Il 2016 è stato l’anno più caldo di sempre, dopo che lo era stato il 2015 l’anno prima e il 2014 quello ancora precedente.
Nonostante il climate change sia avvertito, da ogni parte, come dannoso, e mentre il mondo cattolico dopo l’enciclica di Papa Francesco Laudato sì lancia le sue campagne – divestitaly.com e investirenellaudatosi.com – il dibattito tra liberisti pro-globalizzazione e neo-conservatori negazionisti continua, soprattutto dopo l’elezione del 45° presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, negazionista climatico convinto.
Dallo storico ambientalista Bill McKibben, che vede l’impegno del mondo cattolico come epocale – e vedremo quali le masse di investitori, e di investimenti, che sposterà – ai teorici mainstream, per molti, i nuovi ma sempre vecchi assetti geopolitici del mondo, dipendenti dal carbone e dal petrolio, rappresentano la cartina tornasole di un giurassico economico che non si vuole estinguere e che scoda violentemente per rimanere artificialmente in vita; mentre le nuove economie poggiate sull’economia verde e la tecnologia si profilano all’orizzonte – o vengano vendute, nella misura in cui siamo tutti consumatori – come l’Eden verso il quale la specie umana pare fatalmente destinata nel prossimo incombente futuro (sempre che i ghiacci non ci sommergano prima). Eppure: «Per quanto il neopresidente Usa cerchi di ostacolare le rinnovabili e di rilanciare i fossili (ricordiamo, tra i primi suoi atti, la benedizione degli oleodotti bloccati da Obama), la sua politica non potrà invertire le tendenze di mercato» commenta Gianni Silvestrini, Presidente di Green Building Council Italia, Direttore scientifico del Kyoto Club e QualEnergia, autore del saggio “Due Gradi” 2 °C (Ed. Ambiente, 22 Euro) duegradi.it, e inoltre: «Malgrado le promesse di risollevare il disastrato settore del carbone fatte in campagna elettorale, i consumi di questo combustibile, già calati del 18% nel 2016, dovranno vedersela sempre più con la competizione del gas e delle rinnovabili. Una tendenza di cui è consapevole Robert Murray, amministratore di una delle più grandi miniere di carbone, che invano ha consigliato prudenza a Trump. Del resto, se si vuole rilanciare l’occupazione nel comparto energetico occorre guardare altrove: il solare già oggi garantisce negli Usa il doppio dei posti di lavoro rispetto all’insieme di quelli legati alle centrali a carbone, petrolio e metano».
Ma non sono solo le rinnovabili a essere sempre più competitive, continua nella sua analisi il Direttore scientifico del Kyoto Club: «Diverse altre tecnologie si stanno dimostrando “dirompenti” rispetto al contesto in cui si inseriscono. Così, le batterie al litio, con quotazioni dimezzate negli ultimi due anni, faciliteranno la conquista di larghi spazi nella mobilità e nel solare. E i Led, con prezzi calati del 90% rispetto al 2008, stanno rapidamente imponendosi sul mercato dell’illuminazione».
Nel nuovo scenario globale dopo che gli Usa sono usciti dal Tpp l’accordo Trans Pacifico con Asia e Australia (che ora, pare, si sta avvicinando alla Cina); mentre il Messico, e in generale il Sud America, rientrano nelle politiche restrittive sull’immigrazione su suolo americano, insieme ai cittadini di alcuni stati in odore di terrorismo; India e Giappone paiono in stand by di giudizio; la Cina sempre di più incarna l’alternativa competitiva al modello di sviluppo capitalistico occidentale; e la Russia è passata da nemico giurato a cyber friend dei nuovi Divided States of America come sono stati definiti da molti, e l’Africa si avvicina all’Europa (al netto, quest’ultima, della Brexit e della nueva onda dei populismi ndr) per Gianni Silvestrini: «La Cina si appresta a guidare la lotta climatica dopo la messa fuori gioco degli Usa», il Presidente di Green Building Italia non ha dubbi: «Negli ultimi due anni i consumi di carbone sono calati, una tendenza che si rafforzerà con la recente decisione di bloccare la costruzione di oltre 100 centrali a carbone. Contemporaneamente Pechino spinge sulle rinnovabili. Lo scorso anno ha installato la metà della potenza fotovoltaica montata su scala mondiale, 34.200 MW. Ed è leader della mobilità elettrica». Venendo in Europa, continua ancora l’autore di 2 °C: «Possiamo citare la virtuosa Danimarca che, forte di una produzione da rinnovabili pari al 56% dei consumi elettrici, punta a eliminare completamente i combustibili fossili anche dai trasporti e dal riscaldamento entro il 2050. E nel settore dei trasporti la Norvegia è ormai diventata un riferimento internazionale per la mobilità elettrica, con 100.000 veicoli in circolazione e il 30% delle vendite del mercato automobilistico».
L’Italia dopo l’insediamento del nuovo governo e le ultime vicende nel comparto finanziario-bancario e automobilistico, dovrebbe impegnarsi in politiche economiche di medio-lungo termine, auspica il presidente del Kyoto Club, che la rilancino sullo scacchiere internazionale: «Innanzitutto raggiungere gli obiettivi climatici fissati a livello europeo al 2030 – questa la precondizione: «Le emissioni dei settori non coperti dal sistema di Effort Sharing relativo alle industrie energivore, prevalentemente edilizia e trasporti, dovrebbero calare del 33% rispetto al 2005. Un obiettivo che implica l’avvio deciso di nuove politiche, dalla riqualificazione energetica spinta di interi quartieri al decollo dell’auto elettrica, considerato che la produzione di CO2 di questi settori non si è ridotta nell’ultimo quarto di secolo. Parliamo di iniziative che potrebbero garantire molti posti di lavoro e un rilancio dell’economia, ma che hanno bisogno di una visione futura e di un impulso politico al momento mancanti».
