L’Arca di Natalia

Un angolo di verde a pochi chilometri dalla città. Pace sotto gli ulivi e terra riarsa dalla siccità che sta già mietendo vittime, nell’ennesimo anno più caldo di sempre, l’estate più calda. Ormai una tendenza, non un’eccezione.
Siamo in un piccolo centro dove si recuperano animali destinati al macello a Catania, in particolare a Trecastagni alle pendici dell’Etna, questo è il progetto che Silvia Clementi con l’aiuto de* volontar* porta avanti da qualche tempo. Non la “Fattoria degli  animali” di Orwell insomma, lo stesso, metafora per metafora, un “Rifugio per animali salvati da situazioni di maltrattamento e sequestro per restituire loro la libertà e la dignità”. C’è molto di fattuale, dunque poetico nel progetto Arca di Natalia e, già, un primo scarto di genere – partiamo tutt3 dall’Arca del patriarca Noè -, che diviene al contempo una forma di disobbedienza al Capitalismo carnivoro (usando l’omonimo titolo del saggio di Francesca Grazioli, qui la scheda libro edito da ilSaggiatore, corredato da numeri impressionanti sul consumo di carne mondiale, sui monopoli industriali e l’effetto di intermediazione che questo tipo di consumo comporta); effetto ultimo, punta dell’iceberg, di un movimento molto più ampio portato egregiamente in TV dal documentario d’inchiesta Food For Profit di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi (qui il trailer).
Uno dei grandi temi del presente è la nostra relazione con l’altro, gli altri. Compresi i vegetali, le montagne, i fiumi – come dimostrano i movimenti di diritto in tutto il mondo – e anche loro: gli animali. Questione che riguarda soprattutto la sopraffazione che, sinora, noi esseri umani – si può essere umani senza umanità? – abbiamo trattato gli animali attraverso un rapporto piramidale, al cui vertice c’è appunto l’uomo, che usa come oggetti, privi di anima (animale|anima?, possibile nessuno abbia mai rimarcato la vicinanza dei due termini?), i corpi di altri esseri viventi, ridotti in sostanza a contenuto di scatolette in vendita nei supermercati.

Ne ha parlato Hollywood con il film Okja. Ci sono poi i video virali sul web della bambina inglese, o americana, che chiede in maniera intelligente alla mamma come si fa a non essere vegetariani? E in Italia le avventure della maialina Maky raccontate da @charleyeanna e la loro “unconvenitonal family” composta in co-abitazione tra esseri umani e animali. E no, non è più solo una questione che si può liquidare alla voce “cose da piccoli”. Ciò che mangiamo. Il modo in cui lo facciamo, e lo faremo. La questione non è, non solo, se vorremo diventare vegetariani o meno? Non è se vorremo continuare a perpetrare una relazione di dominio nei confronti degli animali. Il punto è se siamo disposti ad accettare un sistema industriale di alimentazione, l’allevamento di altre vite, viventi ridotti a macinato per i nostri pasti fast&chef, meglio se “web” (ma come parliamo?).
Che rapporto può avere un bambino con un hamburger se non sa che per farlo bisogna uccidere un vitello, un suo omologo angrafico? Come può sapere quella bambina che la porzione di carne che mangia tranquillamente a scuola viene da un processo di allevamento efficiente, condizioni di vita utili alla performance, dispendio d’acqua, emissione di gas serra a causa della grande concentrazione dei capi d’allevamento (nel caso dei bovini).

Ogni giorno nel mondo uccidiamo 1,5 miliardi di polli… uno virgola cinque miliardi, un miliardo e mezzo al giorno! Che numero è? Di noi, della nostra società rimarrà quello: tonnellate di detriti di ossa di pollo, almeno gli antichi romani hanno lasciato gli acquedotti…
“Papà possiamo provare a diventare vegetariani”, chiede un bimbo a suo padre dopo che ha guardato in faccia uno dei maiali pronti per il macello (ma chi può essere “pronto per il macello”?). Tutto è questione di educazione, portarsi sul confine della comprensione, della consapevolezza.
L’Arca di Natalia nasce dalla volontà e dal lavoro di Silvia Clementi e degli altri volontari. Ed è bello – esteticamente bello e pacificante, sotto gli ulivi il vento del Sud – vedere all’opera chi si dedica a restituire un luogo di vita a questi animali, altrimenti destinati alla morte. Senza nemmeno troppa sofisticazione di pensiero o necessità di scomodare i linguaggi intra-specifici: basta vedere le carezze di Silvia ai maiali Gelsomina e Clementino mentre si ribaltano nella terra in cerca di fresco, le mucche Cannella e Zucchero al pascolo, Agostino il tacchino col suo ciuffo e l’occhio intransigente, Francesco il vitellino, mamma capra Hope con Hoppino, la capra Chloe.

