fast4ward puntata 2: Kalashnikov

K!

(altered version)


Danno l’assalto alla musica
partendo dal nome. I Kalashnikov (myspace/kalashnikovcollective.com) gruppo di Milano «punk senza rassicurazione»
fonda la sua “politica” creativa sull’auto-promo/produzione. Nell’album (a
fumetti) Dreams For Super-Defeated-Heroes
«Parliamo di supereroi, solo che i nostri non vincono nello scontro finale,
anzi vengono super sconfitti» dice Stefano Sartori, chitarra del gruppo e
illustratore del cd «abbiamo utilizzato gli elementi pop dei fumetti, una cultura considerata “bassa” in grado, invece,
di criticare la realtà meglio delle teorie». Supereroi come metafora umana, nel
disco sono molte le storie di rivolta «c’è una sorta di détournement, un situazionismo in cui i supereroi vengono dati in
pasto alla realtà, in mezzo a scontri di piazza e guerriglia urbana».
Del resto, continua «siamo un
gruppo che gravita attorno a un immaginario politico preciso: abbiamo reso la
vita difficile ai nostri supereroi: di solito il supereroe vive una realtà che
gli è costruita attorno, i fondali nei quali si muove sono un concetto su
misura. Nella vita non è così. La realtà è più cruda, e puoi venire sconfitto».
Nel cd, molti disegni illustrano Spiderman, l’Uomo Ragno «in un episodio la sua
fidanzata Gwen Stacy muore durante uno scontro con Goblin: anche nel mondo dei
fumetti non va sempre tutto per il meglio!». E poi «come gruppo siamo radicati
del mondo dell’antagonismo critico nei confronti dell’esistente; nei testi, nei
luoghi, nella prassi che attuiamo, nella gestione della musica, nell’attività
del gruppo. Così come nella registrazione. E nei live, altro caposaldo
dell’azione diretta dei Kalashnikov «per il genere di musica che facciamo, il
live è il primo veicolo di contatto materiale con le persone». Particolare il
modo di suonare dei Kalashnikov «senza palco, a terra, senza gradino: così non
c’è stacco gerarchico, c’è partecipazione collettiva».

guarda il video

K!

Molti i tour all’estero, il
viaggio è un modo per incontrare culture altre «prima di partire, ci informiamo
sui luoghi e se riusciamo arriviamo prima di un concerto: privilegiamo sempre
luoghi “occupati”, realtà nuove». I viaggi più importanti «In Grecia, siamo
stati ad Atene Salonicco, poco prima che uccidessero Alexis (giovane anarchico
ucciso dalla polizia nel 2008 ndr), c’è un clima molto “caldo” lì,
analogo in qualche modo agli anni 70». Poi «in Russia, a Mosca e San
Pietroburgo abbiamo suonato in squat»: sono live completamente
auto-organizzati, senza spazi predefiniti, in cui fino all’ultimo non sai dove
suonerai «a Mosca abbiamo suonato in un bar cubano che sembrava l’oratorio, ci
saranno state 200 persone, alla fine l’organizzatore ha dovuto pagare danni per
stage diving; a San Pietroburgo invece abbiamo suonato a un rave punk
segreto, una città molto “europea”, forse perché sulla stessa latitudine di
Helsinky».
A Cannes, l’ultimo film di
Michael Moore parla di killer capitalism (guarda il
video) «forse la società del controllo
(frutto dell’immaginazione di propaganda) è abbastanza lontana, ma c’è una
sorta di psicosi di massa, di paranoia». La realtà capitalistica «maschera
l’attenzione, ci sono evidenti problemi in questa struttura economica della
società». Nella logica del capitalismo, la realtà ha un prezzo, così: «durante
i concerti, il nostro cd viene dato a offerta libera, chi compra il cd valuta
da solo che prezzo è disposto a pagare». Educare a riconoscere il valore delle
cose, atto autonomo. Nella scelta e nella produzione, poi «oggi con la
tecnologia, e un po’ di conoscenza tecnica, si possono fare molte cose. Bisogna
scardinare il senso di straordinarietà del fare arte: l’arte è un’urgenza
esistenziale, e nel do it yourself questa esperienza viene fatta senza
delegare niente alla catena di montaggio». Partecipano a tutto il processo «Se
la situazione ci piace, non chiediamo cachet: i problemi si condividono con
l’organizzazione».

La tecnologia «ha reso tutto più
evoluto, la musica è più fruibile». A questo si accompagna una lettura meno
attenta «l’mp3 impone una relazione individuale uomo-iPod. Per noi invece la
musica deve essere “toccata e letta”». Per questo, tra i vari progetti «abbiamo
creato un 7pollici (disco-libro), un oggetto-racconto, in cui la letteratura si
fonde con i testi, l’immagine ai video: la comunicazione si eleva alla potenza
quando viene fatta a più livelli. Fare musica “da professionisti” invece è un
impoverimento, perché adotti un unico linguaggio». Gruppi preferiti: «Crass,
Wretched, Declino, Negazione. E poi gli Area di Demetrio Stratos…».

I
Kalashnikov sono: Stefano Sartori, 34 anni – chitarra; Alessandro Sartori, 31 –
chitarra; Alessandro Lino, 31 – basso; Alessandro Soragna, 31 – tastiera;
Annalisa Ghittino, 34 – synth; Fabio Lissone, 31 – batteria; Milena Orsi, 32 –
voce. Nonostante si conoscano da 20 anni, suonano insieme da 12. Un progetto
spontaneo, che si evolve per affinità «e con l’aumentare di impegni e obblighi
il gruppo si è unito ancora di più». Che la libertà si conquisti attraverso
l’arte?