(online, versione alterata ed estesa)
Si ringrazia per la traduzione Davide Bocelli
Pianeta Terra. Terzo millennio. Agli inizi del Ventunesimo secolo, molti si chiedono cosa accadrà domani. What if, “cosa succederebbe se”: nessuno può dire cosa sarà il futuro, ma in molti lo stanno già immaginando. Suzanne Collins, americana, già scrittrice televisiva per ragazzi, è l’autrice di Hunger Games (Mondadori). Una saga ambientata in un ipotetico futuro, che porta alle estreme conseguenze il Grande Fratello di George Orwell, un mondo in cui il Potere esercita il suo dominio attraverso i reality e la TV non solo determina la realtà, la “tele-controlla".
Nei libri di Collins dodici distretti, per mostrare la loro sottomissione, offrono ogni anno due tributi a Panem. La grande capitale governa mettendo le zone l’una contro l’altra. I tributi vengono prelevati, inquadrati per il visibilio degli spettatori (dal backstage fino all’arena degli scontri, creata ogni anno con scenografie a effetto televisivo) per un unico scopo: sopravvivere. Trionfa infatti chi resta vivo! Chi vince permette al proprio distretto di accedere, per un anno, a risorse economiche altrimenti inaccessibili. "The show must go on" fino a che Katniss, la giovane protagonista, sovvertirà tutti i programmi.
L’avventura di Katniss è denuncia e metafora dell’umanità del Terzo millennio. Per non perdere la partita con il futuro, bisogna superare l’individualismo e la mixofobia (cfr. R.Sennett in Z.Bauman, Fiducia e paura nella città), creare un mondo di alleanze. All’inizio, racconta la scrittrice: «Katniss opera totalmente come individuo all’interno dei Giochi, perché entrare a far parte di un’alleanza richiede fiducia (cosa molto difficile per lei), dovendo tener conto sia delle capacità che delle debolezze di tutti gli alleati. Ecco perché il suo rapporto con Gale (uno dei co-protagonisti ndr) è così importante: unica esperienza della sua vita che sostiene l'idea che il lavoro di squadra aumenta le probabilità di successo di un progetto. Mentre la trilogia progredisce e gli obiettivi si fanno sempre più difficili, lei accetta l’idea che unire le forze con altri utenti dotati di altre capacità complementari sarà il vero mezzo di sopravvivenza».
Per Suzanne Collins – nel 2010, indicata dal TIME fra le 100 persone più influenti del pianeta: «Gli HG-Hunger Games vanno visti come un’allegoria della guerra: molti degli elementi presenti nella saga si possono trovare nei bambini che combattono per i regimi dittatoriali, nell’uso del cibo come arma, nella presentazione televisiva della guerra per controllare la percezione della realtà della gente comune. Con l’avanzare delle tecnologie e la diminuzione delle risorse, non è difficile pensare a scenari distopici. Questi argomenti appartengono già alla letteratura per giovani adulti. Descrivono una preoccupazione; d’altra parte, rendersi conto di un problema è un modo per iniziare a cercare una soluzione. E con un po’ di fortuna, forse troveremo soluzioni migliori di quelle di Panem».
Collins continua: «Il viaggio di Katniss riflette una tendenza attuale della società: molti lavori richiedono una specializzazione, ma hanno valore solo quando nascono dagli sforzi di una squadra. Dal lato positivo, abbiamo la forza di un gruppo che concentra le proprie energie su un problema specifico, lavorando come parti di una macchina efficacissima. Dall’altro, l’individuo perde di versatilità». Nel mondo attuale: «il progresso di una tecnologia può cancellare in un solo istante il valore delle (tue) capacità, che potrebbero non essere trasferibili altrove. Ci si troverebbe così come Katniss a undici anni, quando suo padre morì: la sopravvivenza si basa sulle capacità di adattament
La televisione: «Ha sicuramente avuto un impatto sulla creazione di HG: quando nacque la storia di Katniss, facevo zapping tra la reality TV e la guerra in Iraq. Una sera vidi un gruppo di giovani che combatteva per denaro, mentre su un altro canale combattevano una guerra vera e propria. Ero stanca di questo, i confini si stavano confondendo, così pensai a questa stori
Nella saga di Collins: «Il regime media-politico ha il controllo totale dell'informazione. Katniss non ha accesso a nessuna radio, a nessuna notizia, ha soltanto il canale televisivo governativo. Questa capacità di diffondere informazioni in esclusiva è un’arma potente, soprattutto se si combina con l'isolamento fisico. Katniss scopre inavvertitamente il potere di scatenare una rivoluzione…»
Nelle prossime guerre: «Gli avversari daranno la stessa importanza a combattere sul campo di battaglia che nell’etere, nel futuro il vero vincitore sarà chi deterrà le informazioni». La trilogia di Collins ha macinato numeri spaventosi. Nei soli USA ha tirato 6 milioni di copie. I diritti dei libri sono stati venduti in oltre 40 paesi e Lionsgate ha già opzionato i diritti cinematografici. Dalla letteratura-individuo al cinema-comunità: «Quando si farà il film di HG le differenze saranno significative. Il tempo prima di tutto. L’adattamento di un romanzo per un film di due ore costringe a eliminare delle parti». Poi: «Bisognerà prendere un libro raccontato in prima persona e trasformarlo in un’esperienza drammatica collettiva: nel romanzo non lasciamo Katniss per un secondo, conosciamo tutti i suoi pensieri, nel film sarà necessario rendere il suo mondo interiore e dare spessore agli altri personaggi. Ci sarà inoltre il problema di “come presentare la violenza”. Molte cose che si possono accettare su una pagina, devono essere gestite con attenzione sul grande schermo, occorrerà evitare che il film venga vietato ai minori». Una saga sul potere della TV che sta portando all’autrice lo stesso trionfo mediatico della sua protagonista, ma il successo non è un rischio? «Un po’ sì e, come Katniss, non me lo aspettavo. Quando hai l’abitudine a lavorare in una stanza da sola, anche un pubblico relativamente piccolo può essere opprimente. Fortuntamente non sono il volto di una rivoluzione, mi spezzerei sotto la pressione».
Il mondo lì fuori invece, nel nostro presente, continua nelle sue r-evoluzioni.