Nel nome, si dice, ci sia il destino. Dopo quella del Sessantotto, dopo i Boomers e la Generazione X (e le varie Y, Z che verrà…) aspettavamo che, fatalmente, dunque, qualcuno si (pre)occupasse di dare un nome alla generazione che oggi, e più ancora nel prossimo domani, diventerà la nuova "forza motore" per il nostro bel pianeta blu, leggi Terra (è appena passato il Planet Earth Day).
La generazione nata dopo il 1980 si chiama "Millennials". Lo dice David D. Burstein, americano di New York, appena 24 anni. E se lo dice lui, che è figlio di questo "tempo", c'è proprio da crederci.
Nel suo libro Fast Future: How the millennials is shaping our World – non ancora uscito in Italia – David analizza e racconta in 230 pagine – dati alla mano – come e quanto i cambiamenti prossimi venturi potranno essere affrontati da una generazione che è stata definita spesso "inerte", "troppo social", "troppo poco social", "egoista"…
Fast Future parla allora delle rapide trasformazioni – climatiche, economiche, tecnologiche – e del modo in cui questa, più di altre generazioni, si sta già trovando ad affrontare.
I Millennials affrontano una realtà complessa, con strumenti tutto sommato nuovi: la Rete è nel loro DNA, ma è comunque la prima volta per il genere umano (ci ricordiamo che Internet non c'è sempre stato, e che fino a, forse, 5 anni fa era molto diverso?): la MG è dunque preparata, pronta, veloce, capace, ciò che accade a un lato del globo rimbalza dall'altro, senza gradi di separazione, non esiste tempo statico né spazio statico. Il "futuro veloce" a cui stanno contribuendo questi giovani post anni Ottanta (epoca dalla rara bruttezza estetica, nevvero, poi rispacciata per "trash" e riattualizzata dai modelli à la Lady Gaga) sono sognatori, di nuovo e per fortuna, nonostante la crisi mondiale, nonostante l'alert sul clima, nonostante il terrorismo mietitore.
Quasi aspettassero un "nuovo avvento", con meno fideismo e più convinzione, usano la tecnologia, la geomobilità, come criteri per trovarsi (e ritrovarsi), per condividere.
I Millennials lavorano in team, hanno spazi di collaborazione veloci e senza forma ma con molto contenuto, si scambiano informazioni e creano senza bisogno di istituzionalizzazioni, hanno un confronto diretto e partecipativo, non si preoccupano della leadership quanto della responsabilità delle proprie azioni e di quanto, questa assunzione di responsabilità, determinerà i loro risultati. Sono loro, probabilmente, che ci insegneranno il nuovo modo di lavorare, di entrare sul World Wide Web, che ci restituiranno la giusta percezione di realtà/virtualità. Loro che lavorano sul reale attraverso il virtuale, essendo i primi nativi digitali. Lo sharing è il loro tempo. La Rete il loro spazio. Benvenuti ai Millennials.
Personalmente, a David Burstein – incontrato qualche giorno fa nell'interessante spazio aperto del Hub Milano: "good future & good luck!"
Burstein è tra l'altro co-fondatore del Westport Youth Film Festival (creato e realizzato da tutti studenti universitari), qui il suo sito.