Le pieghe del mondo: è il sottotitolo di PENSS, graphic novel da poco uscita per le edizioni tunué (euro 27,00, trad.it. Stefano Andrea Cresti) di Jérémie Moreau, giovane autore de La saga di Grimr, premiato miglior libro al Festival di Angoulême e de La scimmia di Hartlepool, miglior libro Gran Guinigi 2015 al Lucca Comics & Games.
Le pieghe del mondo di cui parla Moreau sono quelle che va cercando Penss, ragazzino di una tribù primitiva dedita alla caccia. La metafora del mondo è subito evidente sin dalle prime pagine, quando gli altri mangiano carne e rubano le pelli ai cinghiali, Penss è lì con la testa fra le nuvole, primordiale esempio di un uomo rinnovato tra genti barbare: mentre la tribù infatti si ingozza e pensa a stabilire gerarchie e divisione di compiti (un post-fordismo applicato à rebours), Penss se ne va in giro per le montagne a contemplare rocce e vento, mentre le capre vengano sbranate – come Natura crea – dai felini bianchi zanna-lunga e gli orizzonti crepitano in fondo alle valli.
Penss è archetipo e slancio, un personaggio che incarna la modifica che l’uomo contemporaneo dovrebbe agire su di sé. Di più, si fa portatore visivo, Penss il camminatore delle nuvole, del riscatto di Orfeo su Prometeo.
Se infatti la tribù a cui il ragazzo incarna il mito di Prometeo, che ruba il fuoco agli dèi pur di donarlo agli uomini, suoi figli, atto d’egoismo predatorio dunque; Penss invece è l’uomo-orfico, discendente del figlio della Terra, incline più alla contemplazione e l’atto del camminare che al semplice atto dell’estirpazione, la cancrena dell’uomo posto al vertice della catena alimentare, quasi che il mondo stesso sia stato messo dagli dèi, o dall’unico dio di turno, a sua disposizione per esaudire i suoi più basilari bisogni.
E’ questo graphic novel gesto d’epopea (un po’ come fu per l’anime di Hayao Miyazaki Conan ragazzo del futuro, liberamente tratto dall’omonimo libro di Alexander Key) e però senza distopia né post-apocalissi, mantra o catarsi.
Moreau ci riporta indietro nel tempo selvaggio: “E se l’illusione fosse nei vostri occhi?” si domanda, e ci domanda Penss mentre porta sua madre sulle spalle, mito di Orfeo e neo-Eneico: “Voi non guardate il mondo. Lo temete”.
Nel suo viaggio che sarà scoperta e agnizione, Penss incontrerà gemme e detriti, mentre i fiumi scorrono e sua madre muore. Come per le epiche nere di Cormac McCarthy, il corpo e i pensieri della madre morta del protagonista verranno metabolizzati, cannibalizzati dal figlio in un atto che è contemporaneamente esodo e j’accuse (il mondo, è il mondo che permette l’atrocità, sono le scelte e la cattiveria, il nero al fondo delle grotte da cui fuggiamo, tuttavia).
Le pieghe del mondo è una favola iniziatica, poiché ogni cosa è segreta nella vita – “La pianta. La foresta. La roccia. La montagna. Il fiume. La bestia. Il cielo. Il mondo. – Persino l’inizio, così la perdita, gli animali al pascolo, i funghi che entrano in circolo nelle vene dopo essere stati inghiottiti, allucinazioni, illusioni, è il segreto del mondo, il celato, la pazienza, le ere, le ombre, i crinali delle montagne, l’Uno entro il quale siamo immersi, il Tutto che ci è intorno e che crediamo di poter dominare, insulse formiche a spasso sulle sabbie del tempo. Prima della tempesta.
Le gocce sono tutt’intorno a noi. Le gocce sono i giorni. Le pieghe del tempo che tutti solchiamo, chi a piedi, esseri umani nomadi, chi fermi, stanziali. L’uomo cacciatore, o l’uomo-pascolo. Le lance e il seme. L’essere umano al gregge, Penss incontra gli altri, l’altro, e si rifugia dentro le grotte, una volta ancora. Il potere delle ombre è più forte di qualsiasi altra cosa. Quando incontrerà “lei”, però, lei nel bosco che lo atterra, atterrito Penss penserà a qualcosa a cui non ha mai pensato prima.
E’ il linguaggio che mette in forma il mondo. E chi detiene le parole, chi parla la medesima lingua è in grado di vedere lo stesso mondo.
Così, attraverso riti di passaggio, la ragazza sarà in grado di operare un raccordo tra i due mondi. Il mondo dei cinghiali che fioriscono dopo la morte, ogni carcassa infatti in Natura è generatrice di vita successiva, niente è disperso, tutto si rinnova. Così il teschio bianco della madre di Penss, le tibie incrociate, la corsa del cinghiale, il vento e gli uccelli che sorvolano le valli. Tracce di sincronicità, l’effimero mondo degli uomini che ci si sta smottando sotto gli occhi. Le pieghe di un mondo primitivo che somiglia così tanto al nostro, nei suoi rapporti di forza del clan che, al calare dell’inverno, e delle coltri bianche che ricoprono il mondo, farà l’unica cosa che bisognerebbe fare: il nido e l’alcova, gli uomini e le donne collaboreranno, Penss e la ragazza si accoppieranno sotto l’uovo del mondo, corpi in transito, seme e acqua, terre di faglia, le pieghe del mondo riunite dopo il seppellimento dei morti e l’epoca dell’odio.
L’amore ai tempi del “Grande Bianco” e il fiorire delle stagioni, i rinnovati campi da lavorare insieme, mentre i mammut apriranno vie e il “nuovo popolo” pianterà semi. Sino a che sarà di nuovo la guerra, i signori delle mosche all’opera, l’esercizio del dominio, e il ciclo homo homini lupus che si rinnova.
Penss però, Penss l’uomo-orfeo, il camminatore, diventerà padre e così colui che osserva e rispetta porterà agli occhi del clan, degli altri, il suo linguaggio d’inclusione, sotto gli occhi di tutt_ si rinnoverà il portato dell’equilibrio del mondo. Una bambina, l’albero, la speranza. Tutto questo, e molto altro, è Penss e le pieghe del mondo di Jérémie Moreau.