Poi il coniglio bianco Mario, il coniglio grigio Memole (come quella dei cartoni animati), quello nero col naso bianco Dinga. L’asino è ciccio. Una forma di dissenso gentile: «Siamo un Santuario per animali liberi in provincia di Catania. Accogliamo animali “da reddito” sottratti a situazioni di maltrattamento e sfruttamento e cerchiamo di dare loro una vita dignitosa, come individui liberi, cosa che in passato gli è sempre stata negata. Oggi al Santuario vivono maiali, bovini, pecore, capre, conigli e un asinello: ognuno di loro ha un nome ed è libero di esprimersi. E poi ci sono i nostri custodi, Cocco, Ostello, Emma e Giulia (cani). Il nostro obiettivo primario è aiutare più animali possibile sottraendoli allo sfruttamento e divulgare uno stile di vita antispecista».
Come è nato il progetto dell’Arca e oggi quanti animali ci sono, in che senso provengono da un movimento di “liberazione”?
«L’Arca di Natalia è un’associazione antispecista che nasce nel 2020 con lo scopo di dare vita ad un luogo protetto per animali provenienti da ogni tipo di sfruttamento. L’ Arca di Natalia infatti apre un Rifugio detto anche Santuario per Animali Liberi nel Novembre 2021. Allo stato attuale accoglie circa una sessantina di animali proventi da sequestri, maltrattamenti e abbandoni a cui  cerchiamo di donare la dignità e la libertà che l’uomo gli ha negato fin dalla loro nascita. Tra gli abitanti del Rifugio ci sono 3 bovini, una ventina di maiali, molti tra capre e pecore, conigli, galli, un asinello, un tacchino e numerosi cani. Tutti gli abitanti del Santuario, una volta arrivati qui, riacquisiscono la propria individualità e il loro diritto alla libertà. Non sono più considerati numeri o merce ma individui liberi di esistere, di scegliere con chi stare, cosa fare.. semplicemente liberi di esistere per se stessi e non per l’essere umano o per il valore che l’uomo gli dà. Tutto questo dovrebbe essere la normalità ma purtroppo ad oggi per questi animali definiti ” ex da reddito” non lo è. Questa è la loro casa e noi i loro custodi.

Chi è la Natalia che dà il nome all’Arca?
«Natalia è il nome della mia cagnolina che mi ha aperto gli occhi tanti anni fa facendomi comprendere come non ci sia alcuna differenza tra un cane, un maiale, una mucca o un asinello. Siamo tutti connessi e proviamo le stesse emozioni. Il sogno di aprire un rifugio per cani si è trasformato nel tempo prendendo la forma di un Santuario per tutti gli animali indifesi, senza differenza di specie. Con la morte di Natalia ho trovato il coraggio di fare questo passo che ci avrebbe cambiato la vita per sempre. Sono diventata vegetariana e poi vegana. Ho cercato di dare un senso a quello che Natalia mi aveva insegnato durante la vita. Il dolore per la sua perdita si è trasformato in una forza dirompente unità alla consapevolezza che ogni vita conta e da allora nulla ha più potuto farmi desistere da quella che è poi diventata una missione».

In che modo l’Arca è un progetto di integrazione animale/vegetale e perché secondo voi è uno dei modi in cui il genere umano può pensare di sopravvivere in un pianeta che cambia?
«L’Arca di Natalia è un Santuario antispecista che sostiene uno stile di vita cruelty free. Oltre ad aiutare animali in difficoltà, consapevoli di non poterli salvare tutti, promuoviamo uno stile vita vegano basato appunto sulla non violenza. Per fare questo organizziamo incontri con le scuole di qualsiasi grado e con famiglie durante i quali parliamo sia di liberazione animale sia dell’impatto che gli allevamenti intensivi hanno sul Pianeta.  È ormai noto che uno stile di vita basato su un alimentazione vegetale riduce la produzione di gas serra, di scorie azotate e del surriscaldamento globale. Ci lamentiamo tanto della siccità in Sicilia e dell’inquinamento ma pochi sono disponibili a cambiare le proprie abitudini in casa ed in cucina pur sapendo che questo potrebbe fare la differenza, se lo facessimo tutti. Siamo abituati a pensare che il cambiamento climatico non sia un nostro problema. Ebbene ci riguarda e come. Il nostro compito è quello di educare i più piccoli a fare la loro parte per tutelare il pianeta», obiettivo non secondario del progetto è infatti “divulgare uno stile di vita basato sulla non violenza, la non discriminazione, l’antispecismo e l’amore universale, rivolgendoci in particolare a scolaresche, famiglie, comunità e bambini con disabilità”.

