Il tratto comune delle storie di Kapka Kassabova sono i confini, nel suo ultimo libro Il lago Ritorno nei Balcani in pace e in guerra (Crocetti editore, euro 20, trad.it. Anna Lovisolo) vengano intesi quale punto di sutura del mondo. Le ferite restano, ci esorta a pensare l’autrice, lo stesso le faglie che ci permettono di affrontare viaggi, andata e ritorno lungo le coste della memoria, insenature dell’imperfezione.
I personaggi di Kassabova – nata a Sofia nel 1973, poetessa e scrittrice, dopo aver vissuto per anni in Nuova Zelanda si è ora trasferita nelle Highlands scozzesi – sono ritratti di un tempo perduto, visi-paesaggio, ogni carattere sconta l’orogenesi di un luogo: è così che le vicende di Kosta si incrocino con i ricordi della madre, l’analisi geopolitica dell’Europa (mai così evidente è stata la scollatura, il richiamo delle sirene della democrazia come in questo momento storico ndr) si incontrano con la mistica dei dervisci e la questione balcanica viene vista | visitata in questa non fiction di viaggio, questa Odissea à rebours, con i baklava, il dolce di pastafilo specialità della Turchia porta d’Oriente, le nazioni e le guerre degli uomini, ed ecco che il bombardamento di Sofia si mischia allora alle Sorgenti di Drilon, e al Giorno del Confine, appunto.
Destino e nomi (imam bayaldi l’insalata macedone), tutto grida immaginario nel poderoso racconto di Kassabova – che si compone di oltre 450 pagine – i pescatori troveranno emersione dall’oblio, gli storici si appassioneranno alle vicende minori che, sole, svelano la grande Storia entro la quale siamo tutti immersi: le acque di un lago, minore, fiumi carsici, marioceani che presto ci faranno pagare le conseguenze come nel bellissimo racconto di uno dei personaggi del libro: “Una burrasca sul lago si compone di quattro fasi…la prima è la calma. Soltanto i pescatori sanno che sta arrivando, mentre gli altri non ci credono. La seconda è l’imminenza. Iniziano a soffiare venti da ogni direzione… La terza è quando ormai è qui, eccola. Così dice la gente quando vede la burrasca che si avvicina e resta come paralizzata sulla riva…La quarta, una volta che è passata. Restano le conseguenze”.
Il lago di Kapka Kassabova non è una lettura agile né per chi ami la superficie, o il semplice riposo estivo: di più è la rotta che non si ha, gli strascichi che non abbiamo, è così che leggendo del centro storico di Pogradec, miracolosamente scampata alle ruspe, nel racconto, non si può non pensare alla guerra in Ucraina, i contraccolpi di un passato che torna, insistente, fantasmi da cui dovremo liberarci se non vogliamo affondare.
Se v’è invece un tratto che accomuna la necessità di intuire il futuro, riuscendo a emergere le isole del passato, l’affioramento, da dove arriviamo, ecco allora il libro di Sietze Norder, Il mondo in miniatura (ADD editore, €18, trad.it Marco Cavallo) dove il fiume del tempo si incanala, è il caso di dirlo visto il titolo su, La vita sulla Terra raccontata attraverso le isole.
Ed ecco allora che il giovanissimo biogeografo Norder (è dell’87) – dottorato all’Università di Lisbona sulla biogeografia dell’Antropocene, docente all’Università di Amsterdam, ricercatore pera l’Università di Leiden, membro del CdA della Society of Island Biology – ci porta non tanto, e non solo, alle origini ma alle emersioni del mondo: cenere e lapilli, cartine geografiche che ci portano indietro nel tempo, a quando le terre erano fazzoletti su un mare d’acqua, la stessa linea d’orizzonte che oggi si vive a Mauritius (isola oceanica che ha 9 milioni di anni e dalla quale prende l’abbrivio il simpatico racconto in prima persona dell’autore), ecco allora che arrivano i racconti dalla Terra e la Luna – come in Jules Verne-, il blu degli oceani e le corde che ci legano in vita, tutti, esseri umani e coste, animali e piante, al più grande destino del mondo.
“Quanto deve essere grande un pezzo di terra per meritarsi il nome di isola?”, “Con una vetta di 3718 metri, Tenerife è tra le dieci isole più alte al mondo”: leggendo il saggio di Norder scopriamo come le somiglianze, le linee di faglia, specie diverse che si trovano apparentemente ai poli opposti, in verità abbiano dei tratti in comune proprio in virtù di un habitat condiviso, territori che prima facevano parte di placche continentali che nei milioni di anni che si sono riuniti, o ancora la vita ai tempi dell’Eden che ha prodotto paradisi un tempo incontaminati, ora ridotti a mete turistiche, insomma la lente focale del biogeografo analizza appunto La vita sulla Terra raccontata attraverso le isole e quel che ne esce è il ritratto del mare, della terra e del cielo così come li conosciamo oggi. Mentre le tempeste si fanno sottili e le mareggiate ostili, e il mondo ai tempi dell’Antropocene (Olocene) rischia la sommersione, la scarsità di cibo, la secca dei fiumi e la desertificazione dei territori, e fors’anche della capacità dell’homo sapiens (che dopo erectus, altezza 165-peso 51 kg, e floresiensis, 106 cm e 28 kg di peso) di adattarsi ai cambiamenti: si intravede in filigrana nel testo, infatti, l’ottusità della nostra specie la quale, una volta camminata la Terra, invece di proteggerla sta ben pensando di bypassare, chissà come, le immutabili leggi della Tettonica delle placche che così tanto ci faceva ridere alle elementari, o la creazione del nucleo del pianeta, insomma di restare impunemente immuni a ciò che cambia, si sommerge, esplode (i vulcani), evocativa nel testo la terza parte, “La Terra come arcipelago” in cui Norder non solo descrive ma analizza la presenza dell’uomo e della nostra contemporaneità su uno scandaglio di tempo lungo – cfr. il grafico a pag. 161 – e mette in relazione l’isolamento come caratteristica e comportamento al futuro del genere umano sul pianeta, alle possibilità che abbiamo, l’oceano come barriera.
E’ l’interessante proposta-prospettiva di una co-relazione del ‘mondo nuovo’ che verrà il quale non può certo prescindere dalla soluzione alla crisi di biodiversità che abbiamo oramai propagato in tutto il mondo.
L’editore ADD è da tempo sensibile al tema ambientale, di interesse anche l’altro titolo da poco uscito di Anne Sverdrup-Thigeson, Nelle mani della Natura ovvero Come dieci milioni di specie ci salvano la vita.