Quasi scomodando neo-immaginari e scenari di una fantascienza non post-apocalittica, ma ottimisticamente futuribile, per Silvestrini ci dobbiamo aspettare grandi cambiamenti nel prossimo futuro: «In città la sharing mobility si coniugherà con la trazione elettrica, per passare nel prossimo decennio ai veicoli senza guidatore. Risultato: meno auto sulle strade, parcheggi eliminati, più spazio per verde e piste ciclabili. È un orizzonte di medio e lungo periodo a cui bisogna però iniziare a ragionare già ora. Del resto, il successo del car sharing in città come Roma e Milano segnala la concretezza delle prospettive di cambiamento».
Altrettanto amichevolmente ottimistiche non paiono invece le previsioni per i dati di noi, utenti di tutto il mondo (tutt’altro che uniti ndr): nuovo petrolio che ha lanciato la corsa all’oro del prossimo secolo, epoca di Cyber War stando agli analisti, tempi cupi in cui il privato, e il collegato dispiegato socialpensiero, sono ormai divenuto pubblico e lo spazio, il confine tra rumore di fondo del web e realtà è sempre più labile e sottile: «Il rapporto con i social è biunivoco. Chi li gestisce ne trae un vantaggio di cui spesso siamo inconsapevoli. È il prezzo che paghiamo per un accesso illimitato a informazioni e contatti: un mare che nasconde come sappiamo anche insidiose fake news», chiosa infine l’autore del saggio, che analizza sia le cosiddette disruptive technologies che le tecnologie della comunicazione: «La difesa viene dalla verifica delle fonti e dai controlli incrociati. Ma occorre anche un ruolo attivo da parte dei gestori. “We take misinformation seriously” ha dichiarato Zuckerberg dopo la campagna presidenziale Usa», appena prima di iniziare un lungo viaggio attraverso l’America, che in molti hanno visto come un primo passo verso la candidatura di Mr.Facebook – circa 1,5 miliardi di utenti nel mondo, 28 milioni in Italia – alle prossime presidenziali Usa del 2024.
La sfida del clima continua, dunque, mentre i muri si alzano, il sindaco di New York, città del Novecento, resiste; la Russia gongola e la California dichiara al mondo che, in mancanza dell’impegno climatico del suo presidente è sempre lei, l’Eden in Terra, nonché, paradossalmente, da sola, quinta – o 6a – potenza industriale del mondo, che si preoccuperà di trainare gli investimenti dell’occidente democratico (sotto l’intervento del governatore della California Jerry Brown al Meeting della Geophysical Union, nel dicembre 2016). Intanto non rimane che attendere gli effetti della conferenza che ha collegato l’Enciclica del Papa agli investimenti cattolici nel mondo: un miliardo e trecento milioni di persone che a breve decideranno, come tutti noi, da che parte stare.
In chiusura della seconda puntata, altre buone pratiche per diminuire il proprio impatto sull’ambiente (qui le prime 10):
11. Spegnere le luci inutili.
12. Usare luce naturale il più possibile, aprendo persiane e tap- parelle e spostando le tende.
13. Pulire lampade e portalampade per aumentare la luminosità.
14. Orientare il flusso luminoso verso la zona da illuminare. 15. Utilizzare solo lampadine ad alta efficienza.
16. Non lasciare in stand-by televisori, videoregistratori, com- puter, monitor, stereo e radio.
17. Spegnere il computer, il monitor, la televisione, lo stereo o la radio se non sono utilizzati.
18. Staccare i trasformatori di apparecchi che non si stanno uti- lizzando.
19. Non lasciare il caricabatterie del cellulare inserito nella pre- sa elettrica dopo la carica.
20. Acquistare solo elettrodomestici in classe di efficienza A o superiori.
21. Pulire almeno una volta all’anno la serpentina posteriore del frigorifero.
22. Sbrinare ogni qualvolta si forma uno strato di ghiaccio sul- le pareti del congelatore.
23. Far funzionare gli elettrodomestici nelle fasce non di punta (sera e notte).
24. Utilizzare la lavastoviglie o lavatrice solo a pieno carico.
25. Abbassare completamente le tapparelle o chiudere le persiane nelle ore notturne.
26. Abbassare le tapparelle nelle ore diurne nei locali riscaldati ma non utilizzati.
27. Limitare la temperatura interna della casa a 20 °C.
28. Non aerare le stanze troppo a lungo.
29. Acquistare una caldaia di elevata efficienza, preferendo quel- le a condensazione.
30. Spurgare l’aria dai termosifoni e radiatori per tenerli sempre alla massima efficienza.
31. Evitare di coprire i termosifoni con mobili, tende o copri- termosifoni.
32. Evitare le stufette elettriche.
33. In inverno, evitare di aprire le finestre se fa troppo caldo: se si può, regolare il termostato per abbassare la temperatura.
34. In inverno, tenere le porte chiuse, per evitare che il calore si propaghi in ambienti che non è necessario riscaldare con lo stesso livello di comfort.
35. Interessare l’amministrazione condominiale se il riscaldamento centralizzato è troppo caldo, per trovare una soluzione (ce ne sono).
(la lista delle 101 azioni è presa dal libro Il clima è già cambiato di Stefano Caserini, Ed.Ambiente)