Un video in cui una ballerina ballo lo spazio del corpo, divisa nella scena dal protagonista, una linea di demarcazione (come accade nel film coreano Parasite 기생충 premio Oscar 2019, i cui protagonisti – ricchi da una parte, poveri dall’altra, vengono inquadrati da una linea di confine a demarcarne l’impossibilità della comunicazione). E’ il nuovo lavoro di Neo Garfan, Al di là del limite, il cui video è stato girato dalla regista Francesca Debri.
Un momento particolarmente difficile per uscire, viste le enormi difficoltà dei due settori: il teatro, la danza, la musica live e in studio.
Cosa sono i confini oggi, nel tempo della pandemia e delle discrepanze umane: ci siamo allontanati, ma vorremmo abbracciarci.
“Il contatto umano – dice Neo – ha attraversato una pandemia ben prima di quella che ci troviamo ad affrontare oggi. Si chiama internet. La rete ha interpretato le dinamiche sociali e psicologiche dell’essere umano riducendole a interazioni. L’abbraccio si traduce in click, le persone in followers, la massa pensante in algoritmo”, poi: “Non sta a me dire se questo sia un danno o meno, mi limito a percepire quanto accade intorno e nutro seri dubbi che la tendenza, per il prossimo futuro, sia quella di un ritorno all’abbraccio.
I confini non siamo più noi a disegnarli, i colossi digitali hanno interessi e mezzi per far sì che le persone incrementino sempre di più questo modo di interagire”.
Per la regista Francesca Debri, il concetto del corpo della ballerina è confronto con lo spazio intorno, ma anche con il nostro tempo (vedi le manifestazioni in piazza a Polonia di migliaia di donne contro le restrizioni sull’aborto volute dal governo, qui).
“Il corpo non è un surrogato dell’anima, parcheggiata all’altezza del petto, che può essere rimossa e trasportata da questo, all’altro mondo. Uno migliore. Non è così. Il corpo ha i suoi diritti ed è giusto farli valere… e smetterla con questo dualismo che lo contrappone all’anima. Il corpo si riordina in autonomia, vuole guarire quando si ammala, suda, al bisogno, si isola e si congiunge; marcia per farsi sentire e marcisce quando è giunto il suo tempo. Il corpo è politico. Quando si ribella al proprio sistema è per ripristinare un equilibrio”.
Un gesto ci divide dal caos, scriveva Antonine Artaud, continua Debri: “La porta che separa Greta e Neo nel videoclip, è un elemento centrante, è il corpo della scena. Respinge i due protagonisti all’indietro, come fosse un limite invalicabile, che non ci permette di andare al di là. I due corpi si muovono in tensione l’uno verso l’altro, ed entrambi verso una porta, a ricoprire la distanza di un’assenza. Un passo verso l’altro equivale a un passo verso sé. Finché la porta si apre, da sola, sospinta da un respiro che s’è fatto vento: è il corpo che cede, e si arrende, che ha trovato il coraggio d’amare”.
Se la musica può, cosa deve fare oggi, pur senza interazione col pubblico?
“La musica fortunatamente esiste e a prescindere dalla proposta – chiude Neo – si posiziona nel tessuto del nostro tempo. Chiunque può disporre di un immenso catalogo virtuale onnicomprensivo, qualcosa che solo 20 anni fa era impensabile. La rete – quasi paradossalmente ndr – ha altresì portato all’umanizzazione dell’artista, i video messaggi casalinghi, la manifestazione di opinioni più o meno politiche, l’interazione diretta con il pubblico, hanno ricalcato il profilo umano e scolorito quello dell’artista. Anche in questo caso, non sta a me deliberare su cosa sia giusto o meno, ma il velo attorno a un musicista dovrebbe rimanere integro, permettendoci di sognare anziché distruggere l’immaginario, con un accesso indiscriminato alla sua umanità”.