Quali sono gli ultimi progetti a cui state lavorando? Qual è il vostro rapporto con la Natura?
«Come Rifugio per animali facciamo parte della Rete dei Santuari per animali Liberi che conta circa 25 realtà in tutta Italia, la maggior parte da Roma in su. Con loro stiamo lavorando ad un progetto didattico per fornire la possibilità alle scuole di qualsiasi grado in tutta Italia di organizzare incontri formativi sia in aula che nei Santuari più vicini in base alla città in cui sorge la scuola. Un altro progetto ancora in fase iniziale prevede la creazione di un protocollo di intesa tra i vari Rifugi in Italia e le istituzioni tra cui le Asp di riferimento sul territorio e la polizia. Questo protocollo dovrebbe servire da linee guida di comportamento per una più facile collaborazione nei casi di ritrovamento di animali privi di tracciabilità, in passato destinati all’ abbattimento ( uccisione) ma che oggi possono essere accolti nei Santuari. Un progetto più grande al quale la Rete lavora da tanti anni e al quale noi ci siamo uniti da qualche anno è il riconoscimento giuridico dei Santuari, avvenuto con il DM del 7 marzo 23 Manuale operativo, mentre in passato erano equiparati agli allevamenti.

C’è una legislazione?
Oggi i Santuari sono riconosciuti in BDN (Banca Dati Nazionale) come rifugi permanenti e gli animali che vengono accolti non sono più merce bensì animali non “dpa” cioè non destinati alla produzione di alimenti. Abbiamo finalmente ottenuto anche la sostituzione delle marche auricolari con i microchip sottocutanei per molti dei nostri animali. Stiamo proseguendo nel chiedere delle deroghe nei casi di emergenza sanitaria in cui  malattie infettive possano colpire gli animali dei Santuari. Non vogliamo essere trattati alla stregua degli allevamenti e vedere i nostri amici animali uccisi come già successo ai maiali sopravvissuti alla peste suina il 20 Settembre 2023 a Sairano nel Rifugio Progetto cuori liberi , poi uccisi dalle istituzioni solo per tutelare gli interessi degli allevatori. I santuari sono e devono restare al di fuori delle logiche economiche e del profitto».

Il futuro: come lo immaginate per voi e per i vostri animali, qual è il vostro “pensiero lungo”?
«In un futuro breve ci vediamo in continua lotta contro un sistema che non tutela realtà come questa. I Santuari sono luoghi di liberazione per i più deboli, i discriminati. Sono luoghi che non vengono riconosciuti dallo Stato come invece fanno con i canili e gattili a cui vengono dati contributi in base al numero di animali accolti. Siamo lasciati soli. È questa la verità in questo momento. Ci sosteniamo solo con donazioni, adozioni a distanza, il 5 per mille, piattaforme come Teaming. Ma il futuro lo vediamo in salita. Questo governo sta dando dimostrazione di non avere a cuore la sorte né degli animali selvatici (cinghiali, lupi, orsi, mufloni etc) né tantomeno di aprirsi, incentivandole, a delle alternative che in altri paesi stanno prendendo piede come banalmente la carne coltivata, per dirne una.
In un futuro più lontano, ma che non credo riusciremo a vedere, ma possiamo solo sognare, non esisterebbero i santuari perché tutti gli animali sarebbero liberi. Si potrebbero visitare solo in ricordo di un passato in cui l’uomo uccideva ancora animali senza pietà per soddisfare il proprio palato senza alcuna necessità per la propria sopravvivenza».

Se doveste racchiudere in 3 concetti|parole quello che fate, quali sarebbero e in che modo i cittadini comuni possiamo usare questi concetti nel quotidiano?
«Liberazione dei più deboli. Resistenza. Amore per la vita. Se ognuno di noi ogni giorno scegliesse di aiutare gli indifesi, animali o persone e decidesse di opporsi alle ingiustizie anche se non direttamente coinvolti senza girarsi dall’altra parte questo sarebbe già l’inizio del cambiamento. Animali, piante e uomini siamo tutti connessi. Nessuno può agire senza avere conseguenze sull’ altro. È qualcosa che dovremmo capire e accettare. Nessuna vita ha più valore di un’ altra. Gli animali e le piante non sono qui per noi ma sono qui con noi. Abbiamo il dovere di proteggerli e proteggere il nostro pianeta e da questo l’uomo può trarne solo beneficio».

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