E’ un titolo solvente e preciso Uomini e fiumi. Storia di un’amicizia finita male (Rizzoli, 18,00€) di Stefano Fenoglio, Professore ordinario di Zoologia presso l’Università degli Studi di Torino, dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi DBIOS, e cofondatore del Centro per lo Studio dei Fiumi Alpini (ALPSTREAM/Parco del Monviso). Sentiamo il rumore sordo dei fiumi che si immergono nel folto, i fiumi alpini che andranno protetti sempre di più, l’acqua e anche il suo correlato di siccità.
Il destino dell’uomo è legato all’acqua, ci dice l’autore, così la relazione col sacro, il rispetto per la Natura, l’utile rapporto che ha permesso a tutte le civiltà di prosperare. Insomma.
I fiumi hanno creato le civiltà, perché li abbiamo dimenticati?
«I fiumi sono stati l’ambiente che ha permesso la nascita delle civiltà umane come noi le conosciamo, basate su un sistema sociale in cui la sedentarietà, il legame ad un particolare terreno, la stratificazione e la distinzione dei ruoli, la vita in assembramenti urbani hanno soppiantato le precedenti, lunghe epoche caratterizzate da un nomadismo basato sulla caccia e raccolta. Le nostre sono a tutti gli effetti ‘società idrauliche’: senza scomodare i nostri ricordi scolastici relativi alla mezzaluna fertile, agli Egizi o alla valle dell’Indo è evidente che proprio l’uso delle acque fluviali è stato alla base della più grande innovazione che ha permesso alla nostra specie di differenziarsi da tutte le altre: la produzione del proprio cibo, grazie all’agricoltura irrigua. Questo profondo ed antico legame si è mantenuto per millenni, accrescendosi addirittura quando grazie alla forza delle acque correnti abbiamo sviluppato macchine, industrie, energia. Negli ultimi decenni, tuttavia, complice l’enorme sviluppo tecnologico e l’inurbamento di gran parte della popolazione abbiamo assistito al nostro progressivo distacco dal mondo naturale ed in particolare dai fiumi. Da elemento fondante del nostro quotidiano sono divenuti una presenza superflua, quasi fastidiosa o a tratti spaventevole. Questo atteggiamento è decisamente pericoloso, in quanto noi dipendiamo dai fiumi adesso come 8000 anni fa».
200 anni fa c’era solo 1 abitante su 10 in città, oggi 7 su 10 abitano in città, e in futuro?
«È un dato di fatto che ormai più della metà della popolazione mondiale vive in città, in un contesto sempre più scollegato dalla mondo naturale. La tendenza globale all’inurbamento sembra essere inarrestabile. Milioni e milioni di bambini oggigiorno crescono senza alcuna esperienza diretta della natura, che viene nel migliore dei casi ignorata quando non vista come qualcosa di inutile e lontano. Questo è particolarmente vero per gli ambienti fluviali, in quanto per la maggior parte delle persone i fiumi sono in pratica scomparsi non solo dall’esperienza quotidiana ma anche dalla realtà del paesaggio, intrappolati dal cemento o tombati sotto le strade e le aree urbane. Tuttavia, tra le conseguenze del cambiamento climatico globale alcuni ricercatori ipotizzano un diffuso ritorno dell’Uomo nelle aree montane, in uno scenario che vedrebbe Alpi ed Appennini nuovamente appetibili per una nuova generazione di montanari, caratterizzati da una capacità di innovare e vivere in aree sinora considerate marginali. Proprio su questa previsione si basa l’avvio della Laurea in scienze e Tecnologia per la Montagna (MONTES) e l’alleanza universitaria UNITA (Universitas Montium), fortemente volute dal nostro Ateneo».
Qual è il fiume più “importante” oggi, e perché?
«E’ una domanda difficile, quasi impossibile. Direi che per ogni persona il sistema fluviale più importante è quello che scorre a lui più vicino, quello da cui trae acqua potabile (dalle sue sorgenti), alimentazione (dalle prese irrigue), energia (dall’idroelettrico o dal raffreddamento delle centrali termiche), quello che usa per allontanare i propri reflui organici (attraverso il sistema fognario e dei depuratori). Ovviamente a livello globale i fiumi più grandi sostengono grandi porzioni della popolazione umana e quindi globalmente rivestono una maggiore importanza, ma per un pastore della val Varaita o un risicoltore di Ceylon il fiume più importante è il suo».
Cos’è Mohenjo-Daro, che si legge nel libro?
«Mohenjo-daro è una delle più antiche città conosciute, le cui tracce sono state scoperte solamente cento anni orsono nel moderno Pakistan. Tra le più importanti testimonianze della civiltà agricola dell’Età del bronzo, questa città si sviluppò grazie al fiume Indo, divenendo circa quattromila anni fa uno dei più importanti centri urbani dell’intero pianeta. La presenza del grande fiume rese possibile lo sviluppo e la concentrazione demografica, non solo per motivi irrigui ed idropotabili ma anchee perché proprio qui sono state rinvenute quelle che sono probabilmente le prime tracce di una rete fognarie che convogliava i rifiuti organici verso il vicino fiume, evitando così miasmi ed epidemie».
In futuro ci dobbiamo aspettare guerre per l’acqua?
«L’acqua e la sue gestione sono da sempre oggetto di aspre contese, politiche e anche militari. Basti pensare che nel più antico poema conosciuto, l’Epopea di Gilgamesh, si parla di una guerra per l’acqua, quella che ha visto fronteggiarsi le antiche città di Uruk e la Kiš per l’accesso ed il controllo dei sistemi di irrigamento fluviale. Anche il termine ‘rivale’, che noi usiamo comunemente (il nostro rivale negli affari, in amore, eccetera) ha un’origine fluviale, in quanto indica la persona che ha accesso alle acque del nostro stesso rivus e che quindi è un pericoloso competitore. L’accesso alle acque correnti è importante tanto adesso quanto lo era secoli fa, come testimoniano le crescenti tensioni in numerose parti del pianeta, dal Medio Oriente al confine India-Pakistan, all’Africa centrale».
Perché sono così importanti, e sempre di più saranno, i fiumi d’alta montagna?
«I fiumi alpini e generalmente montani sono di estrema importanza in quanto da un lato sono gli unici tratti che mantengono una certa biodiversità e naturalità morfologica e dall’altro rappresentano dal punto di vista antropico importanti e imprescindibili fonti di acqua caratterizzata da una buona o elevata qualità. Purtroppo, anche questi sistemi sono gravemente minacciati, con fattori che agiscono a scala locale (aumento dell’artificializzazione degli alvei, eccessive captazioni) e globale (aumento delle temperature e alterazione del ciclo delle precipitazioni). Per la loro tutela alcuni anni fa è sorto il centro ALPSTREAM, presso le sorgenti del Po, dove congiuntamente operano ricercatori e tecnici del Parco del Monviso, Università di Torino e Politecnico di Torino per comprendere e tutelare questi ecosistemi unici, permettendone uno sfruttamento sostenibile».