che scrivono, non li conosce? Il mestiere della scrittura per certi versi così simile a una lunga marcia di resistenza) quindi saranno gli anni universitari e lo scoppio della Seconda guerra mondiale, e poi via veloce, una vita intera stilata normativamente – quasi – che incede per capitoli brevi, come se tutto fosse declinabile, ordinabile in base ai suoi conosciutissimi schemi e assiomi (tutti rammentiamo le sue 3 Leggi della robotica quando ancora non si parlava di macchine robot né, tantomeno, di IA-Intelligenza Artificiale ndr): un compendio davvero prezioso per chi voglia conoscere l’uomo dietro il “padre della fantascienza” mondiale.